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lunedì 12 marzo 2018

Chi semina vento raccoglie tempesta




Nel 2013 M5S impose la pratica dello streaming, vista come imprescindibile prassi di trasparenza (salvo poi farla cadere quando quel metodo documentò le increspature dei consessi parlamentari pentastellati) al solo scopo di rivendicare pubblicamente la propria unicità e umiliare Bersani, e con lui il PD, che in quella occasione sollecitò, seppure di malavoglia e sapendo a cosa andava incontro, lo stesso senso di responsabilità che ora invoca Di Maio.

In quella occasione Crimi e Lombardi furono i portatori materiali del sonoro ceffone che propiziò sia le condizioni oggettive dei successivi inciuci che l'avvento di Renzi e del renzismo.
Il PD non aveva allora ancora imboccato la strada che lo ha condotto all'attuale disastro, che non è solo elettorale, ed esistevano in quel momento anche altre opzioni, altre diramazioni del sentiero, che avrebbero potuto portare ad altri esiti.

Molti sostengono, con qualche ragione sia chiaro, che quell'incontro fu una manfrina dal copione già scritto e dall'esito scontato, ma io credo che se qualcuno avesse avuto il coraggio di sparigliare le carte, Grillo, ma anche Bersani, il paese si sarebbe potuto risparmiare molti dei successivi tormenti.
Il PD nel 2013 prese circa 10 milioni di voti, e M5S circa 8,6.  I rispettivi pesi erano sostanzialmente comparabili, e la gestione del paese avrebbe avuto basi paritarie, al contrario di quanto potrebbe avvenire oggi.

Ma le cose andarono diversamente, il Parlamento andava aperto come una scatoletta di tonno, la vittoria appariva immancabile allo stato maggiore pentastellato, e la strategia scolpita su qualche gloriosa lastra di marmo.
Anche grazie a quella sceneggiata, all'interno del PD presero forza le correnti favorevoli a quello che poi divenne il patto del Nazareno, ma soprattutto vennero poste le premesse adatte all'avvento di Renzi e del renzismo, con tutto quello che ne è conseguito.

Fu dunque, a mio parere, un disegno lucidamente perseguito, perché a M5S serviva un PD impresentabile, ed era fondamentale che lo fosse in maniera evidente. 
Il senso di responsabilità non era allora moneta corrente, o forse qualcuno ritenne responsabile consegnare il paese ad un processo che aveva il solo scopo di esaltare la propria virtù, per rendere il proprio successo, posticipato nel tempo, ineluttabile. 
I risultati sono qui, davanti agli occhi di tutti, e a me pare che pochi possano dire di non avere responsabilità, effettive o morali, negli assetti che patiamo, anzi proprio nessuno.

Con questo voglio dire che le colpe sono tutte in capo a M5S, con il PD nelle vesti della vittima incolpevole?  No, per niente, ma date le argomentazioni che vengono oggi sviluppate circa l'appoggio dem ad un esecutivo pentastellato, mi sembra necessario ripassare alcuni eventi della passata legislatura, che hanno ispirato il titolo di questo testo.

Ora, io capisco che molti compagni caldeggino un atteggiamento responsabile da parte del PD, e di LeU, per evitare un governo leghista, ma a quei compagni vorrei dire che il pericolo è assai teorico, dato che un governo del centrodestra sarebbe minoritario tanto quanto quello pentastellato, dunque altrettanto gracile, e che un raccordo Lega-M5S è piuttosto improbabile, nonostante la sovrapposizione di molti punti di programma, per due distinte ragioni:
  • i due partiti "pescano" nello stesso bacino elettorale, a dispetto dei molti voti anti-PD provenienti da un popolo di sinistra esacerbato, e sono a tutti gli effetti diretti concorrenti;
  • la Lega non può permettersi di supportare M5S senza disfare i governi e le amministrazioni locali di cui è membro, insieme a Forza Italia, in larga parte del paese.
Starei anche abbastanza tranquillo circa la creazione di un partito di Renzi, generato da una scissione dal PD, dato che secondo le previsioni più accreditate non porterebbe al centrodestra un numero di parlamentari sufficiente a conseguire la maggioranza necessaria a garantire un governo stabile.

