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venerdì 27 aprile 2018

I "compagni grillini"

I compagni grillini, ovvero quella fetta della sinistra che ha votato M5S, ravvedendo in quel movimento una preziosa opportunità, sono ringalluzziti per la chiusura del forno leghista, che li aveva messi in difficoltà per l’assai scarsa consonanza coi presupposti strategici della loro scelta, ma forse dovrebbero aspettare ancora un poco prima di rilassarsi.
Vasti settori delle basi del PD e di M5S, sono prossimi alla rivolta di fronte alla prospettiva di un accordo qualsiasi con l'arcinemico, grullino o pidiota, a seconda dei casi, e non credo che Renzi rinuncerà troppo facilmente a mettersi di traverso, per interposti sostenitori all’interno della Direzione del suo partito.
La strada di un concerto tra M5S e PD, definito in vari fantasiosi modi pur di stare alla larga dal termine alleanza, è tutta in salita e difficilmente potrà avere un seguito. L’esito più probabile sarà quello di propiziare una ulteriore spaccatura, l’ultima e definitiva io credo, in ciò che resta del PD, con la scheggia renziana pronta all’abbraccio con le salme - in senso politico - di Berlusconi e del suo partito-azienda, e quella dei collaborativi - a quel punto però inutili a sé ed agli altri - che andrà ad ingrossare il parco moscerini della sinistra nazionale, ovviamente indisponibile a qualsivoglia processo di aggregazione.
La macchina propagandistica pentastellata non è però in difficoltà, essendo straordinariamente sfacciata come sappiamo, e si prepara a rivendicare lo storico successo di aver sconfitto e scompaginato l’odiato partito dei collusi.
A quel punto, se il Presidente Mattarella non perderà la pazienza e continuerà ad affidare mandati esplorativi, M5S potrà volgersi nuovamente verso la Lega, chiarire che l’unico impedimento reale ad un governo M5S-Lega consiste nell’ingombrante presenza del pregiudicato Berlusconi, ed allora potrebbe anche accadere che, dopo aver spezzato le reni al PD, alla macchina da guerra pentastellata riesca il colpaccio di scardinare il centrodestra, con Salvini che, con il suo 17 e spiccioli percento, potrebbe salutare il cavaliere e portare quello che serve al Movimento per andare molto vicini alla maggioranza assoluta, il tutto con un’opposizione sparsa e ininfluente, anche nel più che probabile caso di una saldatura tra FI e PdR (partito di Renzi).
Lo sento già il rumore delle pernacchie, delle risate e degli insulti che i compagni grillini mi rivolgeranno, ma non me ne cala nulla, dato che con la scelta che hanno fatto a suo tempo io e loro abbiamo imboccato strade differenti e divergenti, cosa che rende le loro critiche meno efficaci, per quanto mi riguarda.
Tutto quello che precede può anche essere catalogato nel campo della fantapolitica, o delle stronzate come preferiranno definirle, ma sta di fatto che quando si arriva con le spalle al muro, e la definizione di un governo è indubitabilmente finita su un binario morto, tutto diviene possibile, soprattutto quando i due attori - M5S e Lega - sono così compatibili su argomenti quali immigrazione, Europa, moneta unica ecc. 
Come? Non lo sono? Mah, non saprei, però su quegli argomenti M5S non ha mai smentito nulla, ha solo sfumato quanto bastava per lisciare il pelo ai poteri sovrannazionali in ottica elettorale.
Comunque sia io vedo, ahimé, un grande futuro per il matrimonio grillo-leghista, anche nel caso di scioglimento delle camere e nuove elezioni, soprattutto se i compagni grillini continueranno a gratificare il Movimento delle loro assai malriposta fiducia, rendendolo la più bella zita del paese.


mercoledì 26 luglio 2017

Il naso turato non basta più.

Vorrei dire a tutti gli strateghi della ricostruzione della sinistra italiana, in particolare a quelli che hanno orrore dei partitini del 2-3% che uno dei massimi studiosi di politica elettorale, Walter Dean Burnham, collega l'astensionismo ad una peculiarità relativa del sistema politico, americano nel suo caso, ma facilmente trasferibile in un qualsiasi contesto occidentale, che consiste nella totale assenza di un partito di massa socialista o laburista che funga da avversario credibile nel mercato elettorale.

Ne consegue dunque che offrire un'opzione socialista non è che una parte del compito cui quegli strateghi pretendono di dedicarsi, e che è altrettanto importante conseguire una massa critica necessaria a darsi una forza contrattuale adeguata.
Per fare questo però sarebbe altrettanto fondamentale riuscire a convincere l'elettore di essere il riferimento che aspettava, affidabile, credibile e in sintonia con le rivendicazioni che il rappresentato ritiene strategiche e prioritarie.
Ma la cosiddetta offerta politica, brutta definizione non a caso mutuata dal mondo commerciale per opera degli specialisti di marketing politico, deve essere propositiva, ambiziosa magari, ma anche rigorosa e attendibile. 

Solo che non si sta certo facendo un buon lavoro continuando a parlare di organigrammi, di estenuanti campagne acquisto di dirigenti già scivolati su molte bucce di banana, quando non artefici dei disastri passati, presenti e non di rado futuri.
Farlo non serve più a nulla, come ogni giorno risulta sempre più controproducente sfiancarsi su argomentazioni politiciste fruste e squalificate.
Anche la chiamata alle armi contro la vittoria delle destre perde costantemente efficacia. Noi viviamo già in un contesto che non differisce quasi in nulla rispetto al mondo che Berlusconi aveva tentato di imporre.  Lui non vi riuscì compiutamente durante il suo regno, ma ne pose le premesse, Monti lo mise in atto e Renzi lo perfezionò.

