martedì 10 dicembre 2019

Il gatto di Schrödinger



In un mio post ho rilevato che vi sono stati pesanti endorsement a favore delle Sardine.  Monti, Saviano, Prodi, la Pascale, ed ora le Madamine, mi risulterebbe.


Posso trovare qualche logica positiva, nel senso di effettiva coincidenza, nel favore espresso da Saviano, però mi pare che Pascale, Prodi, Madamine e, soprattutto, Monti siano evidenti "baci della morte", dati con estrema malizia - è il caso di Monti - o in slanci colonizzatori intesi a mettere il cappello sopra a qualcosa che non ha ancora deciso cosa vuole essere, soprattutto nella base (forse gli organizzatori sono meno indefiniti).

Commovente vedere come Lega ed estrema sinistra ravvedano nella circostanza le stesse identiche logiche.

Le Sardine potranno anche essere un fuoco di paglia (senz'altro molti stanno agendo per avverare questa previsione), e sicuramente dovranno decidere cosa "fare da grandi", pena l'avvizzimento, come è capitato ad altri movimenti spontanei, tutti invariabilmente accusati di essere strumenti, più o meno consapevoli, del "potere".

A dispetto di questa ipotesi complottista però, rimangono a mio avviso una preziosa occasione che andrà probabilmente sprecata da chi potrebbe aiutarla a divenire un fenomeno di cittadinanza attiva consolidato, ma preferisce camminare guardandosi la punta dei piedi, o addirittura guardando all'indietro, andando di conseguenza a piantare solenni capocciate contro i pali.

Ho usato il termine "endorsement", da qualcuno ritenuto improprio, nel senso canonico di "sostegno esplicito a un candidato, a un movimento o partito, a un'iniziativa", come lo definisce la Treccani, dunque non credo di averlo usato in modo errato.

Dato che sono stato iscritto d'imperio, da un compagno qui del pavese, al gruppo FB delle Sardine di Pavia, ho la possibilità di osservare da vicino alcune delle dinamiche che stanno investendo un fenomeno che ritengo sia autenticamente spontaneo, giudizio che discende dalla varietà incredibile di posizioni e mentalità che ci si ritrovano.

In virtù della scarsa anzianità di servizio è troppo presto per dire che direzione prenderanno quei pesciolini, se la prenderanno naturalmente, e non finiranno col disperdersi.    Quello che ho visto, praticamente da un giorno all'altro, è stato l'aumento di post e commenti che sfracellavano i maroni su Bella Ciao, che mettevano le mani avanti, dicendo che se il gruppo fosse stato "troppo di sinistra" se ne sarebbero andati subito, e che fischiavano la vecchia canzone della sovrapponibilità tra fascismo e comunismo, in quanto "dittature sanguinarie".

A me sono subito sembrate le incursioni di provocatori e trollatori della cosiddetta "bestia" leghista, tese a creare ed esasperare contraddizioni facilmente innescabili, dato anche il basso tasso di cultura politica di molti aderenti.

Credo che intorno al banco di sardine si aggirino diversi predatori e opportunisti di ogni tipo. Abbiamo:

  • una destra fasciolegaiola che instilla dubbi per disperdere un fenomeno che sta dimostrando la consistenza reale del favore elettorale di cui gode la Lega, inferiore a quanto questa rivendica;
  • una politica organizzata che muove accorti passi per prendere la testa di "quel corteo" (il PD, con maggiori prospettive di successo rispetto ad altri);
  • una destra liberale che è interessata a ridimensionare Salvini, ma non a prezzo dell'attivazione di un popolo rimasto sinora silente di fronte alla sua controrivoluzione liberista;
  • un'estrema sinistra, cospicua nella sua inanità, che non saprebbe fare di meglio, ma che liquida comunque il tutto come "arma di distrazione di massa", nonostante ormai abbia scarsissima confidenza tecnica con le masse, da lunga pezza pochissimo frequentate.


In questo contesto, quegli endorsement sono in larga parte sospetti, e se anche dati in buona fede sono comunque costosi.

La cosa è rilevante e inevitabile proprio in dipendenza della programmatica indeterminatezza politica, operativa e ideale, sardiniana, una scelta forse inevitabile, ma scomoda e poco conveniente, in prospettiva, che è una specie di "gatto di Schrödinger" politico.  

Le sardine, infatti, si sono volutamente rinchiuse in una scatola.    Potrebbero essere qualsiasi cosa, e lo sono in realtà.  Sono, al momento, tutto e il contrario di tutto, e cosa diventeranno sarà deciso solo quando quella scatola verrà aperta, collassando tutte le possibilità in un esito univoco, che darà ragione a qualcuno e torto a qualcun altro.

L'estrema sinistra, con il suo programmatico disprezzo sta brigando in modo da "avere ragione", dato che ha reazioni assolutamente pavloviane e tracciabili con geometrica precisione, prive di acume e subalterne sotto ogni aspetto.

Le Sardine difficilmente si rivolgeranno a chi le sta sputtanando fin dal primo momento, dunque l'approdo tra le accoglienti braccia dem diventerà una "previsione autoavverante".  Le Sardine diventeranno effettivamente ciò che l'estrema sinistra rimprovera loro di essere, nonostante la cosa non sia al momento un destino ineluttabile. 

Si potrà allora dire che l'ipocrita bacio in fonte scoccato da Monti, l'affettuosa pacca in testa della Barale e il favore delle "madamine" (minchia, le madamine!) avranno funzionato benissimo.

lunedì 2 dicembre 2019

Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. (Seneca)



Ho scritto molti post sulla manifestazioni delle sardine nelle città italiane, infilandomi in più di una polemica e constatando come, in genere, si parli molto accapigliandosi con impegno, ma raramente trattando degli stessi elementi della questione.

Io parlo dell'importanza di un fenomeno che è sociale prima ancora di essere politico,

cercando di capire come potrebbe influire sul degrado della sensibilità politica del popolo italiano, che strade potrebbe imboccare e quanto stiamo, in quanto sinistra, mancando di sfruttare un'opportunità.     

Le persone con le quali mi sto confrontando, con qualcosa di più di una forte tensione, preferiscono avere una visione più tattica, e danno per scontato che si tratti di una manovra di supporto allo status quo sotto l'accorta regia di un PD infingardo e manovratore.   Il fatto che quel partito non sia, in effetti, un campione di trasparenza operativa non mi aiuta molto a far emergere le mie argomentazioni, così il più delle volte vengo trattato come un "venduto" alla causa dem.

Forse è il caso di uscire dalla stretta contingenza e assumere un punto di vista un pochino più distaccato, e il mio amico Gianfranco Personé, con la sua solita puntualità e attenzione, propone questo articolo di Paolo Ercolani, che fornisce spunti di riflessione di spiccato valore.

