lunedì 24 febbraio 2020

Università della vita, un pessimo ateneo.




Oggi ho condiviso un post della mia amica Annalisa Santi, appassionata tanguera e valente ricercatrice matematica, che sottolinea un effetto spesso sottovalutato nel campo della statistica, e più in generale, nella valutazione di ogni umana attività.

Quando si procede ad una qualsiasi attività di rilevazione di fatti e fenomeni, bisogna tenere ben presente che eventuali confronti vanno fatti tra situazioni che risentono degli stessi presupposti oppure, se le condizioni di base ed ambientali cambiano, bisogna saper inserire nella valutazione gli opportuni correttivi, cosa peraltro di non immancabile efficacia e con tassi di verosimiglianza spesso opinabili..

Io non posso, per esempio, trascurare l'incidenza di un qualsiasi fenomeno o evento per decenni e poi, non appena mi do la pena di ricercarne la ricorrenza, ululare alla luna per un "drammatico incremento del fenomeno" che rilevo, e di cui fino a poco fa me ne sbattevo bellamente.
Incremento rispetto a che cosa, benedetto iddio? Rispetto al disinteresse che nutrivo per la cosa fino a cinque minuti fa?

Si tratta però di un errore più comune di quanto si pensi, soprattutto in tempi di tuttologi laureati all'università della vita e di mestatori seriali con finalità politiche, che deriva dal confronto di situazioni che si sviluppano in base a dinamiche non direttamente confrontabili, o rilevate con criteri non omogenei, o derivanti da differenti condizioni di base, trattate però come se fossero del tutto omologabili.

Mi viene in mente, in proposito, mia madre, classe 1921, che diceva sempre che "un tempo non c'erano tutti questi tumori".     
Si tratta di un'affermazione sicuramente drammatica, e molti tendono a sottoscriverla senza indugio alcuno, ma noi in realtà non possiamo affermarlo con tutta quella ostentatissima sicurezza, dato che la gente un tempo moriva prima di poter soccombere ad un carcinoma e per altre malattie, poi diventate curabilissime (tra l'altro nel frattempo anche molti tumori non sono più la condanna a morte di un tempo), e credo di poter affermare, senza tema di essere smentito, che sia difficile fare confronti epidemiologici decenti per le patologie tumorali tra chi è nato, vissuto e defunto prima e dopo Chernobyl, per fare un esempio.

In particolare Annalisa esprime sconcerto nei confronti di chi sostiene che in Italia sia in corso una drammatica epidemia, mentre nella vicina Francia non stia praticamente accadendo nulla.

Eh certo, apparentemente è così. Solo che mentre da noi si fanno "tamponi" a tappeto, oltralpe se ne fa uno ogni 7,5 dei nostri. Ovvio che da noi risultino più casi di contagio, dato che li andiamo a cercare.
Per quanto ne sappiamo a Parigi torme di "untori a loro insaputa" stanno seminando "vairus" (si, c'è anche chi anglicizza il termine) a secchiate, e tra una settimana o due assisteremo a procedure di isolamento tra i vari dipartimenti (le loro province) non dissimili dalle nostre.

O magari i nostri cugini transalpini avranno reazioni più rilassate delle nostre, o forse no, perché il francese medio sarà anche meno melodrammatico di noi, però in compenso è molto più irascibile e tignoso. Forse non andrà in panico, ma cercherà qualcuno da ghigliottinare davanti alle pronipoti delle tricoteuses del XVIII secolo, magari sfoggiando un gilè giallo.

Ma c'è un'altra considerazione da fare. Per quanto risulta fino ad ora, questa epidemia non è letale come il sovraeccitato animo di qualcuno sembra pensare.
Le possibilità di contagio e gli esiti letali (pochi e confinati a soggetti già provati da precedenti patologie, che li rendono meno resistenti) sono quelli della comune influenza, che ha gli stessi fattori di rischio e tassi di trasmissibilità, ma che percepiamo come "normale", ragione per la quale passiamo attraverso a cicliche epidemie ogni anno senza fare neanche una piega.

Non ci sarebbero, a ben vedere, gli estremi per gli scaffali vuoti nei supermercati del lombardo-veneto, però è quello che sta accadendo, perché quando si sta in mezzo alla folla e si grida “al fuoco” poi certe conseguenze sono inevitabili.

Vorrei infine rilevare che l'amministrazione leghista lombarda si è stranamente ben portata, fin qui, nella gestione della questione Covid19,e mi costa un po' dichiararlo, come ho già manifestato sui social, data la scarsa considerazione che ho di quella parte politica.

Sono state attivate strutture e procedure forse sovradimensionate, ma in questo tipo di emergenze non è sbagliato eccedere, entro certi limiti.

Il problema, semmai, sta in certi sovraeccitabili laureati presso il frequentatissimo e tossico ateneo di cui al titolo, che abboccano a tutte le corbellerie possibili e immaginabili e che, pur essendo ignoranti come capre poco sveglie, elaborano teorie demenziali post-apocalittiche alla Mad Max, senza minimamente riuscire a tenersele per sé.


giovedì 13 febbraio 2020

Piove sul giusto, ma anche sull'ingiusto, occasionalmente e per cambiare.

