giovedì 18 dicembre 2014

Argomenti sensibili

Ho recentemente dato spazio sulla mia pagina Facebook al giudizio che, della recente trattazione dei dieci comandamenti da parte di Benigni, hanno dato coloro, io non sono tra quelli, che hanno visto le due puntate sulla RAI.

Mi si dirà: ma se non le hai viste, che ne parli a fare? Ed infatti a me interessa vedere le reazioni del pubblico che, stavolta, è stato meno unanime del solito nel tributare lodi al comico (ma è solo questo?) toscano. 
La prima cosa che ho notato, frequentando i social, sono stati l'endorsement dell'Avvenire e il plauso molto diffuso tra i credenti, contrapposti al fastidio e alla critica di agnostici e atei, questi ultimi in modo particolare. 
Ho condiviso un post, quello di Dario Liotta, il quale così argomenta:



Ieri ho visto Benigni in TV, non tutto, non ce l'ho fatta... Ho l'allergia per i predicatori, soprattutto quando cercano di spiegarmi che cos'è l'amore o la vita... Io ne ho una di vita, e l'amore è complesso quanto difficile...
Quindi sono cazzi miei e non capisco perché un tizio debba volermi spiegare il senso "vero" delle due.
Non che Benigni non abbia detto cose che condivido, ma quando, in più passaggi ha cercato di giustificare quanto diceva in base "all'essenza vera del dettato di Dio con quei dieci comandamenti" mi sono girate le palle... anche perché penso non ci sia stato nessun dio a dettarle.
Ecco un altro che parla in nome del Creatore pensando di esserne l'interprete più sincero! Come se altri prima di lui non avessero già fatto abbastanza danni partendo da questo presupposto... 
E poi, permettetemi, perché mai si sente autorizzato prima a spiegarmi Dante, a partire dalla sua "universalità", e adesso a fare l'esegesi dei 10 comandamenti, a partire dalla loro "verità rivelata" ?
L'uno e l'altro avrebbero bisogno di una presentazione storica, filologica e critica semmai... Non di essere riportati a "principi universali" o al "vero messaggio divino".... Benigni mi hai un pò rotto.



Piuttosto netto vero? Ne ho concluso che questa volta Benigni è stato digerito molto malamente da chi ha reazioni di rigetto quando si sente proporre “l'ipotesi Dio” come dato assoluto, scontato ed autoevidente una reazione che mi sento di sottoscrivere, ecco il perché della mia condivisione. Tra l'altro questa conclusione si "incastra" molto bene con le ragioni per le quali il “quotidiano dei vescovi” si è espresso così favorevolmente. Stessa impressione, ma diametralmente opposte conclusioni, e mi sono sentito, diciamo, confortato dalla congruità delle due opposte reazioni nella mia valutazione.



Una mia amica, Maresa di Tanna, che come me non ha seguito l'evento mi ha proposto una considerazione marcatamente più laica della mia e di quella di Dario e ritiene che: “Benigni faccia un' operazione di avvicinamento di una certa platea televisiva a qualcosa di [diverso] dai reality e in questo senso l'operazione è stupenda...parlare di filologia esegesi ecc. significa non aver capito, questo è il mio pensiero”.


Capisco l'argomentazione e pure io sono propenso a pensare che il tentativo di Benigni, e della RAI, che gliene ha data l'occasione, sia stato quello di offrire un'alternativa "alta" alla banalità e alla volgarità della comune programmazione, ma il buon Roberto stavolta è andato a toccare un tema sensibile e che riguarda tutti: il comportamento morale, così ben definito, dalla cristianità e dall'ebraismo coi dieci comandamenti, ma anche da ogni altra religione e, data la natura fondamentale dell'argomento connesso con il tipo di convivenza e di rapporto con gli altri, anche da chi non si rapporta con alcuna religione. Presumo che nel corso dell'evento abbia dato rilievo ad un'interpretazione marcatamente cattolica. Da qui il plauso di Avvenire e, credo fatalmente, il fastidio degli atei.


Posso dire che, in quanto agnostico e non potendo comunque prescindere da un corpus di precetti morali ed etici per condurmi nella vita, la sostanza della morale cristiana mi sta benissimo e che di conseguenza mi ci attengo al meglio delle mie, non cospicue, capacità.
La Chiesa però non è solo autorità spirituale, ma anche e fin troppo temporale e, in questa sua seconda veste, è cinica e pragmatica quanto qualsiasi altro costrutto politico. Chi la avversa non le fa sconti. 
Ecco credo che Benigni sia rimasto preso in mezzo a questo meccanismo e tutti l'hanno arruolato in una schiera precisa, i vescovi compiacendosene e gli atei stigmatizzandolo. 



Alla fine di tutto però ritengo che se vi è stato l'intento di suscitare un dibattito o indurre qualche riflessione sui precetti morali, ebbene lo scopo è stato brillantemente raggiunto visto che dell'iniziativa se ne parla diffusamente, anche se – come me – non se ne è stati fruitori.