Tutti ci stiamo accapigliando sul fenomeno sardine, ma troppo spesso proiettandovi sopra le nostre aspettative, o i nostri timori, esaltandolo o squalificandolo, e chi lo squalifica lo fa quasi invariabilmente senza analizzarlo spassionatamente per quello che è, ovvero un fenomeno di massa piuttosto indefinito e che in quanto tale si presta fatalmente a strumentalizzazioni. preferendo nutrire una diffidenza preconcetta e insanabile, aggravata da ingombranti similitudini con ciò che poi diede origine al fallimentare esperimento grilliano, 

Effettivamente le sardine, al di fuori di un forte disagio e di una condivisa avversione per i caratteri qualificanti (sic!) di una stagione politica che ha fatto dell'odio e della delegittimazione la cifra distintiva, non hanno al momento molto da dire, collocandosi fuori di ciò che Ercolani nel suo articolo definisce "politica pensata".
Chiunque può affermare che "le cose non vanno bene", è così evidente peraltro, ma non basta, e non è mai bastato, e se non sei capace di esprimere un progetto finisci rapidamente con l'essere la massa di manovra di qualcuno, e in proposito non mancano certo i precedenti.

Una mobilitazione così ampia e in assenza di un'idea forte non può essere omogenea, e infatti non credo lo sia, dunque capisco che al momento le sardine abbiano bisogno dell'apartitismo (brutta parola eh?), perché quello è il livello, infimo, da cui bisogna partire grazie all'impresentabilità della classe politico-partitica italiana e alle narrazioni imposte dal grillismo.   

Capisco che ve ne sia bisogno per raccogliere il più ampio consenso possibile in funzione dell'obiettivo minimo, che sarebbe di contendere a Salvini la pretesa propagandistica di essere l'unico e vero interprete delle aspettative degli italiani, ma non può bastare e rischia di costare più di quanto possa rendere.
Nel momento nel quale dovessero fare un passo avanti, verso una scelta politicamente operativa, la perdita di pezzi, anche consistenti, sarà inevitabile.

Chi ha aderito al fenomeno appartiene, tagliato giù a fette grosse, a tre categorie distinte. Abbiamo una quota di simpatizzanti del PD e una di delusi di partiti assortiti, ma è la terza componente quella che, a mio avviso, è la più consistente ed interessante.
Mi riferisco a quel 26%, ma la percentuale è in costante progressione, di elettori che non votano più, e non si tratta dei tradizionali "menefreghisti" storicamente mai andati oltre il 4-5%, si tratta di gente che fatica a tirare la carretta e che non trova più rappresentanza in nessuna formazione politica.
La loro emersione dal silenzio è un evento importante, un segno di vita di cui non avevamo traccia da molto tempo.

Alla manifestazione di Firenze (40.000 persone, compagni; un numero che non possiamo ignorare) è comparsa una bandiera rossa, e gli organizzatori l'hanno fatta ritirare.  La cosa ha causato forti polemiche; c'è chi dice che questo fatto è la conferma della natura piddina dei pesciolini, chi sostiene che si sia trattato di una provocazione per suscitare, appunto, la polemica e sbandare e divaricare le diverse "anime sardiniane" prima che possano diventare qualcosa di più definito.

Io non lo so chi c'era dietro all'improvvida iniziativa, ma mi ricorda molto la pratica di alcuni gruppuscoli privi di seguito che nel '68 si presentavano al completo (poche decine di individui) con giganteschi striscioni e bandiere formato tovaglia per "prendere la testa del corteo" e dimostrare non si sa bene cosa, dato che continuavano a contare come il classico due di coppe con briscola a denari.

Quello che mi angustia è che nel momento nel quale uno dei partiti tenterà seriamente e scopertamente di impadronirsi del fenomeno sardine, il tutto si sgonfierà e quelle persone scompariranno nuovamente, perché nulla di alternativo si è fatto avanti, e se si è fatto avanti lo ha fatto inalberando bandiere senza preavviso e per dire che erano tutti degli imbecilli eterodiretti, circostanza certo non scongiurata da quella chiusura.

La sinistra dileggiante e diffidente sta, in tutto questo, perdendo un'occasione, forse per l'intima consapevolezza di non essere in grado di influire per nulla sul fenomeno, soffrendo da tempo di una paralisi progettuale e propositiva profonda, una sorta di fatale languore venato di impotenza.
Non si tratta "egemonizzare" le sardine, una pratica che non solo non ha mai funzionato tanto bene, ma che ha creato una logica letale, fatta di reciproche interdizioni e grazie alla quale si finisce col distruggere tutto ciò che non si può assimilare, ma di fornire alle componenti sardiniane che lo desiderassero, un approdo in una proposta vitale in grado di rappresentarle sul piano dell'azione politica, finalmente.

Sarebbe un grande passo in avanti per una famiglia politica, la sinistra, assente da anni dallo scenario politico, però nessuno lo sta facendo.


martedì 26 novembre 2019

Quando, con l'acqua sporca, si butta anche il bambino.


Sul fenomeno sardine, a sinistra, ci stiamo accapigliando duramente, come nelle migliori nostre tradizioni, perdendo come al solito di vista elementi fondamentali.

Dunque ricapitoliamo. Da una parte ci sono gli organizzatori del fenomeno, che pare siano tutti puzzoni dem (qualcuno ha sostenuto perfino che vi siano leghisti delusi e, ça va sans dire, grillini dissidenti), dall'altra migliaia di persone che, un tempo del tutto silenti, sono scese in piazza a dimostrare che ne hanno la "scuffia piena", come direbbero a Milano.

Questo in un paese che, alle ultime elezioni politiche ha visto un 26% di astenuti (alle amministrative non è raro arrivare al 40%) e che nei sondaggi, per esempio quelli trasmessi da Mentana il lunedì sera, vede il "non risponde" tra il 30 e il 38%.

A me pare evidente che gran parte di quei pesciolini proviene dall'astensione, ovvero da quella parte di popolazione che non vota più principalmente perché non ha nessuno abbastanza rappresentativo delle proprie istanze da votare.

Questo significa che non vota a destra, perché contraria ai programmi post/neo/fascisti che ne rappresentano la cifra, al punto che scendono in piazza per sconfessare la supposta prevalenza della Lega nei sondaggi, tale in forza di un meccanismo basico del marketing: le cose diventano vere ed acquisiscono consistenza se sostieni che è così.

Non vota neanche PD, perché quel partito li ha traditi, passando nel campo dell’antagonista di classe, anche se magari non utilizzano questa definizione tecnica da kabulista d’antan, quale in fondo sono. E però neanche vota M5S, perché ha sempre ritenuto i neosanculotti grillini un'accolita di pataccari, e con ragione a giudicare dallo spettacolo pietoso che stanno dando.

E arriviamo alla ragione che suscita la critica rancorosa della sinistra cazzuta: l’astenuto (e sardina?) non vota neanche la sinistra-sinistra, perché in gran parte si tratta di formazioni autoreferenziali perse in un circuito di autorassicurazione ideologica, che si trova a disagio nel calare nel tessuto di una realtà spigolosa e contraddittoria, in uno scenario che richiederebbe, preliminarmente, un'autocritica che nessuno intende fare.