Una vasta parte degli elettori dem dunque non collabora più al proprio martirio, ma neanche trova credibile chi si affanna a pretendere di saperne interpretare le aspettative, e di conseguenza non concede più il voto a nessuno, perché nessuno nel frantumato campo della sinistra, in questo momento, sembra in grado di captare altro che una ristretta cerchia di irriducibili osservatori di ombelichi, e dunque qualsiasi partito, di qualsivoglia temperatura socialista, non potrà che avere dimensioni miserabili e inadeguate.
Ma anche la condensazione in qualche rissosa coalizione non avrà alcuna capacità attrattiva, perché quello che manca alla sinistra è la capacità di convincere chi si è allontanato di avere un programma appetibile e la volontà di attuarlo con rigore, superando antichi vizi.

Stando le cose come stanno, e se non la smettiamo di cincischiarci con moduli politici decotti e falliti - il rilancio del centrosinistra - con personale politico che ha collaborato attivamente all'approvazione delle peggiori nefandezze neoliberiste - MDP et similia - e con improbabili mediatori che hanno come compito principale quello di assorbire tempo ed energie in discussioni inutili e dilatorie - Pisapia - la prossima tornata elettorale sarà una partita a tre fra un PD in rapido sgonfiamento, una destra magmatica, ma in ripresa ed un M5S che ancora deve dirci cosa farà da grande, ma che tra conduzioni cesariste e semplificazioni conservatrici si appronta alla definitiva svolta a destra.

L'unico modo che ha la sinistra per risorgere è quello di porsi all'ascolto di un popolo in grande sofferenza, elaborando risposte precise ad istanze che non possono che filtrare dal basso.       Magari praticare anche un po' di autocritica, e di umiltà, e ammettere senza ambasce di avere fallito.    E rendersi conto che il lavoro che ci aspetta è tanto e che non basterebbe piazzarsi onorevolmente alle prossime politiche, cosa peraltro del tutto irrealistica.



sabato 21 gennaio 2017

DIBATTITO s. m. [der. di dibattere]. – Discussione nella quale si contrappongono e valutano idee e opinioni diverse in merito a determinati argomenti.

La funzione onthisday di Facebook, quella che giornalmente ripropone i post originati negli anni precedenti in una certa data, è spesso interessante poiché consente di recuperare elementi di valutazione, anche antropologici, che circostanziano processi e percorsi i quali, visti in prospettiva, acquistano maggiore evidenza.

Oggi, in particolare, mi è stato riproposto un post di tre anni fa, dunque del 21 gennaio 2014, nel quale, dopo aver occasionalmente seguito un talk show tipicamente addomesticato, commentavo le uscite di una allora emergente Maria Elena Boschi, la quale soavemente sosteneva la necessità parlare con Forza Italia e dunque con Berlusconi, in questo spalleggiata da quel filone privo di vergogna di Casini.

Si era in piena creatività giustificatoria del nefando Patto del Nazareno, stretto solo quattro giorni prima, che predisponeva tutti i punti qualificanti della successiva strategia renziana di ridisegno istituzionale, quella poi fortunatamente bocciata sonoramente dall'esito della consultazione referendaria del 5 dicembre 2016.

Una delle considerazioni che svolgevo verteva sulla circostanza che il pregiudicato Berlusconi, in quanto tale, non avrebbe dovuto poter rappresentare nessuno.
Procedevo poi, piuttosto ingenuamente, ad argomentare che se l'esponente è indegno il problema è del partito a cui appartiene e che dunque non sarebbe toccato a noi (allora, che dio mi perdoni, consideravo ancora il PD un riferimento) doverlo risolvere, e che qualsiasi pregiudicato, con pena ancora da scontare, non potrebbe fare altro che saldare il proprio debito con la società.

Tra i molti commenti più o meno concordi con la mia opinione, ad un certo punto emerse questa vagamente disgustata e retoricissima domanda digitata da un mio contatto già segnalatosi per la sua osservanza renziana:

"Scusate ma tra i vostri commenti non trovo spazio per i dubbi... Solo certezze???"

Un esempio lampante di fasulla ragionevolezza e di paternalistica assertività, un espediente dialettico portato alla perfezione dalle pratiche manipolatorie berlusconiane, non a caso acquisite senza variazioni dal renzismo. 

L'essenza di quella domanda, posta in quei termini e circostanze, dietro ad un'apparente bonomia di stampo quasi pedagogico cela una chiusura aprioristica, una presunzione di ragione assoluta, lampante al punto di non necessitare di alcuna verifica, il che non è male dopo aver stigmatizzato le altrui certezze.

Abbastanza indispettito chiesi a mia volta cosa significasse quel richiamo strumentale al dubbio, per quale ragione dovessi vergognarmi per l'esito delle mie valutazioni e se avesse la minima idea del processo che me le aveva suggerite.

Gli chiesi anche per quale ragione ritenesse che non avessi sperimentato dubbi e di conseguenza preso decisioni ponderate e nella speranza di non sbagliarmi troppo.
Ma, soprattutto e alla fine di tutto, per quale motivo avrei dovuto dolermi per le mie certezze, e per quale accidenti di ragione avrei dovuto metterle in secondo piano, dato che le motivavo ed ero disposto a ridiscuterle in ogni momento?

La ancor più condiscendente risposta fu che avrei dovuto solo consentirgli 
"la facoltà di dubitare delle altrui certezze" altrimenti non sarei stato certo migliore di chi criticavo con tanto livore (termine assai utilizzato da Renzi, guarda caso), passando poi a salutarmi con un ancor più smaccata e indimostrata professione di superiorità morale, sostanziata in un olimpico  "Un abbraccio... con estremo rispetto per le altrui idee".

