venerdì 15 febbraio 2019

Peggio che togliere il diritto di voto c'è solo di togliere al cittadino la voglia di votare (R. Sabatier)

Vado sul profilo FB della mia amica Claudia Baldini, donna tenace, generosa e vulcanicamente attiva.

Persona impegnatissima nel sociale e nel politico, instancabile e dotata di una resistenza fuori del comune alle avversità della vita, non demorde mai e reagisce sempre pugnacemente, mai doma e sempre orientata a reagire, a non subire avversità ed iniziative altrui.

Vado sul suo profilo, dicevo, e leggo questo post:

Comunque vada, sarà destra. Tanto vale votare qualunque cosa abbia parvenza di sinistra. Potrebbe funzionare per responsabilizzare tutti i galli del pollaio
Lo dico agli astenuti. Non credo siate gente di destra. Ma allora che senso ha contribuire a farla vincere?Il partito dell'astensione non è una grande idea.

Tipico di Claudia.  Di fronte allo scoramento che origina il fenomeno dell'astensione, che deve la sua consistenza principalmente ad un popolo di sinistra che non si sente più rappresentato da alcuno, invoca un atteggiamento attivo che comprendo, intellettualmente, ma che non riesce a coinvolgermi del tutto.

Alle ultime elezioni ho votato. L'ho fatto perché il pensiero di non esercitare un diritto così fondamentale mi era assolutamente insopportabile. 

Non sono dunque un astenuto, ma ciò è vero solo in senso tecnico, perché ho votato Potere al Popolo sapendo che non ce l'avrebbe fatta e pensando che, comunque, non stava presentando un programma praticabile e verosimile, costretto come è, costitutivamente, dentro una logica sindacalista, di mera resistenza e difesa, priva di una vera autonomia progettuale in grado di proporsi come alternativa compiuta.    

È, io credo, il vecchio problema della sinistra quello di proporsi come argine al potere della classe antagonista, dunque come componente che, per stare in piedi, ha bisogno di un nemico attivo.

In realtà, fuori dell'ipotesi rivoluzionaria, uscita presto dal novero delle opzioni praticabili, la sinistra ha sempre dovuto fare i conti con le derive socialdemocratiche, ed i suoi esiti teratogeni blairisti, da una parte, e la implicita parzialità della stretta autodifesa, articolata all'interno dello scenario imposto dall'avversario, dall'altra.

I parametri sono cambiati, e la cosa è ormai definitiva. La fabbrica fordista è finita, e non tornerà mai più, ammazzata da linee di lavoro robotizzate e sistemi esperti, e questi ultimi, peraltro, stanno attaccando le quote di lavoro umano anche nel terziario.

La struttura del lavoro, quella su cui abbiamo costruito prassi e metodologia d'intervento, è mutata, ed abbiamo a che fare con attori differenti che si muovono in base a logiche e motivazioni che necessitano di un'analisi nuova, che ha bisogno di nervi saldi e coraggio morale per essere affrontata, e anche di una dose di spregiudicatezza di cui la sinistra non è al momento capace, presa com'è dalle implicazioni dei numerosi errori compiuti e dei tradimenti perpetrati, oltre che dalla mancata elaborazione del lutto seguito all'implosione dell'esperimento conosciuto come socialismo reale.

All'interno dell'equazione va inserito anche l'aspetto ambientale, dunque va ripensato integralmente il modo di creare valore aggiunto, includendovi stabilmente e definitivamente i costi che, finora, sono stati esclusi dalla valutazione dei costi e benefici, riservandoli alla comunità.

Non vi è nulla a sinistra, o perlomeno io credo non vi sia nulla, in grado di esprimere il balzo culturale di cui vi sarebbe bisogno, per ora almeno.

Ho votato Potere al Popolo, ma se anche fosse diventato un attore di primaria grandezza nel panorama politico io non credo sarebbe stato all'altezza della sfida, perché il movimentismo è una risposta congiunturale, un farmaco sintomatico, che lenisce i sintomi, ma non aggredisce la malattia, e noi non possiamo curare il nostro male con semplici aspirine.

Chi pensava fosse possibile farlo in realtà ha votato M5S,ed abbiamo visto a cosa è servito.  Capisco dunque chi, di fronte a scelte invariabilmente insoddisfacenti o parziali, si scoraggia e decide di non collaborare, anche se in un sistema democratico, in realtà, non è possibile avere atteggiamenti neutri.

Però tutti questi che non hanno capito non sono quattro gatti, e il loro stesso numero, che ne fa il vero primo partito italiano, ancorché virtuale, conferisce loro un'importanza ed una dignità che sono propri di fattori abbastanza cruciali da non poter essere liquidati con la sufficienza o il compatimento che spesso viene loro riservato.

Si tratta di un fenomeno che merita di essere accettato, studiato e compreso abbastanza da farne discendere considerazioni operative che potrebbero condurci fuori dalle secche.


Io continuerò, perché non riesco proprio a farne a meno, a votare la cosa più di sinistra che troverò sulla scheda, ma non basta.   Non è la soluzione di cui abbiamo bisogno.

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