Siamo di sinistra, dunque dovremmo sapere che esserlo ci impone di comprendere la realtà oggettiva, di sapere che la distillazione di una teoria necessita di una verifica pratica che DEVE portare ad esaminare criticamente quella teoria, procedendo per affinamenti successivi.

Dovremmo sapere che non basta affermare i giusti principi, ma anche essere capaci di raggiungere le persone e convincerle, ascoltando prima e parlando dopo, mentre invece non ascoltiamo quasi per nulla, dunque parliamo al vuoto e ci incazziamo pure quando ci schifano. 

Alle ultime politiche ho votato per una formazione che, con tutti i problemi che affliggono la gente e ben sfruttati dalla destra (disoccupazione, welfare comatoso, imposizione fiscale monstre con ritorni ridicoli, territorio violentato, infrastrutture cadenti, edifici scolastici in rovina), in piena campagna elettorale non ha trovato di meglio da fare che promuovere una battaglia contro il 41-bis, in un paese che ha una malavita organizzata che controlla intere regioni, ed è presente ovunque e in ogni settore merceologico. 

La ragione ufficiale? E’ un provvedimento condannato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in quanto favorisce “trattamenti inumani e degradanti”, detto da un organismo che non può valutare adeguatamente la consistenza del fenomeno mafioso.

Quella semi-ufficiale? Il dispositivo di legge è utilizzato per stroncare i compagni arrestati nel corso delle manifestazioni NO-TAV, mi venne risposto. Per coerenza dunque dovremmo anche eliminare la carcerazione preventiva, perché serve ad imprigionare i dissidenti, piuttosto che pretendere che la legge venga applicata senza pericolose interpretazioni di comodo.

Quella effettiva, perlomeno secondo me? Proporre programmi d’intervento realistici sui problemi della gente comporta pericolosi confronti con una realtà contraddittoria, come nel caso dell’ILVA, dove difendendo nel breve l’occupazione condanni a morte per avvelenamento migliaia di persone, e promuovendo una corretta politica ambientale getti in mezzo alla strada migliaia di lavoratori e relative famiglie.

Meglio(sic!) tirar fuori virtuose battaglie, ideologicamente correttissime, condannandosi alla marginalità, e infatti quel partito è rimasto ben sotto, insieme ad altri consimili, alla soglia di sbarramento, favorendo di conseguenza l’avvento dell’esecrabile governo grillo-legaiolo. 

L’alternativa sarebbe stato votare PD, ma con che coraggio? Già! Votare per la causa scatenante dell’egemonia, culturale prima ancora che politica, di una destra xenofoba e liberticida fa raggricciare i nervi, solo che se non tiriamo fuori qualcosa di credibile, che non faccia tornare quelle sardine nel cono d’ombra dal quale sono provvisoriamente riemerse, al prossimo giro solo quello, votare obtorto collo il PD, ci rimarrebbe da fare, oppure subire un regime nel quale schedare untermenschen sarebbe naturale come respirare.

Nel frattempo quelle che non hanno capito un cazzo pare siano le sardine e chi le vede con favore. Eh già!




venerdì 22 novembre 2019

Spostati ragazzino, fammi lavorare!


L'ultima vulgata della sinistra-sinistra per negare al "fenomeno sardine" la dignità di fenomeno politico di assoluta rilevanza che il suo stesso verificarsi impone, a prescindere da tutte le sottovalutazioni che si vogliono applicare, è che dietro ci starebbe il PD, e morta là. 

Punto di approdo certamente non inaspettato.  Pratica chiusa.  Sono, se va bene, dei minus habens strumentalizzati che finiranno in nulla. Possiamo tornare a chiederci "che fare?", esibendo la corrucciata espressione di chi è intimamente macerato da un tormento insanabile.       I bei tempi andati sono... andati, e non torneranno più.

E' stato bello; credevo fosse amore e invece era un calesse; faccio bene io a non fidarmi; a me vecchio militante non mi pigliano per il culo ecc. ecc., in un dolente florilegio di inevitabili, perché strenuamente auspicate, conferme.

Vorrei invitare tutti quelli che hanno la pazienza di leggermi a dare un'occhiata a questa intervista.    Sono un pochino meno di diciotto minuti, e secondo me vale la pena di visionarla perché emerge, per quanto sinteticamente, la natura profonda del "fenomeno sardine".

Mi sta bene tutto quello che emerge?  No! Del resto non accade mai a nessuno di ritrovarsi integralmente nel tessuto della realtà, però qui siamo di fronte ad un fenomeno eminentemente politico, in stretto senso tecnico e non nell'accezione, grossolanamente errata imposta dai grilloidi, che sovrappone il termine "partito" a quello di "politica", giocando sull'equivoco per poi contrabbandare la propria ricetta qualunquistica.
La natura "eminentemente politica"  di cui parlo dovrebbe indurre in noi vecchi militanti  un fremito di gioiosa aspettativa, cosa che invece non accade.


Qui siamo di fronte a gente che è uscita dall'inerzia, che tanto ha servito la strategia legaiola, per gettare un bel pugno di pietrame nell'oliata macchina della narrazione salviniana.   Di più: questa è gente che si è attivata e che, al momento, ha deciso di sottolineare la propria estraneità a qualsivoglia entità partitica, perché forse, un forse fortemente sarcastico, il concetto di partito nel disastrato panorama italiano è infrequentabile.  Rivendicano di essere un fenomeno, e non un movimento.  Messi alle strette ammettono, di malavoglia perché potenzialmente controproducente, di essere genericamente "di sinistra".

Siamo di fronte anche a chi frequenterà questo mondo ancora per molto tempo, senz'altro più di me, che sono arrivato al tardo autunno della mia esistenza. Qualcuno che ha titolo e ragione, anzi DIRITTO, nonché dovere, di occuparsi di ciò che regolerà la propria esistenza secondo i criteri che riterrà opportuno elaborare, in un panorama che a noi vegliardi è estraneo e che fatichiamo a ricondurre alla nostra esperienza, in presenza di processi e condizioni ambientali (fisiche, sociali e funzionali) molto diverse da quelle che avevamo imparato a trattare.

Ma poi, alla fine di tutto, apprezzare il fatto che tutta quella gente sia andata a inzupparsi di pioggia per dire a Salvini che non rappresenta tutti gli italiani, fa proprio così schifo?
Cos'è, una questione di copyright?

Io credo che noi vecchi compagni, così diffidenti, ci si debba porre di fronte al fenomeno cercando di capire gli elementi di novità, e non seguendo i percorsi usurati di un dietrologismo che serve solo ad oscurare il fatto che non sappiamo che pesci, è il caso di dirlo, pigliare.