E con questo ero a posto evidentemente, e senza uno straccio di argomentazione a supporto, dato che ho dovuto accontentarmi del suo implicito disprezzo per le mie supposte intemperanze.

Ecco, in un'epoca nella quale gli epiteti di gufo e rosicone assumono la dignità di categoria politica, e l'elaborazione dialettica viene considerata un'inutile perdita di tempo, non posso certo stupirmi se l'esercizio della libertà di parola e di opinione diventa offesa e maleducazione.
Il fatto è che nessuno dovrebbe farsi carico del desiderio altrui a non essere contraddetto, per cui rivendico la facoltà di nutrire convinzioni e il diritto di esternarle, motivando e rimanendo nei limiti di un civile confronto naturalmente.

Quelle che il mio sussiegoso critico definì certezze erano, in realtà, opinioni, cui ciascuno ha diritto. Le sue opinioni, che potei solo intuire dato che non vennero realmente esplicitate, non mi minacciarono, anche se mi indispettì la sua supponenza.   Le mie invece lo angustiarono, ma non furono una prevaricazione, e soprattutto non un mio problema.



Un vecchio uomo di destra, Indro Montanelli, nel '94 disse che:

 “l’Italia di Berlusconi finirà male, malissimo, nella vergogna e nella corruzione. E sarà stato inutile avere ragione”. 

La dialettica mutuata dalle invenzioni retoriche da corso motivazionale, ad uso e consumo dei rampanti funzionari delle imprese del terziario avanzato, fu alla base del successo dell'originario partito di plastica inventato da Berlusconi, che infatti lo fece germinare dalla macchina organizzativa delle sue aziende, ed è stata acquisita con grande disinvoltura da Renzi, l'erede morale del Cavaliere.

Quel modo di affermare senza dimostrare ha fatto scuola divenendo stabilmente cifra di ciò che viene proditoriamente definito dibattito

domenica 16 febbraio 2014

I puntini sulle "i"

Gira su Facebook un'immagine d'archivio (compare ancora Tremonti) di un incontro ufficiale tra Berlusconi e Napolitano.   Questa immagine, alla luce delle prossime consultazioni per la formazione di un nuovo governo, ha scatenato molti commenti al vetriolo, più che comprensibili, ma Ezio Rovida, in uno dei molti thread che si possono trovare in proposito, ricorda a tutti che:

"Berlusconi interdetto [è] privato dell'elettorato passivo (non potrà essere eletto) per il periodo della pena ma non di quello attivo ed è un cittadino con diritti politici. Quindi Napolitano a prescindere da ogni altra considerazione non ha alcuna facoltà di negargli un colloquio così come dovrebbe fare anche con l'altro pregiudicato, Grillo".



Siamo da lungo tempo in una situazione nella quale parole e principi funzionali della nostra costituzione vengono continuamente piegati e reinterpretati secondo le proprie convenienze.
Il Primo Ministro non è più un primus inter pares individuato dal Capo dello Stato dopo opportune consultazioni con le forze politiche, ma un “premier” consacrato dalla “volontà popolare”, i presidenti di regione divengono “Governatori” e via fantasticando, facendo dei canoni e delle regole di funzionamento della nostra repubblica un "mischione" di verità, interpretazioni disinvolte e partigiane e falsità opportunistiche dietro il quale è possibile dire qualsiasi cosa glissando furbescamente sulla necessità di aderire all'iter che le regole, sempre più disattese, imporrebbero.
Giova ricordare che il vero scandalo non è l'incontro tra Napolitano e Berlusconi, anche se avrei da ridire molto diffusamente e con grande ferocia sul conto di tutti e due, ma il fatto che la condanna definitiva del secondo non è ancora, a distanza di mesi dalla sua formalizzazione, divenuta esecutiva.

Come ricorda ancora Ezio, se Berlusconi: 

“fosse stato affidato ai servizi sociali avrebbe dovuto chiedere il permesso al giudice per andare da Napolitano e se fosse stato agli arresti domiciliari ovviamente non avrebbe potuto andarci. Ma la sua pena non è ancora esecutiva e questo costringe Napolitano a riceverlo come capo di Forza Italia. Molto più grave è la responsabilità di Renzi che trattando con lui l'ha praticamente riabilitato politicamente nonostante la condanna.

Queste considerazioni non attenuano per nulla la gravità del momento e la consapevolezza della metastasi che si sta propagando, ma rimettono al loro posto alcuni elementi che diverse campagne di propaganda, da ambo il lati della barricata, stanno opportunamente strumentalizzando.
La propaganda più efficiente è quella che parte da elementi di verità che, una volta acquisita credibilità e ascendente sui fruitori, si tramutano velocemente e con perizia in malversazioni e falsità. 
Rimettere dunque “i puntini sulle i ed i trattini sulle t” non è semplice e notarile pignoleria, ma una pratica opportuna e indispensabile, o ci siamo già scordati delle perniciose pratiche di marketing Berlusconi style? Si tendiamo a farlo, in realtà ci siamo assuefatti a quel malcostume. Ragione di più per ritornare, con puntigliosa solerzia, a ricordare quello che andrebbe fatto per individuare con maggior chiarezza quello che invece accade.

lunedì 22 aprile 2013

Guardiamo avanti?


