giovedì 24 settembre 2020

The Day After



A sinistra abbiamo la tendenza a svolgere analisi a corto e medio raggio, limitandoci ad eventi specifici, valutando gli scenari introduttivi che li hanno preceduti e le conseguenze immediate, e questa è la ragione, a mio parere, per la quale finiamo sempre col giocare di rimessa, subendo l'iniziativa altrui e ballando al suono di musiche scelte da altri.

Anche in questo referendum che ha così drasticamente “sfoltito” il Parlamento, in improvvide commistioni con le elezioni in alcune regioni, ci si compiace del fatto che un determinato piano dell'antagonista baciatore di rosari non sia andato in porto, perlomeno non integralmente, dimenticandoci che da anni si continua ad arretrare, senza mai riuscire a proporre un proprio disegno autonomo che non sia la contesa della titolarità, sullo stesso piano programmatico, di processi di schietta matrice centrista con vaghe tracce socialdemocratiche, come le "rare emazie" in un campione di urina, e frequenti e compiaciuti scivoloni liberisti.

Si, Capitan Mojito non si è preso la Toscana e le Puglie, ma le Marche sono andate ad un presidente neofascista.
La "spallata" non c'è stata, però di questo dobbiamo ringraziare solo il fatto che Salvini è uno scaltro affabulatore, ma anche un miserabilissimo stratega, ed è solo grazie a lui se il disastro è stato agendato a data futura.

Quello che ci viene suggerito da queste elezioni è che:

  1. il PD ha sospeso, perlomeno momentaneamente, il processo di sublimazione che lo stava erodendo;

  2. M5S ne esce devastato dalle proprie contraddizioni, dall'analfabetismo politico che lo ha sempre contraddistinto e dall'incapacità di transitare dal ruolo di opposizione a quello di governo, vantando solo una decente prestazione nell'emergenza pandemica, dato che non vi era spazio per il suo bestiario riformista;

  3. la Lega paga per la ormai lampante incapacità di Capitan Coniglio di evitare di chiudersi le palle nel cassetto, dalla crisi di governo post Papeete a scendere;

  4. Forza Italia è ridotta a semplice segnaposto ad una tavola dove non si nota la sua eventuale assenza;

  5. Fratelli d'Italia aggancia il cuore nerissimo di un popolo di cuori neri in quiescenza, ora “felicemente” sdoganati, e si appresta a diventare qualcosa con cui fare i conti realmente.

Il centrodestra non ha vinto, ma nemmanco ha perso; è in crisi di trasformazione. 
Al suo interno abbiamo un processo di transumanza di voti e peso politico, e ciò significa solo che sta ruzzolando ancora più a destra e che non appena avranno deciso chi va fatto fuori e chi va promosso riprenderà lena la liquidazione della Repubblica nata dalla Resistenza.

Questo processo non verrà contrastato certo da M5S, che si appresta a diventare una scommessa definitivamente persa, ma neanche dal PD che, ben lungi dal tornare ad “essere” di sinistra (millanta di esserlo, ma "solo un pochino" beninteso), inseguirà i favori di un centro moderato che non ha alcuno stimolo a prestare orecchio a dei trasformisti non troppo abili.

Su “cosi” come Italia Viva o Leu o altre briciole che verranno spazzate via dalla prossima legge elettorale direi che possiamo sorvolare senza rimpianti.

La nicchia tassonomica del panorama politico dedicata alla sinistra rimane ostinatamente vuota, e certo non verrà occupata dai pochi organismi identitari monocellulari che hanno per scopo ed obiettivo la rivendicazione di “giustezze” dottrinali che non possono permettersi devastanti impatti con la cruda realtà.