Un PD responsabile, inoltre e data la disparità assoluta del proprio peso parlamentare rispetto al Movimento, in un governo pentastellato non avrebbe alcun peso decisionale, avendo in realtà il solo scopo di assumersi la responsabilità di tutte le contraddizioni del programma grilliano, concepito per vincere, ma difficilmente attuabile, date le condizioni oggettive, mentre eventuali successi sarebbero intestati tutti ai sanculotti del terzo millennio, e non certo ai collusi e indagati, col capo cosparso di cenere e costretti ad una recalcitrante responsabilità.

Dunque a me pare che la propensione all'atteggiamento responsabile, caldeggiato a sinistra da alcuni dirigenti, e da molti simpatizzanti sia di Leu che del PD, sia solo un tentativo, all'indomani della severa sentenza elettorale, di recuperare un ruolo spurio in grado di far dimenticare la desolante inconsistenza della sinistra nel paese, senza passare da un ormai inevitabile e quanto mai necessario processo di radicale autocritica.

Una certa ilarità, inoltre, suscita in me il confronto tra le dichiarazioni ante voto pentastellate, tutte improntate ad un divertito, o talvolta indignato, disprezzo per ogni eventuale forma di alleanza, o collaborazione, tra il Movimento ed un ceto politico di indagati e collusi, e la compunta chiamata alle armi di un Di Maio paludato nei panni da statista che la invoca per il bene del paese, e dopo cotanti precedenti.

Meno divertito sono per l'imbarazzante lettura che il buon Gigino dà degli obblighi presidenziali nella formazione del prossimo governo, misura diretta della sua suprema presunzione ed autoreferenzialità. 

Tra i molti difetti del Rosatellum, infatti e con buona pace di Di Maio, c'è il piccolo particolare che non è stabilita alcuna gerarchia tra partiti coalizioni, dunque la scelta di Mattarella tra affidare l'incarico a Di Maio o a Salvini non può essere fatta in punta di diritto, come pretende il capo politico 5Stelle bensì operando una scelta di natura eminentemente politica, e di conseguenza intrinsecamente opinabile.

Comunque a me interessa relativamente chi dei due, Lega o M5S, verrà scelto, perché non mi aspetto nulla di buono da ambedue. Forse, alla fine, mi potrebbe pure andare bene un governo pentastellato, perché questo consentirebbe di andare a vedere bluff che hanno bisogno urgente di venire esplorati, ma senza che vengano convocati colpevoli di comodo, quali dovrebbero essere PD e LeU in veste di responsabili.

A mio parere Mattarella dovrebbe affidare ad un esterno, stile Ciampi nel '93, l'incarico di formare un governo tecnico, in attesa del più che certo verdetto di incostituzionalità del Rosatellum, che si occupi della promulgazione di una nuova legge elettorale.

E stavolta dovremo tornare alle urne solo dopo che la Corte Costituzionale, con procedura d'urgenza, la avrà esaminata e ritenuta conforme alla legge fondamentale.   Anche il fatto che dovrebbe essere una legge non ad hoc sarebbe un graditissimo cambiamento.

venerdì 22 dicembre 2017

Quando due furbi s'incontrano uno dei due è costretto a cambiare categoria. (Michelangelo)

Non ho seguito la puntata del 21/12/17 di Piazza Pulita, ma mentre Di Battista veniva intervistato da Formigli, ho notato che su FB molti dei miei contatti che hanno aderito a Liberi e Uguali si sono espressi benevolmente verso il rappresentante pentastellato, certificando molte sue affermazioni come profondamente condivisibili.

Non è una modalità inconsueta, nel campo della sinistra, quella di prodursi in endorsement abbastanza incongrui, date le precedenti sferzanti critiche sui soggetti momentaneamente osannati. Avvenne anche ai tempi della prima guerra del Golfo, quando molti si produssero in entusiastici commenti a favore del Papa, che aveva una posizione programmaticamente pacifista, immemori di averlo sfanculato fino al giorno prima, quando parlava di aborto, e tornando a farlo alla prima occasione utile.