Lasciamo passare del tempo. Quando il PD avrà consumato il suo funerale emergendone purificato e senza certi tristi figuri, come mi auguro, o diventando una DC in sedicesimo ininfluente ed accattona, come è possibile, allora potremo vedere chiaramente anche le responsabilità che ha M5S, perché le ha e piuttosto pesanti anche.
E non serve a nulla dire che il PD ha fatto tutto da solo. E' vero e sacrosanto, lo sfascio lo hanno costruito in lunghi anni di suicida costanza degna di miglior causa, ma M5S ha lucidamente agito per togliersi di torno l'unico competitor che sentiva di avere, predisponendosi ad accogliere un popolo di sinistra in piena diaspora.

La base PD però, dopo aver preso atto del disastro ed aver accollato le colpe a chi le ha (la dirigenza tutta) individua anche le responsabilità oggettive di M5S. Un movimento che, tra provocazioni e marce indietro (se votate Rodotà si aprono le praterie del governo, no non è vero, intendevamo dire altro e via smentendo), cunei perfidamente infilati nelle contraddizioni del PD e spocchiose rivendicazioni di una purezza ancora da sottoporre a stress test, ha lucidamente tolto di torno un concorrente diretto. Un gioco di successo, e il fatto che provenga da una parte con la quale si condivide una porzione di patrimonio genetico rende il tutto più doloroso.

Una manovra che però credo non avrà tutta l'efficacia attesa e che per il momento ha consentito al trionfante Berlusconi, di fatto e molto più efficacemente del PD “inciucista”, comunque di concerto con quest'ultimo, di conseguire i suoi scopi, ovvero un governo di larghe intese, un presidente non eccessivamente ostile e maggiori spazi di manovra per evoluzioni costituzionali populiste, per non dire peroniste.

M5S si appresta a stravincere le prossime elezioni, ma contribuendo così efficacemente al suicidio del PD ha conseguito un successo tattico ed una sconfitta strategica. Chi ci dice, infatti, che alla prossima tornata elettorale non ci troveremo con un "iperporcellum" che precostituirà un risultato che marginalizzerà anche loro? 
Un PD in salute non avrebbe fatto la differenza? Bah, ora è anche inutile discuterne, non ci sono più i presupposti per verificarlo e qualsiasi ipotesi in proposito rimane, appunto, un'ipotesi, per quanto verosimile possa apparire.

Quello che è certo è che non siamo mai stati così in pericolo di divenire definitivamente una repubblichetta delle banane. Il PD si è indubbiamente impiccato, ma M5S ha preferito guardare il dito, così la luna rimarrà là in alto, ineffabile e irraggiungibile, come sempre.

Sarà anche banale e forse semplicistico pensare, come io penso, che alla base di tutto c'è stata la volontà di egemonizzare e “killerare” l'antagonista più contiguo, un errore che ho testé addebitato a M5S, ma del quale anche il PD si è macchiato, non credo però di essere fuori strada. 
Del resto quando si esclude l'altro a priori e si pretende di accaparrarsi l'esclusiva titolarità di un disegno politico, non si può far altro che favorire il volpone che riesce, unico, a mantenere l'iniziativa, il ghignante Berlusconi che si accinge a coronare il suo disegno.

Il tracollo del PD, paradossalmente, è una preziosa opportunità. Bisogna prendere atto della squalifica definitiva dell'ostinato occultamento delle contraddizioni tra le due diverse anime costituenti, anime che possono anche avere sovrapposizione di valori, ma che danno risposte diverse, mai sottoposte ad un serio e sincero processo di integrazione. 
Si è preferito, negli anni, perseguire un risultato numerico, scimmiottare un grande partito di massa, votandosi però alla fragilità ed alle lotte egemoniche permanenti e inconcludenti. 
Chiedere agli elettori una delega in bianco, peraltro concessa, promettendo irraggiungibili risultati, preferendo le manovre occulte di corridoio e gli accordi sottobanco con un antagonista sempre in vantaggio d'iniziativa e rinunciando ad informare onestamente la base elettorale è stato così fallimentare da non necessitare di ulteriori indagini.

A questo punto la paventata scissione potrebbe essere la strada più conveniente. Si perdono massa critica ed influenza? Perché, adesso come siamo messi? No, molto meglio realizzare degli insiemi separati ed omogenei, più autorevoli e meno afflitti da mediazioni che non si vogliono affrontare. Si valuterà poi in futuro, con attenzione e senza pericolosi retropensieri con chi, quando, per quanto tempo e a che scopo unirsi ed a quali condizioni, condividendo con la base le determinazioni che si assumeranno, magari con modalità meno grottescamente elitarie (48.824 aventi diritto di consultazione su 8.689.458 elettori) di quelle propagandisticamente sbandierate da Grillo.


Vi sono un paio di requisiti essenziali per la “cosa” che mi auguro emergerà da questa crisi. Prima di tutto dovrà avvenire un ricambio generalizzato della dirigenza, con preminenza delle giovani leve. In secondo luogo si dovrà valorizzare al massimo la pratica del dibattito franco ed aperto, i circoli dovranno risuonare delle impazienti argomentazioni di iscritti, simpatizzanti e funzionari e la sintesi che ne scaturirà dovrà essere sentita come vincolante.

La silente accondiscendenza, percorsa da viperine manovre nascoste, la pretesa concordia, fasulla e miserabile, che ci hanno fin qui condotti, dovranno essere definitivamente accantonate.