Ma, Santa Signora del Sanpietrino, mettiamo pure che dietro tutta quella gente ci sia il PD, anzi diamolo per certo, così, per fare un'ipotesi di lavoro.
I casi allora sono due:
  • quelle migliaia di persone sono organiche al PD, o papabili sostenitori di quel partito, e allora bisogna pure che ci arrendiamo all'evidenza e accettiamo, pragmaticamente, che il PD è espressione di una parte importante della società, di cui sa interpretare le istanze;
  • oppure dobbiamo, in alternativa, riconoscere che esiste un vasto settore di popolazione che ha deciso di uscire dal cono d'ombra del silenzio e dell'astensione per, finalmente, affermare la propria posizione.


In ogni caso siamo in presenza di un evento che non si può minimizzare in alcun modo, soprattutto se non hai, come non abbiamo, alcuna idea di come trattarlo.
Non mi sembra comunque verosimile la prima ipotesi, dato che il PD è sceso ai suoi minimi storici, e solo la paura di avere a che fare con un regime salviniano ha arrestato, provvisoriamente, il suo calo di consensi.

Se la seconda ipotesi, come io credo, è quella reale, allora noi corriamo il rischio, snobbandolo in questo modo, di favorire la colonizzazione del fenomeno da parte dei dem, che peraltro ne spegneranno l'ardore in breve tempo, perché tutto ciò che toccano diventa velocemente inerte.

Ho sempre rimproverato ai giovani dell'età di mia figlia, trentenni o giù di lì, di essere la prima generazione, di cui ho cognizione, che non ha mai "picchiato il pugno sul tavolo", mancando di rivendicare il proprio diritto di inserirsi nei processi che decidono della loro vita.       Ora pare che venga smentito dai fatti, e dovrei dire loro che non hanno capito nulla?   No, col cazzo, e scusate il francesismo.

Siamo di fronte alla nascita di un moto di partecipazione corale da parte di un settore della società, i nati dopo lo sfascio della politica come la conoscevamo, che finora reputavamo schiavi dell'individualismo e dell'inerzia, e siamo così genialmente sconsiderati da dire loro che non sono poi così bravi, non come noi perlomeno, e che sono tutti coglioni al servizio del PD?
Ma certo! Ottimo lavoro, complimenti. 

Io intanto vado in animazione sospesa, ché ho il cuore malandato e incazzarmi non mi fa bene. Svegliatemi un attimo prima dello schianto, che voglio vedere le facce di tutti quanti.

venerdì 15 novembre 2019

Solo la libertà del dissenso rende credibile il consenso. (Pino Caruso)


Un amico bolognese ha commentato con legittimo entusiasmo la sua partecipazione al flash mob delle 15.000 sardine che, a Bologna, hanno dimostrato a Sua Ferocità Salvini che la piazza non era tutta sua, ponendo una certa ipoteca sulla sua marcia trionfale verso l'espugnazione della regione rossa per eccellenza.
Il mangiatore di nutella ha subìto con un certo nervosismo lo smacco, cianciando di squadristi rossi che avrebbero impedito l'afflusso dei partecipanti alla sua poco riuscita manifestazione, svoltasi con ampi spazi vuoti nella sala destinata alla kermesse, tanto da indurre l’autoaffondato ex Ministro della Paura a dirigere sapientemente le inquadrature dei cameramen in modo da non evidenziare sedie rimaste tristemente vuote. 
E non è che gli abbiano dato fastidio i simpatizzanti dei centri sociali, altri 10.000 partecipanti, che hanno tentato di marciare sul
Paladozza, sapendo benissimo di non poterci arrivare, e infatti prontamente sviati dagli idranti della Polizia. 
No, quelli li aveva messi in conto e sapeva come gestirli e girare in suo favore un contrasto a quel punto quasi rituale, agendo il suo solito eroico vittimismo: “
hanno cercato di farci tacere, ma noi (mussolininamente) tireremo dritto”.
Decisamente a fargli sentire un alito freddo sulla nuca sono stati i pesciolini di Piazza Maggiore. Migliaia e migliaia di persone che hanno risposto ad un appello che più informale non si potrebbe, lanciato da quattro ragazzi del tutto estranei alla politica organizzata e coronato da un successo enorme; 15.000 persone riunite, stipate, in una piazza senza alcun emblema di partito, con solo la silhouette di una sardina a denotarne il comune intento.

Tutte quelle persone, con preavviso minimo e senza alcuno sforzo organizzativo, si sono riunite per dire a Salvini che loro ne avrebbero abbastanza delle sue rodomontate e delle sue menzogne e che non è poi così scontato che gli italiani si bevano per forza tutte le sue imperiali puttanate.

Erano tutti di sinistra? Non lo so. Credo che molti lo fossero, e credo che tra di loro vi fosse una folta rappresentanza di quell’elettorato rifugiatosi nell’astensione perché privo di partiti votabili.

Comunque uno scricchiolio preoccupante per il
leone del Papeete che, a questo punto spera ardentemente che i partiti di sinistra, o sedicenti tali, facciano i consueti sforzi per mettere il cappello su un moto spontaneo, azzerandone ardore e spinta propulsiva con le solite smanie verticistiche e la proverbiale, e letale, ansia omologatrizzatrice.
Comunque sia, un abbastanza invelenito interlocutore del mio amico-sardina, dopo essersi prodotto in un incipit piuttosto desolante, ma preparatorio della qualità dialettica a seguire, ha non troppo sorprendentemente argomentato come segue:
«... in piazza ci vai quando manifesti contro la legge Reale o contro i Decreti Delegati, ma andare a manifestare contro un leader politico non ha neanche senso, perché viviamo in un regime che si chiama democrazia e se uno ha un progetto politico che non ti va semplicemente, molto semplicemente, non lo voti. In realtà voi 15.000 siete scesi in piazza per manifestare non contro Salvini, che se proprio non l'avete ancora capito in queste cose ci sta come un pesce in barile, no, avete manifestato contro quel 30% di vostri connazionali che lo votano, e questo mi fa francamente un po' incazzare. Chi siete voi per decidere che un terzo dei vostri connazionali sono nemici da combattere? La solita sicumera della sinistra, quelli bravi, quelli che hanno capito il mondo e te lo spiegano, perché gli altri, ovviamente, sono tutti deficienti da rieducare.»
Il resto ve lo risparmio, non aggiunge nulla al fatto che il soggetto ha della democrazia una concezione ad uso strettamente personale e ad assetto variabile, rozza e incompleta, e che in tutta evidenza non gradisce per nulla di assumersi la responsabilità del suo sentire, vedendo nel dissenso una insopportabile compressione alla sua facoltà di fare come gli sembra più opportuno.
La democrazia, riducendo il tentativo di definirla ai suoi minimi termini, consisterebbe nel poter dire quello che si desidera, quando lo si desidera mantenendosi entro i limiti della legge, sempre se in un contesto democratico e stato di diritto, e del buongusto e buona educazione, se possibile.

