venerdì 9 dicembre 2011

Adam Smith è vivo e lotta insieme a noi?


Ho ascoltato, in diverse e recenti occasioni, gli interventi che il Dr. De Nicola – presidente dell'Adam Smith Society – ha effettuato nel corso di alcune puntate di Omnibus, su La7.
Tali interventi, come si può facilmente intuire, aderiscono perfettamente al pensiero liberista più distillato e puro e mi causano, in genere, sconforto e risentimento.
Sono abissalmente ignorante riguardo alla scienza (non esatta) dell'economia, ciononostante, come tutti, non posso evitare di elaborare alcune valutazioni in proposito.       
Non sono incline a considerare l'economia quella sorta di feticcio autoreferenziale che il liberismo ha innalzato sull'altare più elevato.       
Poco attrezzato sul fronte dottrinale, sono più propenso ad esaminare il contesto storico da cui si è originata quella corrente di pensiero e gli effetti che ha determinato sulla realtà.
Prima di tutto mi permetto di essere diffidente nei confronti di una teoria che è nata contemplando l'insorgere della rivoluzione industriale - con tutto il suo portato di sfruttamento umano e spietata selezione darwiniana – limitandosi ad annotarne deterministicamente i processi, senza alcuna elaborazione di tipo etico se non quella, collaterale, strumentale e di stampo calvinista che ti identifica come peccatore in quanto diseredato.
Mi chiedo inoltre se il liberismo ha mai avuto una sua reale autonomia rispetto all'interpretazione, interessata, degenerata e contingente, praticata dai suoi più entusiasti sostenitori è cioè industriali, magnati, speculatori ed oligarchi di varia specie e natura. 
Gente che è costitutivamente miope e dotata di un orizzonte temporale che non va oltre la prossima assemblea degli azionisti, a mio parere, non solo è inadeguata a governare processi strategici, in realtà non è neanche interessata a farlo. E quando ci si prova, comunque, in genere non sa dirimere le contraddizioni tra gli obiettivi a breve e quelli a medio e, soprattutto, lungo termine. Direi che, in media, al loro agire si adatti alla perfezione il detto “è peggio la toppa del buco”. In questo sono aiutati anche dalla scarsissima memoria storica e dalla suprema indifferenza nei confronti degli esiti sociali del loro agire, che li porta a reiterare continuamente gli stessi disastri.
La teoria economica marxista, unico competitore, è sparita da due decenni, sotterrata dal verdetto della storia e comunque, a mio parere, più che un costrutto autonomo ed alternativo al liberismo ne era una confutazione velleitaria e burocraticamente puntuale. 
Considerando la situazione attuale, così fosca e deteriorata, credo che il liberismo possa essere dichiarato vincitore solo in quanto unico sopravvissuto. 
Troppo poco.

1 commento:

  1. Caro Roberto,

    apparentemente non c'entra una cippa con quanto hai scritto, ma ti invito a scaricarti e leggerti questo materiale interessante sulla cosiddetta Teoria della Complessità:
    http://www.tulliotinti.net/psicofilosofia/corso_complex.htm

    Ritengo che il problema da te affrontato riveli il bisogno generalizzato di un cambio di paradigma sostanziale, di cui questa teoria può essere un buon inizio.

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