In mancanza di questo il popolo di sinistra, magari non opterà per M5S, ma certo se ne andrà da qualche altra parte.

martedì 16 aprile 2013

Il capolinea


Ho votato Bersani, ma se tornassi indietro non lo rifarei. Queste le parole di Peppino Caldarola, proferite durante una puntata di Omnibus, su La7, di alcuni giorni fa.
Le ragioni di questa tombale dichiarazione il giornalista le individua nella, a suo dire, scriteriata gestione che Bersani ha sviluppato successivamente al voto.
Non mi è chiaro chi Caldarola voterebbe se potesse tornare indietro. Renzi? Non mi sembra coerente con le sue convinzioni di comunista di lungo corso, figuriamoci Tabacci. Forse la Puppato? Grande donna, a mio parere, ma ancora acerba per una scena nazionale. Senz'altro non il Vendola da lui molto spesso ritenuto sostanzialmente ininfluente. Non lo so cosa farebbe Caldarola e, dopotutto, non me ne importa nulla.


Ai tempi delle primarie la grande scelta, in tutta evidenza, fu tra il rappresentante di una spregiudicatezza blairiana (Renzi) programmaticamente nuovista e l'epigono (Bersani) di una concretezza padana, continuatrice di un'antica e nobile tradizione, quel socialismo sempre più irriso per la sua vetustà proprio mentre, invece, i disastri sociali lo definiscono di grande attualità, analitica se non progettuale. Vendola, con la sua grande passione, ma anche con la sua ben prevedibile marginalità, partecipò ridotto alla funzione di sostegno esterno all'anima “di sinistra” di un PD in cerca di se stesso.

La proposta di Renzi, foriera di pragmatici ammiccamenti verso un liberismo disastroso, ci venne comunicata avvolta in scoppiettanti slogan di “grande efficacia comunicativa”, personificata con atteggiamenti di disinvolta e spazientita modernità da parte del suo propugnatore (e da piagnucolosi distinguo dei suoi supporter).
In contrapposizione vi fu la proposta di Bersani, contraddistinta dall'ormai proverbiale inconsistenza comunicativa del PD. Una proposta di assunzione di responsabilità nei confronti del disastro che stiamo vivendo, di una road map, non sufficientemente esplicitata, di ricostruzione del decoro istituzionale, della situazione economica e di un progetto di futuri assetti da nazione moderna ed europea.

Bersani, come tutti sappiamo, vinse sulla fiducia, ma solo all'interno del PD e non definitivamente. La nazione, al momento del voto, non seppe decidersi tra il distacco dell'astensione, l'insensato credito verso quello stesso Berlusconi che ci cacciò nel guano in cui ci dibattiamo, la conturbante promessa di improbabili nuovi processi democratici espressa da un M5S tra il forcaiolo e l'innovatore ed un PD che non è riuscito a rassicurare a sufficienza né gli elettori né se stesso. 
Monti, infine e a grande distanza, riuscì solo a soccorrere il boccheggiante “grande” centro, innestandogli un po' della sua residua rendita di posizione, in rapido disfacimento peraltro.

Emerso dalla contesa elettorale con una vittoria tanto risibilmente tecnica, Bersani si è ritrovato praticamente “castrato”. Il potere interdittivo del PDL sostanzialmente intatto, un M5S intollerante ed atterrito dal suo stesso successo ed il pronto risveglio delle componenti più retrive e compromissorie del PD, temporaneamente contenute ai tempi delle primarie, hanno consegnato al povero segretario, ben lontano dal possedere le doti risolutorie di un Ethan Hunt, la classica “mission impossible”.

Una vera e propria via crucis si è dipanata da un “preincarico” espresso da un circospettosissimo Presidente della Repubblica dotato di inossidabile propensione verso una mortifera Große Koalition in salsa italiana.
Il primo, e unico, passo fu in direzione di M5S, il giusto riconoscimento di un'ansia di rinnovamento espressa dall'elettorato, ma la porta venne chiusa, e malamente, in faccia.

A molti brucia lo sprezzante “non ce ne frega niente” ripetutamente espresso dall'intellighenzia pentastellata, mentre della relativa base non è dato di sapere con certezza, visto che nessuno ha mai quantificato credibilmente la consistenza del dissenso, opportunamente derubricato a trollismo mercenario e controrivoluzionario.
Il tentativo, comunque, andava fatto e pure reiterato, anche a costo di fare figuracce. A imperitura memoria, infatti, dovrà essere ben chiara ed individuabile la quota di responsabilità storica di M5S nella spinta verso la resurrezione definitiva (e mortale) delle ansie inciuciste del PD.

Tutti sanno che, chiusa la strada di un'alleanza con Grillo, rimangono solo nuove elezioni con una legge disgraziata che ci riconsegnerebbe la stessa identica situazione, oppure la pratica di larghe intese con una controparte inaffidabile e mendace, e tutti sono ben contenti di attribuire la responsabilità esclusiva della scelta a Bersani, curando così i propri interessi di bottega senza pagarne lo scotto.

Grillo stressa il PD, il suo vero avversario, e vaneggia di democrazie digitali, al presidente/imprenditore, quello che "ha a cuore l'Italia", interessa solo di emergere intonso dai suoi guai giudiziari e ricatta tutti pretendendo un presidente “amico” e Bersani, che certo non sta facendo una grande figura, si piglia tutti i fischi, ma fra tutti non è certo il peggiore.
Si dà addosso a quello che ha vinto perdendo e ci si dimentica di quelli che hanno perso vincendo e che stanno cinicamente lucrando sullo stallo determinato dalla frammentazione dell'elettorato.

Tutti, compreso il Caldarola che non voterebbe più Bersani, ritengono che si dovrà andare verso le larghe intese, sapendo già quale funesto esito ne deriverà, ma si guardano bene dall'esprimerlo con chiarezza e si infuriano se Bersani si ostina a non favorirli in questo.
Ora vedremo chi diventerà Presidente della Repubblica e poi, quasi senz'altro, ci imbarcheremo in qualche forma di governo promiscuo e dalla fantasiosa, e farisaica, definizione. 