Detto questo in democrazia ognuno si assume le sue responsabilità. Tra queste vi è anche quella di portare in palma di mano un fannullone dedito alle menzogne più azzardate e uso ad addebitare ad altri le proprie colpe e a vendere come buoni risultati mai conseguiti, come fa abitualmente l'inutilmente lodato Capitano, mangiatore di nutella, festaiolo del Papeete ed ex Ministro della Paura, dedito alle improvvide dimissioni .

Comunque, e lo dico per amor di precisione, quel 30% di elettori votanti diventano in realtà il 22,5% degli aventi diritto, stante l'astensione stabilmente attestata sul 25%, cosa che rende quest'ultima il vero primo partito italiano.

Mi si dirà che non sono comunque pochi, ed è vero, ma non sono la maggioranza che pretendono di essere, e se decidono di prendersi la responsabilità di aiutare un pericoloso incapace a diventare il prossimo premier, io riconosco senz'altro loro il diritto di farlo, dopodiché sono comunque libero di argomentare come meglio preferisco circa le ragioni che li spingono a farlo, perché avranno anche il diritto di mandare a culo tutto, ma non gratis perdio.


sabato 9 novembre 2019

Berlino, 9 novembre 1989

Quel muro cadde, e con esso cadde una grande illusione, quella che una precisa e definita implementazione del socialismo, conosciuta sotto l'etichetta di socialismo reale, potesse essere una reale, praticabile e preferibile alternativa al capitalismo.

Molti di noi non ammettevano quel fallimento, che tutti conoscevamo pur negandolo per opportunità e, soprattutto, opportunismo politico.

Avremmo dovuto ammettere francamente che ciò che accadeva dietro la storica cortina era la malversazione di un'idea politica grandiosa e giusta, gettata via malamente e stritolata in un macchinario perverso di contingenze e dinamiche che ne minavano le basi stesse.

Dunque il muro cadde, travolto dalle sue stesse contraddizioni, lasciando campo libero al suo antagonista che però è vincitore unicamente per difetto, per abbandono dell'avversario, non certo per le sue presuntissime virtù peculiari.

Il capitalismo, a suo tempo tenuto a bada dalla versione intimamente minata di un socialismo fattosi realtà politica e istituzionale, ora non ha più alcun antagonista e si palesa in tutta la sua belluina cattiveria.

Il liberismo scorrazza incontrastato per tutto il pianeta, potendo oramai fare a meno di addolcirsi accettando il compromesso socialdemocratico o distribuendo quote di ricchezza, peraltro sempre più ristrette dato che il modello capitalista sta soccombendo, per consunzione sua e dell'ambiente che ha sfregiato, sotto il peso delle sue stesse contraddizioni.

Trent'anni fa quel triste manufatto venne abbattuto, nel tripudio dei cittadini berlinesi, lasciando sconcertato e tramortito chi vide cadere, con quelle lastre di cemento, i capisaldi stessi delle proprie convinzioni.

Vi fu chi risolse quello choc saltando a piè pari nel campo avverso, diventando liberista, e della qualità particolarmente spietata e intollerante, come accade a tutti i traditori che hanno cose da farsi perdonare nel loro passato, ma i più rimasero percossi e attoniti, e in gran parte hanno risolutamente deciso di non elaborare il lutto, rifiutandosi di trarre le dovute determinazioni dall'accaduto.

Il risultato è che la sinistra, in senso lato, è sostanzialmente scomparsa.    La base si è in gran parte rifugiata in una timorosa astensione, non avendo più nulla da votare senza venir meno alle proprie convinzioni e conscia del mancato presidio delle proprie istanze.

I dirigenti, funzionari e attivisti di varia specie, di contro e quando non passati blairianamente armi e bagagli dall'altra parte, si sono invariabilmente rifugiati in una cipigliosa ortodossia politica che, più che altro, serve ad occultare il fatto che non hanno la minima idea di che pesci pigliare.

A dirla tutta non hanno neanche la minima voglia di capirlo, perché in realtà non sono ancora pronti a farlo, pur dopo tutto questo tempo.
Troppe cose dovrebbero ammettere di avere sbagliato, e troppo ardite le conclusioni che dovrebbero trarre, chiusi come sono in una ferrea gabbia di conformismo ideologico che fa del richiamo alla prassi, teoria, prassi un citazione dal sapore liturgico e privo di effetti sul piano reale.

Quella gabbia, in realtà serve solo a rassicurarli, a mantenerli in un mondo ideale ove il disastro non è mai avvenuto, in attesa che il mondo reale si renda conto del proprio sbaglio, il che è una definizione abbastanza accurata di sindrome schizofrenica.

In realtà quel muro, cadendo, seppellì sotto di sé la cattiva interpretazione di un'idea. Quell'idea però non può essere semplicemente ritirata fuori e rimessa sul piano di lavoro dopo una spolveratina.     Molte cose sono cambiate da quando venne formalizzata e troppi degli elementi che intendeva contrastare e correggere sono nel frattempo scomparsi o mutati.       

Il cuore di quell'idea è tuttora potente e vitale, il progetto è valido e meritevole di essere perseguito, ma bisogna cambiare la borsa degli attrezzi per così dire, e quei custodi dell'ortodossia marxista non intendono fare questo sforzo, non sanno neanche da dove cominciare e anzi si oppongono a chi tenta di farlo, prontamente e opportunamente collocato tra i nemici di classe.

Ed è un contrasto piuttosto efficace tra l'altro, infatti la sinistra è catatonica, il capitale imperversa e il suo lugubre angelo nero, il fascismo, si sta ovunque risollevando.

martedì 1 ottobre 2019

Certe scelte sono un lusso... e non risolvono i problemi.


Con una dinamica inversa, rispetto a quanto faccio normalmente, un mio post su Facebook diventa un articolo sul mio blog che accoglie i:
"Pensieri sparsi di un anziano sessantottino che contempla un mondo che ha imboccato una strada ben diversa da quella che si aspettava".  
Lo faccio per dare una base più permanente e più agevolmente rintracciabile ad una riflessione che altrimenti perderei , e in breve tempo, nel mare magnum dell'ambiente social.



Mi ero ripromesso di non scrivere più la parola vegano nei miei post, perché quando lo faccio finisco poi per accapigliarmi con persone che stimo, anche se non ne condivido le scelte, ma i tempi sono quelli che sono e i sintomi evidenti del dissesto ambientale occupano sempre più spesso le nostre esternazioni.


Questo significa che sempre più spesso viene individuata nella scelta vegana una possibile via d'uscita dal problema, seppure su basi che neanche sfiorano il cuore morale di quella scelta, dimostrando dunque che, a dispetto di un'apparente convergenza, i vegani rimangono ben fraintesi.

La scelta vegana in realtà non è in sé risolutiva, e neanche credo pretenda di esserlo, ai fini ambientali perlomeno.   Penso si possa definirla una scelta morale il cui limite, almeno per come la vedo io, sta nel fatto che è maturata in una situazione di abbondanza, e consentita da presupposti che sono propri di un contesto avanzato e, dunque, intimamente dissipativi.

