giovedì 14 aprile 2022

Il disastro è una catena di errori dalle conseguenze sottovalutate.


Oggi, 14 aprile del 2022, secondo pressoché tutte le fonti giornalistiche, Svezia e Finlandia si apprestano ad entrare nella NATO, e io credo che questo sia un importante successo della tossica manovra USA per destabilizzare non solo il versante orientale europeo, in funzione antirussa, ma l'intero continente.

Oggi siamo alla vigilia di una decisione che cambierà definitivamente gli assetti del nostro continente, e non in meglio.

I due paesi hanno convissuto con i due blocchi in una felice neutralità che ha consentito loro sviluppo e prosperità, dal '45 fino a poche settimane fa, in un modello che si sarebbe potuto applicare anche all'Ucraina, e con uguali prospettive di successo.   

Sarebbe stata questa infatti l'opzione che Scholz avrebbe dovuto prospettare a Zelens'kyj, prima che cominciassero a cantare i cannoni, ma lo statista in t-shirt grigioverde reputò più utile non ascoltare la voce europea, rifiutandone l'ascolto, perché quella americana risultava più seducente, anche se foriera di morte e distruzione.

La Russia, come non si stancano di ricordarci è l'invasore, e su questo non c'è alcun dubbio, che però questa veste sia gratuita e attribuibile esclusivamente alla ferinità, implicita e "naturale", dell'orso moscovita è alquanto opinabile.
Questo allevia in qualche modo le responsabilità russe?  Non proprio, non abbastanza comunque, ma vi sono ampie attenuanti generiche e responsabilità da distribuire anche a chi ha costruito con cinica determinazione i presupposti che hanno reso inevitabile il conflitto. 

Molte testate giornalistiche si affrettano a riportare che molti mezzi militari russi si sono avvicinati alla frontiera tra i due paesi, 
al solo accenno del possibile ingresso della Finlandia nella NATO.
La lettura caldamente suggerita del fatto è ovviamente tesa a dimostrare implicitamente gli intenti aggressivi della Russia, come se non fosse altrettanto plausibile leggere nella cosa sia la predisposizione di un assetto preventivo di difesa, sia un mezzo di pressione verso il governo di Helsinki, come a dire:

"se entrate a far parte dell'organismo militare che ci minaccia dalla caduta del Muro, stringendoci sempre più strettamente d'assedio, noi saremo pronti a reagire perché vediamo nella vostra scelta i presupposti di un'aggressione".


Come più di un analista ha fatto presente, inascoltato e delegittimato dalla regia bellicista che intossica l'informazione, qualsiasi nazione, gli USA per primi, subendo l'offensiva strategica oggi somministrata alla Russia, reagirebbe nei modi che ora stiamo rimproverando a Putin.

Quello che va delineandosi nello scacchiere scandinavo è sostanzialmente il processo di azione-reazione che ha portato al conflitto ucraino, privo solo della connivenza zelenskiana, sobillato dall'isteria scientemente indotta da una narrazione scaturita quasi integralmente dal dipartimento di guerra psicologica del Pentagono.

Svezia e Finlandia si muovono in un'ottica di difesa preventiva a fronte dell'intensificarsi della criticità di un quadro strategico reso instabile, con lucida determinazione, da chi suggerisce ipotesi aggressive allo scopo di rendere automatica l'attuazione proprio di quell'ottica.   
La Russia, a sua volta, dispone le sue pedine per scoraggiare intenti offensivi a suo danno e non sarebbe certo il primo conflitto causato dalla diffidenza reciproca.
Costruire le premesse per una replica di quel processo di retroazione, ora e alla luce della tossicità del precedente ucraino, è una mossa criminalmente avventata e lucidamente calcolata.

La strategia americana è sostanzialmente volta al contenimento del "concorrente" russo, possibilmente al suo depotenziamento, in un'ottica di prevalenza strategica, e il proposito passa attraverso la destabilizzazione di un'Europa che "non deve" raggiungere lo status di entità politica autonoma in grado di competere alla pari con gli altri "player", cosa peraltro non sgradita né alla Russia né alla Cina.

La seconda parte del piano sta funzionando alla grande.  L'Europa sta collaborando attivamente alla propria evirazione ed emergerà, se non vi saranno fuochi nucleari, gravata da pesanti vincoli economici e contrattuali, definitivamente sottoposta alla superiore potenza statunitense.
La prima parte però non sta funzionando altrettanto bene.  La Russia non sta infatti collaborando, diciamo così, con i piani elaborati a Washington.

Va costituendosi infatti una sostanziale alternativa allo status del dollaro quale valuta di elezione negli scambi commerciali mediante accordi esclusivi tra Russia, Cina, e produttori petroliferi asiatici, con l'adesione di numerosi stati sparsi nei continenti con spiccati sentimenti antiamericani.

Si tratta spesso di nazioni detentrici di risorse di pregio e per questo destinatarie di pesanti ingerenze statunitensi (Venezuela per dirne una) che sono alla base di quei sentimenti antiamericani, in un meccanismo infernale di retroazione.

La creazione di un'area di scambio alternativa al dollaro, e molto remunerativa, è forse il più evidente segno del fallimento, per tara congenita, dei piani americani, uno sviluppo assai sgradito all'inquilino del 1600 di Pennsylvania Avenue, di cui deve incolpare solo sé stesso.

Gli USA potranno vincere in Europa, ma perdendo malamente nel resto del mondo, se ci fermeremo prima di opzioni nucleari che sterilizzeranno il pianeta.

A noi europei, agli ucraini prima di tutto, resterà da pagare un conto spropositatamente alto, con rateizzazioni a tassi usurai e per tempi "geologici".
Grazie di di niente Uncle Sam.