Eppure quella nicchia andrebbe occupata, sia per dare alle dinamiche politiche e al futuro del paese il contributo di proposte realmente alternative all'imperio liberista e alla deriva autoritaria, sia per rianimare quel pezzo di elettorato (intorno al 50%, ma con tendenza a crescere) che non vota più e che non intende farsi ricattare da voti utili in favore di chi ha confezionato i presupposti per questo scempio, a beneficio immeritato di chi ci ha devastati non per semplice inerzia, bensì portando a compimento quasi tutto quello che Berlusconi non riuscì a finalizzare, quando esisteva una vera opposizione e non dei “concorrenti”.

Ora vedo molti compagni che scrivono che “è il momento di creare una sinistra unita”. E' il momento?
E si, cazzo, è da un bel pezzo che “è il momento”.
Come no.
Però ci crederò quando lo vedrò.


sabato 19 settembre 2020

Un SÌ è per sempre.





Perché ho deciso per il NO?

Perché la pretesa maggiore efficienza rivendicata dai promotori del taglio del numero di parlamentari è una ridicola etichetta che nasconde solo il disprezzo per la politica e per il concetto di democrazia rappresentativa.

La vittoria del sarebbe solo il primo passo di un processo di annichilimento di un sistema democratico che è senz'altro sofferente, ma che necessita di un ripristino e non di una liquidazione, di cui il taglio è solo l'incipit.

Una volta ridotto il numero di parlamentari, e ridotta di conseguenza la rappresentanza di interi territori, accorpati su base numerica e senza alcun riguardo per la complessità delle condizioni specifiche, si passerà alla legge elettorale.

Questa, la cui bozza attualmente in discussione già conferma il sistema vigente di designazione dei candidati a stretta discrezione delle segreterie partitiche, vedrà anche il perpetuarsi dell'impianto maggioritario, perché anche questo ritenuto più "efficiente", essendo tutti coloro che non rientrano in una grande famiglia precostituita indegni di vedere rappresentate le proprie istanze.    E pazienza se questo accento maggioritario è la ragione principale che ha portato il 50%, grosso modo, degli elettori a disertare le urne, rendendo la nostra democrazia un fenomeno che parla a nome della metà del popolo che la esprime.

Il passo successivo sarà un altro must pentastellato, ma non disdegnato neanche da altri partiti che hanno già dimostrato di  ritenere la propria base elettorale un pretesto, ma anche un fastidio, ovvero l'imposizione del "vincolo di mandato", ora espressamente vietato dall'art. 67 della Costituzione, un articolo voluto dai Padri Costituenti in quanto reduci freschissimi da un regime nel quale un parlamento del tutto ornamentale vidimava i voleri dell'uomo della provvidenza.

Così quando avremo finalmente un organo legislativo ridotto, designato dal vertice e privato di autonomia decisionale,  capiremo anche che, in fondo, di quel "votificio" non ne abbiamo realmente bisogno e passeremo - torneremo - ad una snellissima ed efficientissima dittatura o, se ci va bene, ad una sorta di CdA nazionale con consiglieri che rappresentano le quote azionarie, i voti, del proprio partito.

E non venitemi a coglionare con le panzane della "democrazia diretta", perché l'unico esperimento fin qui condotto, oltre che di evidente facciata, si è segnalato per inefficienza, scarsa partecipazione e, soprattutto, per non essere per nulla vincolante, come Grillo evidenziò così bene, quando fu obbligato a partecipare all'incontro con Renzi, forzato dai pochi iscritti, rispetto agli elettori, alla piattaforma Rosseau, cosa che poi fece, ma sabotandolo.

E meglio non fece quando la stessa piattaforma designò, nel 2017, Marika Cassimatis quale candidata sindaco per Genova, situazione che vide ancora l'intervento del "detentore del marchio", che la definì una candidatura imbarazzante e poi forzò una nuova votazione con unico candidato.

Dunque ho deciso per il NO, anche se so che in questo clima di jacquerie antipolitica non si tratta certo del cavallo favorito, ma se dobbiamo andare a sbattere, ebbene sarà senza il mio contributo.