Sta di fatto che anche il più disattento degli osservatori può agevolmente rilevare che mentre Bersani torna a tendere la mano ai pentastellati, M5S supera, con una disinvoltura solo apparente, il suo originario dogma sulla non commistione con i partiti collusi e apre alla possibilità di alleanze quantomeno operative.
Sulla cosa ho un'opinione che forse è un po' azzardata, ma che mette insieme una certa ambiguità strategica di LeU e il passaggio di M5S da semplice macchina da opposizione a soggetto governante.

Io penso che la creatura politica di Bersani e D'Alema, che sta avendo un certo successo principalmente per il desiderio di molti simpatizzanti di fare qualcosa per uscire dal profondo buco nel quale si è cacciata la sinistra, sia alla fine più che altro un tentativo di reinventare il PD, ma senza Renzi e con lo scopo di recuperare il voto di sinistra copiosamente drenato dai 5Stelle fin dal loro apparire, ragione per la quale si produce in qualche apertura verso i pentastellati allo scopo di riappropriarsi di scaglioni di elettori persi da molto tempo.

Ma si tratta di un tentativo goffo e che fa mostra di una condiscendenza perfino ridicola, considerando che, stando ai sondaggi, LeU dentro M5S ci ballerebbe non meno di tre volte, nella migliore delle ipotesi.
Che c'entra? Beh diciamo che, come minimo, siamo di fronte a posizioni negoziali non precisamente equivalenti. M5S ha le vele al vento, si è tenuto le mani libere, gode di una rendita di posizione cospicua e ha molte opzioni di fronte, mentre LeU si gioca tutto su una coppia di scartine, sperando che qualcuno si distragga e non si accorga di una manovra che spicca, litizzettianamente, come un paracarro nel sole del tramonto.

La penosa furbata di LeU parte dalla constatazione che M5S sembra non riuscire a schiodarsi da una situazione che lo vede padrone di un terzo dei consensi, ma non di più, ragione per la quale ha cominciato a demolire il dogma dello splendido isolamento per scongiurare uno stallo inconcludente.
Per farlo dovrà rimangiarsi molte cose, e non sono così convinto che abbia voglia di mettersi realmente alla prova, ma diciamo che si prepara a governare con qualche tipo di alleanza. Ecco dunque che LeU pensa di poter approfittare della situazione per ritagliarsi un ruolo, forse con un occhio al partito ago della bilancia, di craxiana memoria, e proporsi come utile complemento per superare il più che probabile stallo post elettorale e, per buona misura, ripigliarsi un po' di voti confluiti in M5S.

Ma io credo che il movimento difficilmente collaborerà in questo senso, dato che gli si possono muovere molte critiche, ma certo non quella di essere composto da fresconi senza malizia, e alla fine troverà più conveniente guardare a destra, ovvero ad una compagine consistente sulla carta, ma assai fragile nei fatti e dalla quale potranno staccarsi pezzi abbastanza consistenti da svolgere il ruolo che vorrebbero ritagliarsi D'Alema e Bersani, ma con il vantaggio di una maggiore vicinanza a molte delle posizioni espresse su immigrazione ed Euro, per non parlare di un elettorato meno litigioso e tranquillizzato dalle intercorse aperture grilliane ad associazioni di categoria come Assolombarda.

Mi sto arrampicando sugli specchi? Forse, e forse no, dato che la scena politica italiana ha, da molto tempo, la lineare verosimiglianza di un pezzo teatrale à la Ionesco.
E forse, alla fine, M5S potrebbe anche aver scherzato, non sarebbe la prima volta che si dichiarano aperti ad iniziative condivisibili, salvo poi non farne niente. Dipenderà anche dal tipo di risposta che la base pentastellata darà non appena vedrà che quelle aperture comportano la frequentazione di partiti e politici fin qui abbondantemente demonizzati.

E' di oggi la notizia dell'ingresso della Boldrini in Liberi e Uguali. Come la prenderanno tutti quei gentiluomini e nobildonne del movimento che hanno passato anni a collocarla tra le virtuose del meretricio interrazziale?