Essere vegani non comporta solo adottare un'alimentazione differente (e non conforme alla nostra natura vorrei aggiungere, almeno in base alle nostre caratteristiche fisiche intrinsecamente onnivore), ma anche il rifiuto di utilizzare oggetti, additivi, indumenti ed accessori derivati dagli animali.

Questo significa, per gli indumenti, che è necessario evitare pelle, cuoio e lana, ma anche trattamenti di fibre vegetali con sostanze derivate da fonti animali. Ne deriva che i nostri piedi dovrebbero calzare zoccoli con tomaia in fibra vegetale, e i calzoni andrebbero sorretti da un tratto di corda, oppure dovremmo fare massiccio ricorso, come già sta avvenendo, a fibre sintetiche, spesso malsane a contatto con il corpo, e che hanno una bella fetta di responsabilità nel dissesto ambientale. Ma pure vestirsi di cotone e lino, nei nostri rigidi inverni, presenta qualche controindicazione.

Però non si tratta solo di individuare criticità o contraddizioni, vere o presunte, nella scelta vegana, perché credo che il problema vero stia nel fatto che siamo troppi, e che dunque qualsiasi opzione circa la nostra alimentazione, ma più in generale per ogni nostra attività, metta in crisi l'ambiente e le nostre prospettive non solo di benessere, ma anche di sopravvivenza.

La scelta morale di non cibarsi di carne può avere importanti e benefiche conseguenze sull'ambiente, vanificate però dal fatto che, rinunciando alle fibre sintetiche, per via delle loro implicazioni, dovremmo decidere se porre il terreno coltivabile al servizio della produzione alimentare, a discapito di quella tessile, o viceversa, perché vestire e sfamare 7 miliardi di persone, a crescere, non è semplice.

Se poi dovessimo andare incontro ad un collasso a questo punto non così improbabile, con perdita, o estrema penuria, di carburanti fossili e base industriale insufficiente a sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili, quanti vegani accetterebbero di trainare personalmente il vomero che dissoda la terra ed il carro che trasporta i prodotti agricoli? Perché naturalmente sfruttare buoi o cavalli per compiere un lavoro per loro innaturale sarebbe profondamente immorale.

Siccome credo che nessuno accetterebbe di compiere certi massacranti lavori, ne consegue che dovremmo decidere le quote di terreno da riservare alla produzione tessile, a quella alimentare e a quella per il sostentamento animale.

A quel punto, essendo noi così numerosi, non potremmo far altro che contendere quei terreni alla popolazione animale selvatica, che dunque tenderebbe a cibarsi delle nostre colture, costringendoci a reagire abbattendo gli incursori.

Ripercorrendo poi un sentiero già battuto agli albori della nostra storia, utilizzeremmo i capi abbattuti per rifornirci di proteine, pellame ed ogni altra parte utile.

Forse il problema, complesso, prevede soluzioni altrettanto complesse, ma d'altra parte arretrare industrialmente potrebbe, vedendola cinicamente, risolvere il problema demografico mietendo vittime per fame e malattie, riducendo dunque l'impatto antropico, ma lasciando una situazione di arretratezza nella quale i presupposti per una scelta vegana non ci sarebbero proprio.

giovedì 26 settembre 2019

Guardiamo le ombre e li vediamo grandi, ma solo perché siamo al crepuscolo.


Torno ancora su una sottolineatura che mi è cara, ovvero quanto il livello di astensione dal voto contribuisca a creare forti turbative nella conduzione politica del paese, e non venitemi a sfrucugliare con le puttanate da assemblea condominiale sull'assente, "che ha sempre torto", perché qui non si tratta di decidere che tipo di lampadine mettere nelle plafoniere dei pianerottoli, anche se pure quello ha la sua porca importanza. Il fatto è che non siamo mica sulla piattaforma Rosseau, dove lo zero virgola caccola conta come una folla.
Se ti ritrovi con una classe politica così scarsa e di bassa... Lega da lasciare a casa quasi metà degli aventi diritto, quota comunque in costante accrescimento, significa che una parte dannatamente importante dell'elettorato non vede presidiati i propri interessi ed aspettative, tanto da non recarsi più alle urne, perché questo significherebbe votare qualcuno che prenderà decisioni a loro sgradite.
Il pirlone di cui sopra, quello che mi percuote lo scroto con "l'assente che ha torto" mi dirà certamente che non votare significa, nei fatti, votare per chi vince, giusto? No, frescone, sbagliato, perché quando ogni voto che potresti esprimere è contrario ai tuoi interessi, l'acuto pensamento strategico che mi elargisci è buono quanto un ficcante pensierino da biscottino della fortuna. Ti faccio un esempio, così magari la capisci perfino tu. Dunque: sono un ex sessantottino rimasto sempre fedele ai miei principi giovanili, seppure molto mortificati da una realtà scoraggiante. Ho tra i miei valori la solidarietà, l'uguaglianza, il perseguimento della dignità umana e dei diritti delle classi che costituiscono l'ampia base della piramide sociale. Ho operato per tutta la vita lavorativa nel sindacato, anche se con compiti minimi, ho sempre seguito il dibattito politico e sono impegnato nella cooperazione internazionale. Inquadrato il tipo? Andiamo alle urne; cosa voto? Certo non la Lega, e neanche M5S visto che il suo preteso postideologismo nasconde molto malamente un populismo similperonista, confusionario e pericoloso. Non è certo più il caso di votare PD, anche se in passato l'ho fatto, ahimè, turandomi il naso, ed altri orifizi che non sto a dirti, di cui perlomeno uno è stato poi violato grazie al tradimento renziano e alla mutazione teratogena in partito campione del liberismo. Degli altri partiti, quelli sullo sfondo e spesso al traino dei più grossi, non è neanche il caso di parlarne.
Ecco, a dire la verità, siccome l'astensione è contraria al mio modo di vedere la politica e alla visione che ho dei diritti di cui godo in quanto cittadino della Repubblica, finora io non sono riuscito a risolvermi a rifuggire dal mio diritto-dovere di voto, e da un certo punto in avanti sono tornato a votare la "cosa" più a sinistra che ho trovato sulla scheda, un partito ben nascosto nella dicitura "altri", a testimonianza della sua straordinaria capacità di convincere qualcuno, fuori di alcuni appassionati sostenitori, il cui attaccamento rischia di essere più che altro puro fideismo. L'ho fatto ben sapendo che neppure quella formazione mi rappresentava, intenta com'era a corteggiare uno scenario ormai morto e sepolto con la fine della fabbrica fordista e di tutto ciò che ne conseguiva. Dunque in realtà, con forse più di un pizzico di ipocrisia, ho votato, ma funzionalmente e moralmente è come se mi fossi astenuto. Comunque sia non ha fatto alcuna differenza. Chiunque io e milioni di altri astenuti avessimo votato, avremmo in ogni caso portato l'acqua al mulino di qualcun altro, facilmente di un nostro nemico.

