venerdì 26 gennaio 2018

Se i partiti non rappresentano più gli elettori, cambiamoli questi benedetti elettori. (C. Guzzanti)



Saremo in molti, alle prossime elezioni, a non esprimere un voto attivo, e non si tratterà di disinteresse o qualunquismo.     Il nostro non-voto sarà l'espressione politica di una profonda insoddisfazione ed il rifiuto di esprimere l'appoggio a soggetti che, in ogni caso, sviluppano progetti e politiche con le quali siamo in profondo disaccordo.

Ci viene spesso rimproverato di agevolare, con il nostro proposito di non collaborare, l'avvento di un governo prossimo venturo di centrodestra, ma il fatto è che quell'evento è stato reso ineluttabile proprio da chi lancia questa accusa, e che ne ha posto le premesse, tradendo sistematicamente i valori per i quali, a suo tempo, reclamò il voto.

Perché mai dovremmo votare per qualcuno che ha reso possibile l'inverarsi delle peggiori riforme berlusconiane? 

Perché dovremmo favorire chi costituisce cartelli elettorali per poi fiancheggiare proprio il soggetto che quelle riforme ha finalizzato?    

Per quale ragione dovremmo riporre, ancora una volta, la nostra fiducia in chi non ci ha solo abbandonati a noi stessi, ma ha anche attivamente condotto il gioco dei nostri peggiori nemici ed antagonisti?

Quale differente destino favoriremmo votando, direttamente o indirettamente, quegli stessi attori che hanno distrutto lo Statuto dei Lavoratori, smantellato il sistema produttivo italiano, pesantemente ipotecato il futuro di intere generazioni e corteggiato le peggiori pulsioni xenofobe di un popolo messo all'angolo come meglio non avrebbe saputo fare quella destra che si accinge a reinsediarsi ai vertici della nazione?

Ma l
a nostra decisione assume anche le caratteristiche proprie di un'azione positiva, e non di una semplice rinuncia, nel momento nel quale, dopo aver riconosciuto in alcuni soggetti dei lupi travestiti da agnelli, non cogliamo in nessuna delle altre proposte la capacità di rappresentarci nella nostra ansia di vedere elaborata una risposta organica ed articolata al passaggio epocale che stiamo vivendo.

Quello che riusciamo a cogliere sono solo la raccolta di un dissenso generale e diffuso, ma in un'ottica normalizzatrice, che promette moralizzazione, rimanendo però sul generico e contraddittorio non appena si cerca di tracciare un percorso operativo, oppure la predisposizione di ambiti organizzativi per un'operatività antagonista, in una dimensione mentale da partito-sindacato, che vigila, denuncia e protesta, ma non è attivamente propositiva, perché esserlo significherebbe sbattere il muso contro le contraddizioni di una dottrina sviluppatasi in uno scenario differente, e da tempo lasciato indietro.

Non vi è nulla, sul tavolo, che prometta di saper riconoscere l'impellente necessità di coniugare i presupposti filosofici ed analitici del socialismo con il riconoscimento del superamento della struttura del lavoro collegata ad una fabbrica fordista morta e sepolta, con l'inclusione delle tematiche ambientali quali elemento basilare delle scelte strategiche e la necessità di sviluppare strumenti specifici per il trattamento dei sistemi di governo sovranazionali, in gran parte non elettivi e al totale servizio del pensiero unico neoliberista.

Quella che ci viene proposta è la scelta tra vari nemici storici, un traditore, un suo fiancheggiatore, una bufala populista e un tentativo generoso, ma sostanzialmente nostalgico, che deve ancora dimostrare di saper sopravvivere alla caduta della tensione elettorale, quando presumibilmente riemergeranno vecchi vizi.

Noi scegliamo di non scegliere, perché nulla di quello che ci viene offerto ci corrisponde, ma soprattutto mostra alcuna disposizione a prestare ascolto alle nostre istanze.  


In passato molti di noi, in mancanza di un soggetto politico che ci rappresentasse, hanno espresso un voto di interdizione, votando qualcuno il cui solo merito era di rappresentare un ostacolo per le nostre bestie nere, ma quel voto è quasi sempre stato incamerato dai beneficiari come espressione di favore e appoggio, usato poi per legittimare linee d'azione che, invece, godevano in realtà di scarso appoggio. 

Ebbene non intendiamo più prestarci a questi giochetti.


Il 5 marzo ci consegnerà istituzioni congelate in uno stallo che potrà essere superato solo mediante alleanze indecorose, con partiti scarsamente rappresentativi ed un livello di astensione, voti nulli e schede bianche che certificheranno che il primo partito italiano è quello degli inascoltati.

Non cambierà nulla?  Perché votando chi non ti rappresenta invece?