mercoledì 9 maggio 2018

Il ventennio berlusconiano non è passato invano.

Tutti sembrano aver ingoiato l'idea che il nostro sia un ordinamento simil-presidenziale, che necessita di un Premier onnipotente, figura vicaria di un presidente come quello nordamericano, e di un Parlamento ornamentale, ridotto a mera segreteria di un esecutivo poderoso e senza contraddittorio.

Quella era l'idea che aveva della gestione politica di un paese un imprenditore, cioè un individuo abituato a pensare in termini di proprietà, nel senso di facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, e di brutali rapporti di forza.

Quella era anche la sostanza ultima della riforma costituzionale renziana, invero assai berlusconiana, che avrebbe dovuto essere attuata insieme all'Italicum, brutalmente maggioritario, ed al Job Act, che si occupava, e si occupa tuttora, della ricattabilità di un popolo tenuto programmaticamente a stecchetto.
Il tutto in una laida triade, di cui al momento sopravvive solo l'ultima gamba; un dispositivo teso ad impiantare un regime sostanzialmente autoritario, in nome di un'emergenza affrontata solo nominalmente, ma in realtà coltivata con cura.

Non è ancora finita comunque.    In questi giorni abbiamo la lampante dimostrazione di come il sistema partitico sia incapace di fare politica, imprigionato in una logica maggioritaria ed ostaggio di un quinquennio di dialettica fatta di insulti, falsità, delegittimazioni reciproche e solenni promesse di soluzioni finali velleitarie e controproducenti.

Nessuno sembra disposto a ricordarsi che la nostra è tuttora una repubblica parlamentare, ove la rappresentanza democratica della volontà popolare è affidata,  tramite elezioni politiche, al Parlamento e ai suoi membri, che, in quanto tale, elegge il Presidente della Repubblica, il quale individua il Primo Ministro, e con esso una compagine governativa la quale, a sua volta, deve riscuotere la fiducia nel Parlamento, in un ritorno che assicura a quell'organismo la patente di istituzione centrale del nostro ordinamento


Il luogo ove si fanno le leggi è il Parlamento, sede del potere legislativo che, costituzionalmente, deve essere ben distinto da quello esecutivo, espresso dal Governo, che non fa leggi, al massimo sollecitandole, limitandosi ad esprimere una conduzione, tattica quanto strategica, della vita del Paese, all'interno dei limiti espressi da quelle leggi.

La buona salute di una nazione è il frutto dell'armoniosa sinergia nell'azione dei tre differenti poteri, quelli sopra citati e quello giudiziario, espresso da quella Magistratura che molti vorrebbero imbrigliare.    Per converso, come stiamo sperimentando sulla nostra pelle, una distonia tra di loro la paghiamo con una pessima qualità del suo funzionamento 

L'enfasi posta sulla cosiddetta governabilità è solo la certificazione dell'incapacità, ma forse dovremmo parlare della non volontà di affrontare la fatica di una costante opera di composizione di aspettative e istanze differenti, che tengano conto della natura composita del contesto sociale di una nazione relativamente estesa, popolosa e percorsa da mentalità e storie differenti per quanto lungo e stretto è lo stivale.

La scarsa capacità della nostra classe politica emerge, in tutta la sua imbarazzante evidenza, nel continuo richiamo a sistemi elettorali che superino la complessità col semplice espediente di dopare una dichiarata minoranza, fino a farla diventare una maggioranza convenzionale. in quello che non possiamo definire altro che una prevaricazione dei principi costituzionali.

Comunque il nostro Parlamento, nuovo di zecca e ancora in rodaggio, è nella pienezza delle sue facoltà, e se solo volesse potrebbe legiferare, anche in assenza di un esecutivo politico, la cui individuazione sta risultando così problematica.

I due vincitori delle scorse elezioni, Lega e M5S, hanno dichiarato in campagna elettorale  di voler abrogare la Legge Fornero, e potrebbero ora realizzare quella promessa, dato che i numeri consentirebbero loro di farlo, ma ciò non avviene, e dovremmo tutti meditare su questa cosa, anche per capire la differenza tra le pubbliche dichiarazioni e le sottostanti volontà effettive.

Nessun commento:

Posta un commento

Ti ringrazio per aver voluto esprimere un commento.