Andremo tutti a sbattere ed il PD dovrà affrontare tutte le conseguenze della sua pluriennale indeterminazione, lo stesso PD che ora si affanna a dire che l'ipotesi scissione non è credibile, ma io s
ono quasi giunto a sperare che non sia così. 
Le prove tecniche d'inciucio, l'emergere sempre più prepotente delle due anime, quella cattolica e quella socialista che non sono mai riuscite ad amalgamarsi veramente, e dei loro notabili, bonzi dediti alla manovra correntizia ed alle pratiche egemoniche, la costante mancanza di coraggio e la pervicace solerzia nel percorrere strade antiche e fallimentari. Meglio forse il dissolvimento.

Come dice Travaglio, che pure ne gode e lo odio per questo, nel suo articolo “Progetto forconi”: gli elettori PD sono stati fin qui troppo pazienti. Sto leggendo il documento di Barca, corposo e non facile, perché sono alla ricerca costante di qualcosa che mi riconcili con l'idea di un grande partito che tenga in conto le istanze di chi lo vota.

Ultima fermata, mi sa. 


martedì 2 aprile 2013

Il viale del tramonto


Il migliorista Napolitano, a dispetto dei peana sulla sua grandezza di manovratore e stratega, si avvita in una spirale discendente di pragmatismo controproducente.   Monti, governo tecnico, i 10 saggi, tutto passa per essere una sagace capacità di contemperare i problemi interni con le aspettative internazionali. Solo che, data la prevalenza assegnata a queste ultime, i problemi interni non sono stati risolti, mentre i nordici rigoristi europei  sono solo stati rintuzzati, ma con sospettosità vieppiù incarognita.
Il buon Renzi si prepara a scendere in campo, con tutte le critiche alla sua spregiudicatezza “larghintesista” azzerate dalla "gravità" del momento.
L'immarcescibile Berlusconi continua a curare i propri interessi personali (alla faccia di chi l'ha votato) e mantiene intatto il suo potere d'interdizione.
La simpaticissima Lombardi (la supplente di matematica, come l'ha definita Enrico Vaime) ed il continuamente ritrattante Crimi eseguono volenterosamente i compitini che un Grillo intollerante e sospettoso affida loro. I troll (perché evidentemente il dissenso non può che provenire dalla quinta colonna) danno libero sfogo alla delusione ed al rammarico.

Probabilmente il PDL e l'anima dalemiana dello sconfortato PD si daranno il bacio appassionato e catastrofico della morte, alla fine. Ma, con buona pace di Grillo, non era scritto negli astri che dovesse finire così, solo che a Beppe e a Gianroberto fa gioco e allora "tanto peggio, tanto meglio". L'unica cosa che potevo riconoscere al movimento era che non aveva un passato imbarazzante, ma a questo vi sta velocemente ponendo riparo. A dispetto delle intenzioni per fare vaccate basta rimanere un po' sul mercato.


Bersani avrebbe potuto andare a vedere il bluff di Grillo dicendogli: "ok, ci arrendiamo, vai avanti tu, ti votiamo la fiducia e tutte le leggi che ci piaceranno", ma non è andata così e sono più che sicuro che, se anche fosse successo, M5S avrebbe rifiutato. Governare è pericoloso, ti rovina lo scintillante pedigree che ti sei costruito e poi bisognava far avverare la predizione dell'inciucio. Avrebbe potuto e dovuto andare diversamente, ma oramai è fatta. Siamo nel guano e ci resteremo.



Una parte del PD, è innegabile, ha fatto di tutto per sprofondare la sinistra nel mare di fango che è stata la politica degli ultimi venti anni, ma la parte che avrebbe potuto fare la differenza è stata messa in condizioni di non poter agire, e tra chi ha creato le condizioni perché ciò avvenisse c'è proprio il fantastico duo, quello che telecomanda con leninista pugno di ferro il movimento dei focosi moralizzatori. Non saranno gli unici responsabili, ma certo sono stati quelli giusti al momento giusto. Il PD e Bersani pagheranno per gli errori di D`Alema e compagni, ma più di tutti pagheremo noi. M5S, di certo, si è giocato un buon numero di voti, ne raccatterà altri, non voglio neanche sapere dove, oppure ci sarà chi voterà turandosi il naso (a proposito, benvenuti).

Io ritengo che la generalità degli elettori PD abbia riconosciuto (o stia riconoscendo) di non aver saputo contrastare una dirigenza, cinica e manovriera, che aveva perso l'anima.    Penso anche che, alle ultime elezioni, abbia pensato di riconoscere nella conduzione Bersani l'occasione di marginalizzare, finalmente, quella componente "spregiudicata" che tanti errori e strategie fallimentari ha saputo inanellare.  Ciò  purtroppo non è avvenuto e ho già detto quanto M5S abbia propiziato questo esito che, però, è stato ancor più predisposto dagli incresciosi atteggiamenti passati del PD.
Quello che intendo dire è che, in quanto elettore del PD, mi assumo la responsabilità di non aver fatto abbastanza per dire a certi compagni e amici "grazie, non abbiamo più bisogno, vi faremo sapere", e penso di non essere isolato in questo. Bisogna, alla fine di tutto, sapersi assumere le proprie responsabilità.   M5S, d'altra parte, ha fatto la sua irruzione. Per il momento, ha solo sfasciato e non mostra di avere alcuna strategia, alcuna "road map". Bene, cari "cittadini", fatevi questa scampagnata, abbeverate i cavalli nella fontana di Trevi, divertitevi. Quanto agli elettori del movimento, quelli che manifestano perlomeno qualche perplessità (gli altri sono ancora in preda a splendidi orgasmi), preparatevi ad assumervi le "vostre" di responsabilità, che saranno altrettanto pesanti.

