venerdì 15 giugno 2018

Prendo atto.

Mi arrendo.  


Devo prendere atto che una parte fin troppo consistente dei miei conterranei, dei cittadini di una nazione che ha generosamente seminato i suoi figli per tutto il pianeta, e che tuttora li semina, è animata da una xenofobia aggressiva e miserabile, impermeabile a qualsiasi valutazione oggettiva, prima ancora che ad un sentimento di umana solidarietà.

Poi, certo, la domenica, sulle panche di qualche chiesa, molti di loro indulgono in una professione di fede di cui non hanno capito nulla, e seminano i loro profili social di immagini sacre, di gattini pucciosi, augurando disgrazie e morte a chiunque abbia l'ardire di criticarli, ché la decisione sulle vite da salvare, o stroncare, degne o meno di essere vissute, è a loro esclusiva discrezione e sottostante a criteri ad assetto variabile e contingente.

Prendo atto pure del fatto che non gradiscono essere contraddetti, dato che evidentemente sono fragili nelle loro contraddizioni, negate, ma non troppo efficacemente sembrerebbe, al punto che la minima sottolineatura della loro suprema indifferenza sostanziale dei valori che pretendono di difendere li precipita in un urlìo scomposto e turbinante di insulti, disprezzo e, non di rado, minacce.

Prendo atto pure che quel sentire minaccioso e gelidamente disumano si identifica, anche questa volta, con un sentire politico preciso, che è a lungo rimasto sotto una viscida pietra, a vegetare, nella silente e sardonica attesa del momento giusto per riemergere e spargere il suo veleno.

Ora capisco meglio quella fase della nostra storia nella quale un sovrano, fellone e cinico, ha appaltato ad un losco tribuno della plebe, egocentrico e furbastro, la gestione della cosa pubblica.  
Capisco meglio i lunghi anni di festosa accondiscendenza, di adunate oceaniche, di bocconi indigesti ingoiati a prescindere, di guerre di conquista, di nemici esterni cui rivolgere il risentimento per i problemi interni, irrisolti e incancreniti, perché, naturalmente, gli interessi tutelati non erano certo quelli del popolo plaudente. 
Capisco i me ne frego, i noi tireremo dritto e le stucchevoli canzonette da avanspettacolo alla "sanzionati questo / Albione rapace / lo so che ti piace / ma non te lo do".


Oggi non c'è neanche più bisogno di un re sciaboletta, facciamo tutto da soli, e comincio a pensare che la Repubblica nata dalla Resistenza abbia i giorni contati, che il nostro popolo sia tuttora un aggregato di individui rancorosi e individualisti, che sopportano di stare nella merda solo quando gli altri stanno peggio di loro, e che non fanno nulla per migliorare la loro situazione, perché farlo comporta obblighi di cui non vogliono farsi carico.

Prendo atto pure del fatto che tra le mie stesse fila, in quel popolo di sinistra che io credevo coerente e pugnace, la veste del sincero democratico per molti era solo un paludamento ingombrante, pronto a cadere con una facilità sconvolgente, a dimostrazione del fatto che certi valori erano prevalentemente recitati.

Ho fatto girare un sondaggio dell'Espresso sull'operato di Salvini, invitando i miei contatti ad esprimere il proprio voto, e perlomeno in un caso mi è stato risposto:


"Non voto su Repubblica,non è più il mio giornale. Salvini secondo me ha sbagliato, prima doveva accogliere gli immigrati, poi andare in Europa a battere i pugni sul tavolo. Comunque in questi anni,il problema degli immigrati è stato gestito malissimo e la gente non ne può più. Per questo molti italiani,anche di sinistra,hanno votato Lega e 5 stelle". 

In prima battuta la ragione oggettiva, poi la valutazione scontata e, a seguire, il pensiero vero, che sarebbe la constatazione che la gente ne ha pieni i coglioni degli immigrati e che dunque chi ha votato Lega e 5Stelle ha sbagliato, ma non troppo, e per questo lo hanno fatto molti, sedicenti, di sinistra.   Una resa totale, anzi poco meno di un'adesione, ma ipocritamente dissimulata da un presunto pragmatismo.

Prendo atto di far parte di una minoranza e mi rendo conto che discutere di quello che farà questo disgraziatissimo governo significa solo raccogliere insulti e commenti acidamente divertiti sul rosicamento che secondo quei deficienti, nel senso di "notevolmente scarsi sul piano della disponibilità o del rendimento",  è l'unico sentimento che posso provare.

Io so che questa stagione pentalegaiola sarà lunga e che, come quella fascista che l'ha preceduta, finirà malissimo, lasciando una nazione desertificata e in ginocchio, come so che molti degli attuali festanti e plaudenti  elettori  diverranno, repentinamente e a giochi finiti, fieri critici dei delinquenti, perchè tali immancabilmente diverranno, che loro stessi insediarono, perché la colpa è sempre degli altri.
Del resto nel '45, e fino ai tardi anni '60, fu molto difficile trovare qualcuno che ammettesse di essere stato fascista, così come, nel 2011, la corposa rappresentanza di berlusconiani espliciti  divenne improvvisamente striminzita.

So anche che non camperò abbastanza per vedere questi rancorosi difensori dell'orgoglio italico finire col culo per terra, ma forse lo vedrà mia figlia, alla quale ho fatto il torto di lasciare in eredità questo merdaio.


Prendo atto che ho vissuto un'intera vita illudendomi di vivere in un paese diverso, condividendo la cittadinanza con persone di cui non avevo capito nulla e la militanza con gente dalla coerenza gracile.

Un bilancio fallimentare, ma devo prenderne atto.

2 commenti:

  1. Roberto, prendo atto anche io.
    Ma voglio lasciare aperto un varco di possibile rovesciamento di quell'individualismo fascistoide che ti/ci angustia: incontro sparpagliate in ogni dove persone che ... regalano...pensieri, azioni, consigli, aiuti SENZA ALCUN TORNACONTO che il distribuire il buono che hanno. Occorre far sistema e intercettarli su letture rigorose e comprensibili della realtà. ..e soluzioni tangibili seppur parziali dei problemi che riportano.

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  2. Continuo a ripetermelo, anche quando vengo coperto di insulti e deriso, e non solo sui social, dato che mi è accaduto anche in sala d'aspetto del medico di venire apostrofato malamente.

    Non possiamo fare altro che tenere duro, ma sta di fatto che sono arrivato alla mia tenera età coltivando una fiducia nel prossimo che, ora, mi sembra mal riposta.

    Conosco tutti i meccanismi che stanno alla base di certe risposte, so che spesso sono il risultato della paura e del fatto che alla gente sono state fornite solo alcune risposte, e che quelle che dovevano fungere da contraltare sono scomparse, insieme alla dimensione politica che doveva promuoverle.

    Però è anche vero che se posso ritenere "normale" un gretto egoismo da parte di persone che hanno sempre coltivato certi egoismi, molto più male fanno gli inopinati "salti della quaglia" di altri, coi quali magari abbiamo condiviso militanza e lotte.

    Dobbiamo essere realisti, ma dispero di poter ritrovare lo slancio che un tempo avevo, e che farebbe la differenza.

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