lunedì 18 aprile 2016

18 aprile 2016, "the day after".

18 aprile 2016, "the day after". Le ragioni del NO e la pratica dell'astensione, proditoriamente suggerita proprio da chi avrebbe dovuto contrastarla, hanno prevalso e noi manterremo sine die, o perlomeno fino ad esaurimento, non molto lontano perché le riserve di petrolio e gas sono veramente poco consistenti, quelle concessioni entro le 12 miglia dalla costa.

Non dureranno a lungo, nonostante la flemma estrattiva suggerita da un dispositivo fiscale volto a massimizzare i profitti dei petrolieri e a deprimere il gettito per la comunità, e comunque quei giacimenti non spostano di una virgola i termini dell'equazione strategica del nostro fabbisogno energetico, ovvero non fanno la differenza in termini di approvvigionamento, ma sono rilevanti per l'impatto ambientale che affligge queste installazioni e per le conseguenze di possibili incidenti nello "stagno" chiuso che è il Mediterraneo.

Il sig. Piercamillo Falasca, economista e direttore editoriale di Strade, che ha rappresentato le ragioni del fronte dell'astensione, ci ricorda che l'Italia importa il 76% del suo fabbisogno e ricorre all'assai efficace argomentazione che non ci approvvigioniamo presso democrazie illuminate, ma da paesi come Libia, Algeria, Russia, Arabia Saudita.

E' vero, assolutamente esatto. Peccato che ometta di ricordare che
attualmente, la produzione di greggio nazionale rappresenta il 10,1 per cento dei consumi nazionali, mentre quella di gas contribuisce per l’11,5 per cento, e che quelle percentuali rappresentano la quota relativa a TUTTA l'attività estrattiva, su terra e mare, entro e oltre le 12 miglia. Un correttivo autarchico veramente degno di nota, non c'è che dire.

Ricorda, il solerte lobbista, anche la rendita fiscale che, prevalendo il SI, avremmo perso, come se con la franchigia così accortamente congegnata noi non patissimo già ora per il trattamento straordinariamente benevolo di cui fruiscono le compagnie petrolifere, che consente loro di estrarre pagando una frazione di quello che dovrebbero.

Ulteriori vette di inossidabile ipocrisia il portavoce le raggiunge ricordando gli 11mila posti di lavoro salvati, come se una seria programmazione industriale (concetto sconosciuto evidentemente) e un deciso investimento sulle rinnovabili non consentissero un numero di posti di lavoro assai superiore a quelli preservati dal risultato referendario di ieri, oltre a costituire un orientamento quanto mai necessario in ordine alla preservazione dell'ambiente.

Già, le rinnovabili. Molti rimangono sorpresi apprendendo che nel nostro disgraziato paese,
nel corso del 2014, il 44,9% del fabbisogno di energia elettrica era assicurato da fonti rinnovabili dei vari tipi.
Forse nessuno si stupirà troppo apprendendo che tale quota è scesa, all'inizio di quest'anno, al 40%, imputando la flessione, con assoluto disprezzo del ridicolo, a un calo delle precipitazioni e non, come è più verosimile, a precise scelte strategiche dell'esecutivo.

E molti non sanno neanche che ENEL possiede già ora il know how necessario all'implementazione di centrali solari funzionanti secondo il principio del solare termodinamico che risolve il problema del mancato irraggiamento notturno, e che il suo sviluppo, tra indotto ed occupazione diretta, contribuirebbe molto all'attenuazione del problema della disoccupazione.

Non solo ci hanno incitati all'astensione, ma si sono prodotti in ogni tipo di menzogna e di mistificazione, e in fondo me l'aspettavo da una classe politica che aggira sistematicamente gli esiti referendari (acqua e finanziamento pubblico per esempio). Questa volta hanno voluto semplicemente, e con successo, portarsi avanti col lavoro, evidentemente.