I “cittadini” di M5S nutrono la presuntuosa convinzione di essere i soli a capire cosa non va, e qualcuno lo proclama pure con puntuta arroganza. Vogliono cambiare tutto, ma al di là di dichiarazioni massimaliste non hanno ancora espresso un cammino credibile ed organico. Tutto, al momento e a quanto pare, deve passare dal bagno purificatore di una "rivoluzione" immaginata e non ben esplicitata, o dalla tignosa noncuranza dei disposti costituzionali e della prassi parlamentare.
Non hanno consentito la nascita di alcun governo e, a dispetto di dichiarazioni al momento indimostrabili, sarebbero inorriditi se li avessero incaricati di formarne uno. Si nascondono dietro la coerenza, in sé ammirevole, con le loro dichiarazioni pre-elettorali. Solo che quelle furono concepite in vista di un risultato corposo ma non così buono come quello conseguito. Una presenza rilevante, ma non determinante, avrebbe loro consentito di fare le pulci alla casta senza però infarinarsi come il proverbiale frequentatore di mulini. Invece sono diventati troppo grossi, quel programma non è più adeguato e la loro coerenza è diventata immediatamente insipienza.

Uno dei grossi problemi del centralismo democratico di stampo leninista, a cui li sta sottoponendo l'ira di un Grillo che non riesce a concepire il dissenso, è giustappunto la scarsa adattabilità, che riflette quella della dirigenza. Capisco come questa caratteristica possa, visti i tempi, generare diffidenza, ma bisognerebbe pur sforzarsi di trovare un equilibrio.


Il PDL continua a perorare gli interessi del proprio proprietario, vestendoli con la solita arroganza ed ipocrisia come interessi del paese, ed interponendoli tra questi ed una qualsivoglia soluzione. Il PD, stressato dalle tensioni interne sempre più emergenti, non vuole cedere a delle larghe intese che sarebbero solo il definitivo suggello del cancro che ha distrutto la credibilità della politica italiana.   M5S non intende consentire che si verifichi altro che la previsione grillina dell'inciucio finale e, per questo, picchia di più sul PD che su altri, intravvedendo in quest'ultimo l'unico pericoloso competitor.

Esistono i problemi del paese, sono grossi e avrebbero bisogno di serietà, competenza e buona volontà, poi c'è il panorama politico italiano. Le due cose, al momento, non si incontrano.


Vanitas vanitatum et omnia vanitas”  (Ecclesiaste 1,2)