Non è una bazzecola questa dell'esplosione del fenomeno astensione. E' un sintomo gravissimo che ci dice, né più né meno, che

LA NOSTRA DEMOCRAZIA E' GRAVEMENTE MALATA
Non si tratta solo di ricordare a Sua Ferocità Salvini che le sue pretese di rappresentare il popolo italiano, nientemeno, sono una bestialità assoluta, anche se si prende in considerazione il dato più benevolo, figuriamoci quello effettivo al netto degli astenuti, bisogna che anche tutti gli altri capiscano che non possono rilassarsi più di tanto, e che anche loro rappresentano in realtà quattro gatti, di cui perlomeno tre non sono neanche troppo convinti, essendo il quarto un "mangianegri" anticomunista a prescindere. La verità, cruda quanto di solito è capace di essere, è che a fronte del "popolo italiano", da tutti tirato per la giacchetta, sta una pletora di pesi mosca spesso eterodiretti e opachi in tutte le loro manifestazioni. Vorrei finire con una menzione speciale per i miei compagni di fede progressista, comunista, socialista, marxista-leninista, o come cazzo preferiscono definirsi.
Avete dato un'occhiata a questo sondaggio? O a qualsiasi altro, tanto è lo stesso. Quale famiglia politica brilla per la sua totale ASSENZA? Ecco, si, bravi. La sinistra manca del tutto, e non sarà certo chi ha scippato la denominazione "La Sinistra", col suo ridicolo 2,1% o i compagni "a sinistra delle guardie rosse cinesi" a risollevare le sorti della famiglia politica, o a convincere quegli astenuti a tornare alle urne. Facciamoci tutti, marzullianamente, una domanda... e vediamo di darci una risposta, una buona volta.

martedì 24 settembre 2019

Una fatale "zona Cesarini".

Grande spazio, e giustamente, sta ottenendo il discorso di Greta Thunberg all'ONU, dato che i problemi climatici ed ambientali, lungamente e criminalmente trascurati, stanno alla fine presentando il conto salatissimo che discende dalla nostra irresponsabile incuria, ma io mi chiedo quanto sia corretta ed adeguata l'enfasi che molti pongono sul conflitto generazionale che emerge dall'eloquio della giovane studentessa svedese.

O piuttosto mi chiedo se questa enfasi non sia dovuta più ad un nostro (degli adulti) senso di colpa non ancora ben meditato e vissuto in forma espiatoria e inutilmente tale, nel senso che essere contriti, in sé, non è di alcun aiuto.

Lo scempio dell'ambiente non è, banalmente, il prodotto dell'irresponsabilità degli adulti verso le generazioni a venire, o perlomeno non è solo questo, e in realtà non è neanche il nucleo centrale del problema il quale, a mio avviso, discende piuttosto da due fattori principali.

Il primo è la mancata comprensione dell'impatto che la crescita della popolazione mondiale ha sulla capacità del pianeta di produrre risorse bastanti per tutti e ai ritmi attuali e prevedibili, con i ratei di crescita dissennati che alcuni, anzi, auspicano.

Il secondo, che accoglie gli "auspicanti" di cui al capoverso precedente, risiede nelle modalità operative e fondamentali del modello economico capitalista, che è inefficiente, dissipativo e totalmente incapace di una progettualità a lungo termine, perché fondamentalmente non è interessato a svilupparla.

Il secondo fattore, la cicala capitalista, ha tra l'altro il diabolico effetto di amplificare a dismisura gli effetti del primo.

Forse Greta ha ragione quando ci (mi?) rimprovera per non esserci opposti meglio e in tempo allo stupro del pianeta, ma molti di noi in realtà si sono a lungo e tempestivamente pronunciati, rimanendo peraltro del tutto inascoltati, anche dai giovani, contro un sistema che non tiene in alcun conto la solidarietà tra gli esseri umani e le generazioni passate, presenti e future, e che privilegia il profitto, elevato a categoria dello spirito, intangibile e non negoziabile.

Non vorrei che, alla fine, addebitando alle generazioni adulte il peso esclusivo della responsabilità per il dissesto climatico, non si finisca per dare una dimensione individuale a qualcosa che ha invece valenza sistemica, e che costituisce espressione di un dispositivo coercitivo per superiori capacità economiche.

Personalmente comprendo benissimo come un abitante dell'Africa subsahariana possa vedermi come un individuo assuefatto a livelli sibaritici di benessere, dai quali lui è virtualmente escluso e dei quali ne fa le spese, ma spesso mi chiedo se è cosciente di come la mia attitudine agli sprechi diventi quasi frugalità, mi si perdoni questa forzatura dialettica, a fronte degli sprechi dissennati di un cittadino statunitense medio, uno di quelli che, per dirne una, non spegne mai le luci di casa.

Però, così come mi pare sbagliato attribuire responsabilità esclusive a questo contrasto tra sud e nord del mondo, mi sembra altrettanto errato sottolineare l'antagonismo generazionale, quando il problema sta tutto in un sistema che travalica tempo e collocazione geografica.

Noi non risolveremo il problema attribuendo a quegli antagonismi le colpe del disastro prossimo venturo.      La contrizione di stampo paracattolico non servirà a nulla, come non servirà individuare i responsabili, limitandosi alla dimensione morale di questa individuazione.      


Quello che sarà indispensabile fare sarà piuttosto individuare modelli e stili di vita non dissipativi, moderare, e di molto, le aspettative e adattarci ad un comportamento maggiormente frugale, rinunciando a cose che non sono per nulla indispensabili, ma che sono spacciate per tali solo perché in grado di spremere margini di profitto che poi vanno a vantaggio esclusivo di gente che, oltre a detenere la fetta più grossa della ricchezza disponibile, è titolare dei comportamenti maggiormente inquinanti e scialacquatori, quelli che ci stanno portando alla morte entropica della specie umana e di gran parte delle forme di vita del pianeta.

Il momento è grave, ed il tempo che ci rimane per cercare di mettere riparo ai danni non è molto, questo dovremmo ritenere dall'appassionata perorazione di Greta: dobbiamo darci una mossa, e individuare le responsabilità del dissesto deve servirci solo ad ottimizzare la risposta. 

giovedì 29 agosto 2019

La vita è fatta di occasioni perse




Nel 2013, prima che il narcolessico Crimi e la solare Lombardi partecipassero alla famosa diretta streaming al solo scopo di pigliare per il culo il povero Bersani, peraltro sotto dettatura grillesca dato che la loro autonomia di pensiero si esauriva tutta già nella scelta del cornetto durante la prima colazione, io pensavo che il dato politico più rilevante delle votazioni svoltesi quell’anno consistesse nella prorompente affermazione dei cosacchi pentastellati.

M5S, infatti, uscì letteralmente dal nulla per piazzarsi al terzo posto, a un soffio dal PDL (secondo, ma in forte calo) e non molto distanti dal PD che, con la coalizione Italia bene Comune, si attestò al primo posto.