Poi c'è il discorso dell'astensione, intesa come fenomeno, e della lettura che se ne può dare.    Questa mattina sui social vengono rappresentate due differenti posizioni. 
Da una parte l'astensione viene stigmatizzata, più o meno duramente (ed io propendo per questa lettura), dall'altra si levano voci sempre più frequenti e risentite che difendono, circostanziano e valorizzano la scelta, rivendicando perfino quote di virtuosa dignità a quella che io ritengo essere una "diserzione" dal ruolo di cittadino.

Tra i tanti commenti che ho potuto leggere, mi ha colpito in particolare questo:
«Rispettiamo gli astensionisti, perché si sono rotti le palle di questi decenni di politica che fa antipolitica, dove non c'è più un'ideologia , ognuno pensa per sé, e allora non meravigliamoci!! Gli astensionisti ci saranno sempre. Dati alla mano formerebbero un partito. Riflettiamo su questo!!»


concetto rinforzato poi dall'autore, non pago delle contraddizioni dialettiche esposte, con questa altra straordinaria argomentazione, opposta ad una confutazione del suo pensiero:
«Ripeto e lo ribadisco, i non votanti si sono rotti di questa politica. Poi che l'informazione manipoli le menti, penso che influisca poco, le ragioni sono altrove. Non c'è più partecipazione alla vita politica del paese, non c è più una politica a favore del paese. Questa [presumo si riferisse alla classe politica] e le precedenti, decidono al di fuori del volere del popolo, ci servono il piatto senza aver potuto scegliere e i referendum ne sono la riprova. [Se avessero vinto i SI], avrebbero trovato un modo per ribaltare il risultato, come per il referendum per il finanziamento ai partiti. »
Apparentemente si tratta di ragioni non facilmente criticabili e certo il numero degli astenuti, alle varie consultazioni, è costantemente cresciuto, ma il numero non è necessariamente un adeguato succedaneo della ragione.

Se tutti questi astensionisti non indulgessero poi in amare considerazioni, allora sarebbe più facile accettarne le decisioni, ma non lo fanno, non esercitano i loro diritti e quando hanno l'occasione di farlo si astengono e si atteggiano a vittime.

Si riflette da tempo sul fatto che gli astenuti sono il vero partito di maggioranza relativa di questo paese, ma è inutile aspettarsi che l'establishment faccia qualcosa in proposito, perché quel partito "virtuale" è del tutto funzionale al suo disegno.

Sono gli astenuti che dovrebbero trarre qualche conclusione in proposito, ma sono troppo impegnati a scrivere vergognatevi, tutti a casa sui social.

Essere cittadini comporta anche responsabilità, ma devi volertele assumere. Se aggirano il tuo voto sulla privatizzazione dell'acqua dovresti far scoppiare un finimondo, ma se ululi alla luna e poi non fai nulla, perché mai dovresti aspettarti maggior rispetto se sei il primo a non pretenderlo?

Comunque, cari astensionisti militanti, voi e le vostre pelose e miserabili giustificazioni, non meno dell'esecutivo Renzi, dovete prendere atto di un piccolo elemento.
Il quorum non è stato raggiunto (curioso vero che nel suo dimensionamento la rilevanza attuale dell'astensione non sia stata tenuto in conto), ma più di 15mln di elettori si sono recati al voto, il che significa il 31,8% del corpo elettorale, e con un'astensione fermamente assestata attorno al 40-42% mi sembra un risultato di tutto rispetto.

I voti per il SI sono stati 13.3mln - 85,84% dei voti.  Il quorum non è stato raggiunto, ma l'indicazione è piuttosto chiara.

E' vero che l'esecutivo avrebbe trovato il modo, probabilmente, di vanificare l'esito a lui sgradito, grazie alla nostra ignavia, ma una cosa è assolutamente certa: 

grazie all'astensione non ha alcuna necessità di farlo

e di questo qualcuno deve pur farsene carico,