mercoledì 2 maggio 2012

Stay sharp and focused


E' da un po' più di un mese che non alimento questo blog. Ciò è successo per varie ragioni, e la principale risiede nella complessità degli eventi politici e sociali recenti che hanno reso le mie emozioni ed i miei pensieri altrettanto complessi.
Certo la consapevolezza di essere una tra le tante vittime, per di più programmaticamente tale, priva di reali opzioni ed inerme di fronte all'ineluttabilità di una ricetta dal fortissimo sapore neoliberista, non mi ha consentito di elaborare, per il momento, un testo abbastanza chiaro e di dimensioni adeguate ad un blog.
La mia abituale prolissità e lo scoramento che provo (sono un esodato con tutto quello che ciò comporta) mi hanno portato ad elaborare alcune bozze (il mio hard disk contiene diversi files “provvi1”, “provvi2” ecc. ecc.) che, rilette, risultano ai miei stessi occhi disordinate e poco articolate. Gli elementi, i giudizi e le analisi che ho cercato di organizzare, risultano spesso slegati e dimostrano che se non mi fossi riproposto fermamente di mantenere un minimo di calma e di serenità, sarei ora un componente di quella sempre più grande schiera di “antipolitici”, ululanti ed esasperati, che rischiano, come sempre avviene in situazioni estreme, di buttare l'acqua sporca con il proverbiale bambino.
Intendiamoci, non credo che vi sia molto da salvare e recuperare da questa classe politica e dirigente. Troppi hanno dimostrato l'incapacità, l'inciviltà e la meschinità di un comune parassita sociale, dedito allo sfruttamento e del tutto incurante della conseguenza delle sue azioni.
Questo però significa che dobbiamo pretendere che la nutrita schiera di personaggi inadeguati (e da troppo tempo abbarbicati alle proprie posizioni) tolga finalmente il disturbo e che molti di questi paghino il conto dei disastri che hanno combinato. Non significa, tuttavia, che il sistema nel quale si articola la politica sia altrettanto fallimentare. Cosa vogliamo fare in alternativa? Forse votare il sabato mattina, per alzata di mano, sulla pubblica piazza del paese, come avviene in certi cantoni svizzeri? Certo la Confederazione Elvetica è un'antica democrazia, ma è anche una nazione piccola , con poco meno di 8 milioni di abitanti, e limita questa affascinante modalità ad ambiti municipali. Vogliamo provare l'ebrezza di votare una finanziaria radunandoci sul sagrato? L'italica inefficienza raggiungerebbe nuove e vertiginose vette.
Vogliamo forse, correndo all'altro capo dello spettro, ricorrere al personaggio taumaturgico al quale appaltare le nostre vite e la conduzione della cosa pubblica? Mi sembra che, come nazione, abbiamo già fatto questa esperienza che, peraltro, ci è costata carissima rivelandosi fallimentare. Guerre, dittatura, nanismo industriale, riprovazione mondiale e infine l'8 settembre del '43, col rischio, scampato per pochissimo, di definitiva dissoluzione di uno Stato non ancora centenario. 
Né, d'altra parte, ha dato buona prova la versione “light” dell'uomo della provvidenza, il Berlusconi del “ghe pensi mi”, altrimenti non saremmo così derelitti.
Quando si verifica qualche emergenza, in caso di incendio in un ambiente chiuso per esempio, la risposta del singolo e del gruppo è istintuale ed adrenalinica; tutti si catapultano disordinatamente e freneticamente verso le uscite con il risultato che, spesso, muore o si ferisce più gente per la calca che per le fiamme.
Anche in caso di forte disagio sociale, in presenza di episodi di malavita o di turbativa dell'ordine pubblico frequenti e reiterati per esempio, si arriva facilmente scivolare nei più biechi qualunquismi xenofobi, razzisti o classisti, fino a contemplare le peggiori opzioni di giustizia sommaria e “fai da te” . 
Lo stesso meccanismo si attiva in occasione di un collasso della credibilità e della funzionalità di un sistema politico, come avvenne nel '92 e come sta avvenendo ora.    La gente si ritrova improvvisamente senza riferimenti, con terrificanti prospettive, vittima di provvedimenti devastanti e, immemore del processo che li ha condotti fin li, si pone alla ricerca inesorabile di untori (veri o presunti) e salvifici risolutori di crisi.     E' così che si spiana la strada alle più aberranti restaurazioni ed ai più consistenti arretramenti del progresso sociale.
Ricordiamoci sempre che, nei momenti di crisi e di smarrimento, acquattato nell'ombra e sotto le più viscide pietre, c'è invariabilmente il profittatore di turno, il demagogo asservito o anche solo l'esasperato di talento che è pronto ad offrirci una consolatoria sponda per il nostro sdegno, alimentando le nostre paure e inducendoci a dilapidare le nostre energie nervose in inutili grida e annichilente disperazione.
Una volta ben stanchi ed esauriti, e completamente atterriti, eccoci pronti a subire, con il minimo di reattività, macelleria sociale, diktat e ricatti assortiti.
In realtà dobbiamo mantenere i nervi saldi, recuperare il cuore del nostro ordinamento, il profondo equilibrio della nostra Costituzione, e dopo averlo depurato di tutti gli interventi superficiali e dolosamente “strategici”, recuperarne tutti gli aspetti positivi, che sono numerosissimi, e stavolta vigilare affinché nessuno se ne appropri per fare gli interessi propri, dei propri familiari, sodali e gruppi d'interesse.
Questo significa però avere una maggiore presenza nella vita sociale e politica, significa fare la fatica di seguire e valutare le azioni di chi ci governa a tutti i livelli. Comporta il non disinteressarsi del dibattito politico, affrontando e approfondendo le opzioni che si presentano. 
E' faticoso e spesso ingrato farlo. Imparare a valutare le opinioni che non condividi, dividendo le posizioni strumentali e fasulle da quelle dotate di validità intrinseca, ancorché detestate, riconoscere e inquadrare aspettative che non ti appartengono è gravoso e ti allontana dalla semplicità a cui tutti anelano. 
La realtà è però eminentemente complessa ed articolata e se pretendi di scansare queste caratteristiche condanni te stesso e tutti gli altri al fallimento. 
La caratteristica di obbedire aprioristicamente ed eseguire asetticamente qualsiasi ordine è peculiare di tre tipologie di persone: i pecoroni, i picchiatori ed i parassiti. C'è forse qualcuno che anela ad appartenervi? Purtroppo si, ma questo non significa che ciò debba andarci necessariamente bene, implica semmai il loro riconoscimento e la loro pronta neutralizzazione.
Buttiamo dunque a mare, e alla svelta, una legge elettorale “poterecentrica”, un maggioritario d'accatto e truffaldino, pretendiamo le dimissioni dei vecchi arnesi politici di lungo corso, facciamo spazio ad una classe politica rinnovata e civile.
Valorizziamo tutti quei movimenti nati dal disgusto per la politica (M5S e ALBA per esempio), depurandoli dai demagoghi che talvolta li frequentano, per costruire dal basso e durevolmente una vera e propria rinascita del senso civico e di responsabilità, per stimolare nei partiti (dai quali non ritengo si possa prescindere, checché se ne dica) l'abbandono dell'autoreferenzialità ed il recupero della loro missione storica.
Incazziamoci pure, visto che ne abbiamo tutte le ragioni, ma senza abbandonarci alla furia, rimaniamo concentrati e focalizzati e, quindi, minacciosi e pericolosi per i nostri sfruttatori.
Come esortano i marines "stay sharp and focused"








lunedì 19 dicembre 2011

C’è vita anche nella destra liberista?


Consulto spesso un sito curato da una persona che unisce innegabile intelligenza ad una, per me, preoccupante propensione al qualunquismo, con tutto quello che da questo può originare!!!!
Può sembrare autolesionistico, ma penso che l’ascolto di persone intelligenti con le quali non si concorda procura, qualche volta, bruciori di stomaco, frequentemente utili spunti e necessari contradittori, occasionalmente strabilianti chicche.
Consultandolo potrete visionare un video, proveniente da YouTube (c’è lo zampino di Travaglio), girato nel settembre di quest’anno.
Il relatore è Oscar Giannino che, spesso, mi causa accessi di vera e propria ira.  Lo ascolto ugualmente, ma talvolta - non questa - è veramente dura.
La tesi è interessante e sfonda una porta per me aperta. I dati che la sostengono sono “pesanti”.
Si coglie pienamente la differenza tra un solido economista liberista – categoria che, ripeto, non amo ma ascolto – ed un volgare imbonitore da fiera.   Vi serve aiuto per identificare quest'ultimo?
C’è vita anche nella destra liberista? (domanda retorica, non nutro eccessive speranze).