Non è, la mia, una semplice ed oziosa rilevazione notarile. I tre primi partiti erano separati da pochissimi punti percentuali e rappresentavano un vincente senza abbrivio, un secondo arrivato già olezzante come una carogna ben stagionata, ed un club dopolavoristico di neosanculotti che nel bene e nel male, soprattutto quest’ultimo, si avviava a rappresentare le istanze di riscossa di una parte importante, e potenzialmente in crescita, di un popolo deluso e incarognito dal pessimo spettacolo offerto dai partiti tradizionali.

A quei tempi io già nutrivo forti dubbi sull’assai indefinito programma piddino, poi metastatizzatosi nel tradimento della propria duale appartenenza, al campo socialista ed al cattolicesimo democratico, e sapevo già, con ogni più intima fibra del mio essere e grazie alla mia pluridecennale osservazione dei processi politici, che gli apritori di tonno parlamentare, molto efficaci nel campo poco impegnativo dell’opposizione urlata, avrebbero fatto un tonfo rumorosissimo una volta transitati nel settore di chi deve attuare una politica governativa, o anche solo produrre leggi e decreti con un minimo di verosimiglianza.

Pensai a quei tempi che Bersani avrebbe dovuto sedersi al tavolo di quella indecorosa diretta e tirar fuori un voluminoso paio di gran coglioni, oltre ad una smisurata faccia di tolla, e dire:

guardate, noi siamo arrivati primi, ma di poco, e chiunque sappia di politica vede che voi del Movimento avete saputo interpretare il disagio dell’elettorato meglio di chiunque altro. A questo punto mi sembra chiaro che se noi abbiamo la forza, voi avete la fiducia della gente quindi, sapete che c’è? Andiamo dal Presidente e diciamo che il PD appoggerà un esecutivo pentastellato nel quale noi potremmo avere qualche ministero, ma anche no. Ci state?”

A quel punto i pentastellati, che ancora ci pigliavano per il culo con la storiella del facciamo le cose con chi ci sta, o accettavano, avviandosi poi a dimostrare con un anticipo di cinque anni che razza di pericolosi incompetenti sono sempre stati (e il PD avrebbe potuto staccare la spina in ogni momento), oppure fiutavano il pericolo e si ritiravano, magari senza infliggere a Bersani quella penosa umiliazione, ma assicurando al PD una posizione morale meno precaria di quella che poi propiziò il penoso spettacolo che seguì e, magari, evitando di aprire la strada alla deriva renziana, con relativa distruzione dello Statuto dei Lavoratori.

Ai tempi, esponendo questa mia idea, mi guadagnai sonori pernacchi e numerosi e sanguinosi insulti, ma a me fu chiaro fin dall’inizio che a quelle elezioni qualcuno 

perse vincendo e qualcun altro vinse perdendo

e che la situazione avrebbe meritato un approccio il meno ortodosso possibile, proprio perché, rimanendo nel solco della prassi consolidata, come in effetti avvenne, tutto quello che seguì, lo psicodramma della rielezione del Presidente della Repubblica, il festival del franco tiratore e le più infide pratiche di opportunismo parlamentare, si sarebbe concretato con la stessa sicurezza per la quale il tanfo ristagna su un letamaio, per non parlare delle premesse per il successivo, per quanto malissimo utilizzato, successo elettorale pentastellato, preparato, facilitato e sdoganato dalla successiva berlusconizzazione, per via renziana, del PD.

Solo un anno dopo, nel 2014, vi fu quell’altra diretta, tra Renzi e Grillo, ma si trattò di puro e semplice teatro, un’occasione per segnalare a tutti che la distanza tra i due soggetti era siderale ed incolmabile, con i due capataz che parlavano alle proprie rispettive basi mostrando il massimo disprezzo possibile per il proprio interlocutore, al quale si rivolgevano solo in quanto elemento scenografico di soliloqui sovrapposti.

Oggi noi abbiamo, nelle posizioni apicali del favore elettorale, tre soggetti variamente scossi:
  • il PD, che è l’ombra del partito che sbandierava il 40,8% alle europee del 2014, ha in sostanza due segretari, quello ufficiale ostaggio di quello dimesso ma mai effettivamente rimosso, con relativa incerta traiettoria; 
  • M5S, che ha passato gli ultimi 15 mesi a smentire i propri irrinunciabili capisaldi morali e a farsi brutalizzare da un partito originariamente di seconda schiera, ha perso per strada qualche milionata di voti, pressoché dimezzandosi; 
  • la Lega , partito capeggiato da un soggetto, Sua Ferocità Salvini, che è riuscito in un batter di ciglia a passare dall’essere il più accorto animale politico del momento a far la figura del peracottaro, sbagliando tempi, strategia ed esibendosi in indecorosi comizi autoassolutori, scivola bruscamente nei sondaggi fin qui baldanzosamente rivendicati, perdendo 5 o 6 punti percentuali, fino ad ora.


Il Paese è ad una svolta cruciale, ma non è attrezzato per affrontarla al meglio.
Il sedicente Governo del Cambiamento ha costruito le premesse per una manovra finanziaria lacrime e sangue (una delle ragioni che, nel tentativo di sottrarsi alle proprie responsabilità, ha originato l'improvvida sceneggiata salviniana), manovra che si avvicina implacabilmente, mentre l'economia della locomotiva teutonica, dalla quale dipendiamo, ansima e scricchiola in una salita inaspettata e le paturnie britanniche si apprestano ad assestare un colpo micidiale agli asfittici indicatori economici comunitari.

Il ricorso alle urne, velleitario e quantomeno prematuro, rischierebbe comunque di perpetuare lo stallo attuale per via dello smagrimento leghista e della permanenza di una legge elettorale che ha pretese maggioritarie, ma che, mancando del tutto un partito del 51%,  richiede ugualmente ai partiti una capacità, al momento del tutto inesistente, di praticare un tipo di politica ormai dimenticata, fatta di capacità di mediazione e chiara visione dei pesi effettivi degli attori coinvolti, con conseguente visione realistica degli obiettivi perseguibili.

E così ora abbiamo partiti che hanno passato gli ultimi sette anni ad accoltellarsi, fantasticando sulla onorabilità e propensione alla promiscuità interrazziale delle donne e sull'incerta sessualità degli uomini delle formazioni avversarie, che improvvisamente si trovano a cercare di mettere assieme un programma di governo, negando tutto ciò che avevano precedentemente affermato e pigliandoci tutti per scemi, pretendendo di propinarci ragioni ridicolmente disinteressate per giustificare il loro attaccamento al potere, conseguito o da riguadagnare.

Io non so come andrà a finire, ma uno degli indicatori certi della nostra miserevole condizione è che essere scampati, per il momento, all'avvento del novello uomo della Provvidenza, il paninofago Salvini, a molti sembra già un buon affare.

Si naviga a vista su una nave lunga 50 metri, con la plancia situata a poppa ed una visibilità di 20 metri scarsi, e lo facciamo sottocosta, su bassi fondali e fondo roccioso.