Ho ascoltato, in diverse e recenti
occasioni, gli interventi che il Dr. De Nicola – presidente
dell'Adam
Smith Society – ha effettuato nel corso di alcune puntate di
Omnibus, su La7.
Tali
interventi, come si può facilmente intuire, aderiscono perfettamente
al pensiero liberista più distillato e puro e mi causano, in genere, sconforto e risentimento.
Sono
abissalmente ignorante riguardo alla scienza (non esatta)
dell'economia, ciononostante, come tutti, non posso evitare di elaborare alcune valutazioni in proposito.
Non sono incline a considerare l'economia quella
sorta di feticcio autoreferenziale che il liberismo ha innalzato
sull'altare più elevato.
Poco attrezzato sul fronte
dottrinale, sono più propenso ad esaminare il contesto storico da
cui si è originata quella corrente di pensiero e gli effetti che ha
determinato sulla realtà.
Prima
di tutto mi permetto di essere diffidente nei confronti di una teoria
che è nata contemplando l'insorgere della rivoluzione industriale -
con tutto il suo portato di sfruttamento umano e spietata selezione
darwiniana – limitandosi ad annotarne deterministicamente
i processi, senza alcuna elaborazione di tipo etico se non quella,
collaterale, strumentale e di stampo calvinista che ti identifica
come peccatore in quanto diseredato.
Mi
chiedo inoltre se il liberismo ha mai avuto una sua reale autonomia
rispetto all'interpretazione, interessata, degenerata e contingente, praticata dai suoi più
entusiasti sostenitori è cioè industriali, magnati, speculatori ed
oligarchi di varia specie e natura.
Gente che è
costitutivamente miope e dotata di un orizzonte temporale che non va
oltre la prossima assemblea degli azionisti, a mio parere, non solo è
inadeguata a governare processi strategici, in realtà non è neanche
interessata a farlo. E quando ci si prova, comunque, in genere
non sa dirimere le contraddizioni tra gli obiettivi a breve e quelli
a medio e, soprattutto, lungo termine. Direi che, in media, al loro
agire si adatti alla perfezione il detto “è peggio la toppa del
buco”. In questo sono aiutati anche dalla scarsissima memoria storica e dalla suprema indifferenza nei confronti degli esiti sociali del loro agire, che li porta a reiterare continuamente gli stessi disastri.
La teoria economica marxista, unico competitore, è sparita da due decenni,
sotterrata dal verdetto della storia e comunque, a mio parere, più
che un costrutto autonomo ed alternativo al liberismo ne era una
confutazione velleitaria e burocraticamente puntuale.
Considerando
la situazione attuale, così fosca e deteriorata, credo che il
liberismo possa essere dichiarato vincitore solo in quanto unico
sopravvissuto.
Troppo poco.
Caro Roberto,
RispondiEliminaapparentemente non c'entra una cippa con quanto hai scritto, ma ti invito a scaricarti e leggerti questo materiale interessante sulla cosiddetta Teoria della Complessità:
http://www.tulliotinti.net/psicofilosofia/corso_complex.htm
Ritengo che il problema da te affrontato riveli il bisogno generalizzato di un cambio di paradigma sostanziale, di cui questa teoria può essere un buon inizio.