mercoledì 4 gennaio 2012

Cedere all'esasperazione


Seguo abitualmente alcuni blog. Uno di questi è Innovando ed è stato già citato nel mio post del 19 dicembre 2011 “C’è vita anche nella destra liberista?”.
Questo blog, al contrario del mio, non è solo una bacheca dove appendere, per così dire, i propri pensieri, è anche l'ufficio virtuale dove il curatore propaganda la propria offerta quale consulente di comunicazione, nell'ambito Web, per le aziende.
Quest'ultima definizione è fortemente riduttiva e la adotto per brevità, basta visitare il sito per rendersene conto.
Non ho un interesse specifico o professionale nel leggere le argomentazioni professionali del redattore (sono in mobilità propedeutica alla pensione, Fornero permettendo), ma mi fa piacere verificare come certe persone analizzino gli scenari, presenti e futuri, cercando di costruire un percorso, piuttosto che subirlo.
Provengo da un ambiente, quello bancario, storicamente tetragono all'innovazione e ho sempre dovuto lottare, con scarso successo, contro la resistenza al cambiamento opposta dalla catena gerarchica a cui ero sottoposto.
Il sito, comunque, non offre esclusivamente comunicazione professionale; molto spesso infatti vengono pubblicati interventi godibilissimi centrati sull'attualità ed i commenti che vi appaiono, frequentemente, non sono meno interessanti.
Argomentazioni stimolanti dunque, ma qualche volta permeate da un certo nichilismo, forse conseguente ad una forte esasperazione.
Io non mi sento di condividere quell'atteggiamento poiché l'ira, con la proverbiale acqua sporca, ti fa gettare l'altrettanto proverbiale bambino. Considerato che i teorici del “tanto peggio, tanto meglio” hanno sempre cinicamente coltivato e sfruttato l'esasperazione altrui per perseguire i propri scopi, generalmente imponendo la propria visione e lasciando salatissimi conti da pagare, non vedo per quale ragione favorirli nelle loro turpi macchinazioni.
In data 17 dicembre 2011 ho letto, sul sito in questione, un intervento particolarmente esasperato che, dopo aver amaramente enumerato alcuni incontestabili storture che ci affliggono, concludeva adombrando cupamente rivolte e ghigliottine in azione.
Poiché questo è uno stato d'animo sempre più incombente, condiviso e, a mio parere, pernicioso l'ho commentato come segue:

tutte le rivoluzioni sono violente, e tutte si verificano quando il tessuto sociale è distrutto e le strutture dello stato sono tanto marce da dissolversi.
In genere scoppiano inalberando idee e concetti preesistenti e maturati lentamente, che questi siano illuminismo, socialismo o altre elaborazioni del pensiero umano.
Questi concetti inoltre vengono immancabilmente traditi, proprio da quelle rivoluzioni, non appena il più grosso e bastardo degli insorti o, più spesso, l'astuto temporeggiatore (anche lui grosso e bastardo), approfittando del languore ”post coitum” degli esasperati insorti, riesce a prendere il potere.
Così la monarchia francese, assolutista e decadente, dopo un periodo di fervore rivoluzionario viene sostituita da una monarchia imperiale ed imperialista, esautorata a sua volta dal ripristino dello status quo ante. L'illuminismo era preesistente alla rivoluzione francese, ne è stato ostacolato ed il suo benefico influsso si è esplicitato a dispetto di questa.
L'anacronistico impero russo, marcia carogna liberticida, è stato spazzato via da un regime assolutista imploso su se stesso e sostituito, dopo 80 anni, da una cricca di oligarchi. Quella società non era mai uscita dal medioevo, non ha assimilato realmente ideali esogeni e tutte le sue squassanti vicissitudini non le hanno guadagnato altro che un simulacro di democrazia.
Quando la notte è scura è più facile appiccare incendi che alimentare focolari, ma solo questi ultimi durano fino alla mattina lasciandoti una casa da abitare.
L'ardore idealista è una mena ottocentesca. Ha fallito alla prova dei fatti e la circostanza che il fascismo se ne sia impossessato per infarcire di vuota retorica i suoi proclami, me lo rende indigesto.
Certo è che le rivolte, spesso, sono ineludibili. Anche la grandine, i terremoti e le malattie. Forse che per questo dobbiamo ritenerle benefiche?

La risposta è stata:

Non sono né benefiche né malefiche. Come hai scritto tu, sono ineludibili come lo è il progresso. Il progresso non è né bello né brutto, semplicemente è e per poter diventare evolutivo ha bisogno di scrollarsi di dosso il peso del passato. Questo comporta oggettivamente un momento rivoluzionario.”

Mi sembra una visione sbagliata. Ritengo che il progresso sia un processo complessivamente lineare, che sia il risultato di sedimentazioni. I sussulti rivoluzionari conseguono al vecchio che non vuole mollare e non al nuovo che emerge.
Le rivolte hanno spesso rallentato il progresso e alimentato la reazione, non sono indispensabili e sono pericolose.

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