Sallusti, impareggiabile megafono della versione berlusconian-destraiola della realtà in questo disgraziato paese, conciona sull'uso politico della magistratura e su una a suo dire "mancata" separazione dei poteri costituzionali nella vicenda della concessione dell'autorizzazione a procedere contro l'ex Ministro degli Interni, Sua Ferocità Salvini, per la vicenda di Nave Gregoretti.

A suo dire questa sconcezza, che tale è il giudizio dell'incredibile direttore responsabile de Il Giornale, sarebbe stata messa in atto consentendo che il cittadino Salvini, come tutti i cittadini di questo paese, venisse messo nella posizione di rispondere del proprio operato in un'aula giudiziaria.

Il cittadino senatore Salvini verrà dunque giudicato, dopo che gli è stato 
contestato un reato, nei termini e modi previsti dalla legge, e dopo che un dispositivo di salvaguardia, di cui non tutti i cittadini possono beneficiare, ovvero un'autorizzazione parlamentare rilasciata in due fasi successive, commissione ed aula, ha detto che sì, Sua Ferocità Salvini ha operato in modo abbastanza opaco da meritare un procedimento giudiziario.

Vorrei peraltro sottolineare che un'azione giudiziaria è cosa diversa da una condanna, ma anche dall'assoluzione "a prescindere" che Sallusti, Salvini e tutto il bestiario della destra auspicavano.

Del resto che si può pretendere da chi sostenne senza vergogna i ridicolissimi e presuntissimi rapporti di parentela di un'arrogante ragazzina marocchina con un presidente egiziano?

Io non sono certo un'estimatore di Emma Bonino, ma oggi ho ascoltato una sua dichiarazione che condivido in pieno.
La senatrice infatti ha detto che Salvini ha il diritto di difendersi in "un processo", ma non quello di difendersi "dal processo".

E sì, esimio direttore Sallusti, e garantisti destrorsi a comando, ma normalmente forcaioli con i vostri avversari, viviamo in uno stato di diritto, nonostante i vostri titanici sforzi per far finta di stare in una "democrazia discrezionale".
Gli individui sono liberi di agire come credono, ma poi devono assumersi la responsabilità di quello che fanno, e la sede ove ciò avviene è un'aula, ma non quella parlamentare, bensì quella di un tribunale.

E ancora si, miei cari analfabeti costituzionali, tali non per ignoranza, ma per calcolo, il Senato della Repubblica non ha condannato Salvini, e neanche lo ha assolto, perché non è nelle sue prerogative farlo.  Quella è una funzione che viene svolta altrove.

Quello che può fare il Senato è mettere in atto una decisione, quella si politica, che sancisce che l'operato di un ministro della Repubblica è tale da meritare, o meno, un esame da parte della Magistratura, la quale, in questo caso, agisce solo dopo che un altro potere, quello legislativo, ha consentito che ciò accadesse.

Dunque quello che può fare il Senato è sottrarre un parlamentare al vaglio della giustizia, e spesso l'ha fatto, proprio con il senatore Salvini tra l'altro ed in una precedente occasione, ma non questa volta.


E alla fine non è detto che Salvini venga condannato, ma certo farà "fruttare" questa faccenda con la sua abituale e invereconda furbizia da peronista fallato.
Nulla, in questa vicenda costituisce un vulnus per le istituzioni, tranne il suo tentativo di porsi fuori della legge e di atteggiarsi a vittima.

Il Senatore Salvini sperava forse di farla franca, come nel caso di Nave 
Diciotti, solo che chi gli lanciò allora una ciambella di salvataggio, l'ondivago M5S, ora non ha battuto ciglio ed ha votato per l'autorizzazione a procedere. 

Quando ha capito che questa volta non avrebbe potuto ricattare con successo gli alleati che a suo tempo congedò con l'improvvida crisi di governo che decretò il tramonto del Conte 1, il prode Matteo ha deciso di giocarsela sul lato emozional-ricattuale, calandosi nelle vesti di difensore della Patria, vittima dei poteri forti, disegnandosi come vittima e gettando, leoninamente, non il cuore oltre l'ostacolo, bensì i figli, quelli sì innocenti e incolpevoli.

Non so come andrà a finire, e in fondo il GIP potrebbe pure decidere di non procedere, però mi disturba parecchio chi ciancia, inutilmente e non solo a destra, di "politica per via giudiziaria".
Noi siamo un paese che ha avuto come Presidente del Consiglio un personaggio che è stato condannato in via definitiva per reati di natura fiscale, commessi mentre era in carica o da parlamentare della Repubblica, e che ha caldeggiato leggi che hanno frenato il regolare decorso dei procedimenti nei quali era imputato.

In uno stato di diritto chi sbaglia deve essere giudicato e, se del caso condannato.   Se qualcuno pensa che lo status di deputato o senatore costituisca motivo di automatica impunità, ebbene credo che dovremmo allora parlare piuttosto di "giustizia per via politica", come in una buona, vecchia, cara, nauseabonda e schifosa repubblica delle banane qualsiasi.