lunedì 22 luglio 2019

Il disastro è organizzato, i soccorsi no. (M. Marchesi)


In questo disgraziato paese potrebbe concretarsi, alle prossime elezioni politiche forse imminenti, la possibilità di un monocolore fasciolegaiolo.

Questa eventualità, confermata continuamente dai sondaggi, potrebbe inverarsi nonostante l'oggettiva impresentabilità rodomontesca di Sua ferocità Salvini e la sicumera bullesca delle sue indimostratissime accuse a chiunque gli si opponga.

Altri elementi che dovrebbero ostacolare quella eventualità sarebbero:
  • il continuo affiorare di scandali personali e partitici riguardanti la Lega ed i suoi rappresentanti/militanti;
  • l'ipotesi di possibile alto tradimento nell'affaire russo, con la tentata e, pare, mancata vendita di una futura influenza del Cremlino su un governo italiano con componente leghista;
  • la vicenda dei famosi 49 milioni, convenientemente rateizzati ed ora magicamente rielaborati a 18,5 milioni, nel bilancio del partito, grazie all'escamotage dell'attualizzazione del debito, così da poter rivendicare, quando la memoria si sarà un po' appannata, un danno meno grave all'erario;
  • il passato irredentista, per così dire, del mangiatore di nutella, oggi impavido patriota italico che però fino a poco tempo fa non si sentiva rappresentato dal tricolore, quello che Bossi voleva bruciare;
  • il continuo tracimare di Sua Ferocità il Capitano oltre i propri poteri ministeriali e in supremo spregio di leggi, Costituzione e istituzioni;
  • l'invereconda esibizione di fastidio per l'autonomia, costituzionalmente garantita, di un potere indipendente come quello giudiziario, salvo quando rateizza ad ottant'anni la restituzione del maltolto ovviamente, avendo già manovrato efficacemente per accorpare quelli legislativo ed esecutivo, perlomeno sul piano pratico e funzionale.


Nonostante il profilo sostanzialmente eversivo di un segretario politico privo di vergogna e ritegno, oltreché profondamente incolto, e la sostanziale mancata attuazione di ogni promessa elettorale, neanche sul fronte del contrasto all’immigrazione, che è risultato molto mediatico e poco effettivo, la presa che Lega e Salvini hanno sull’elettorato sembra salda e in continua progressione, e viene da chiedersi il perché di cotanto autolesionismo da parte del corpo elettorale.

Non saprei esattamente cosa rispondere, salvo che la competizione elettorale, e con essa la dinamica politica in senso lato, risultano irrimediabilmente sabotati dalla mancanza di una componente autenticamente di sinistra, vitale e propositiva, rendendo di conseguenza il funzionamento della democrazia, in quanto sistema, parziale e sbilanciato.

Ma in realtà penso da tempo che vi sia anche una componente umorale e preconscia, intrinsecamente irrazionale. Si tratta di quello che Alberto Ronchey nel ‘79 definì fattore k, ovvero un anticomunismo viscerale in servizio permanente effettivo e che identifica quale devastante piaga biblica tutto ciò che è appena un micron più a sinistra di una blanda interpretazione di una socialdemocrazia à la façon scandinava, rendendo immediatamente congrue e adeguate le contromisure da attuare per sottrarvisi, anche le più irrazionali, controproducenti e disastrose.

C’è un pensiero che espresse Jeff Sparrow e che così spesso, e inutilmente parrebbe, citiamo su Facebook, che dice:
Tutto quello che ci faceva paura del comunismo – che avremmo perso le nostre case e i nostri risparmi, che ci avrebbero costretto a lavorare tutto il tempo per un salario scarso e che non avremmo avuto alcuna voce contro il sistema – è diventato realtà grazie al capitalismo.
La Lega, ne sono convinto, non potrà che condurci al disastro, una sorta di 8 settembre 2.0 quale ineluttabile punto di arrivo di una gestione prona ai desiderata del grande capitale, avventurista e profondamente antipopolare, ancorché spiccatamente populista, ma a dispetto di questo pare che tutti i suoi entusiasti sostenitori si facciano un punto di onore di non esaminare il significato di quella citazione.

Quando scoppia un incendio, o si scatena il panico, magari immotivato, la folla scappa senza farsi troppe domande e in genere sospendendo la propria razionalità.
Si scappa, che la minaccia sia reale o fraintesa, imminente o solo potenziale, e lo si fa scavalcando corpi, colpendo selvaggiamente chi ingombra la via di fuga, non di rado mettendosi in trappola da soli, infilandosi in vicoli ciechi o varchi troppo esigui rispetto alla calca di lemming terrorizzati che sgomita per mettersi in salvo.
Quasi sempre in quelle occasioni i danni più consistenti e le vittime più numerose sono la conseguenza del panico, e non della minaccia che lo ha scatenato.

Tornando alla realtà che ci circonda, mi sembra assolutamente chiaro ed evidente che la minaccia che sta servendo la vittoria sul proverbiale piatto d’argento al prode Salvini è al momento del tutto al di fuori delle umane possibilità.

Non esiste un forte partito comunista, trinariciuto, depositario del favore delle masse e in procinto di instaurare una dittatura del proletariato, dunque la propaganda legaiola. e del suo portatore d’acqua grilloide, è del tutto priva di fondamento e verosimiglianza, ma funziona.

Funziona perché siamo un paese di evasori fiscali e sudditi che si accoccolano tra le gambe del potente, assiso al suo desco, sperando che qualche briciola rotoli giù fino a loro, ben consci di quel proverbio che dice che è il chiodo che sporge quello che viene preso a martellate.

Funziona perché preferiamo prestare orecchio ad una minaccia inventata che prendere atto di quella che ci sta martirizzando, dunque è colpa dei comunisti, dei negri, dei terroni, dei Savoia, delle zecche buoniste, dei sindacati rovina dell’Italia, dell’Euro e dell’Europa, della Francia, della Merkel, del sempre disponibile PD, dei professoroni, di chiunque, basta che sia altro da noi.

Nel frattempo i nostri veri carnefici, i vari capibastone della finanza globalizzata, con il loro ristretto esercito di bonzi, servitori e picciotti, dispongono a piacimento delle nostre vite e del nostro futuro, asservendoci ai meccanismi che consentono loro di incassare gli spropositati introiti provenienti dalle loro speculazioni.

Dunque, e alla fine, preferiamo dare in appalto il nostro futuro a degli arroganti ciarlatani i quali, rassicurandoci su un presunto pericolo, che comunque non corriamo, ci conducono ad un disastro annunciato, spogliandoci di ogni diritto e tutela. 

Qualsiasi cosa pur di non morire komunisti.


lunedì 8 luglio 2019

Nessuna buona azione rimarrà mai impunita.


Domenica 7 luglio 2019 la lunga parentesi del governo Tsipras è terminata, e la sua fine ha seguito un copione già scritto e inemendabile fin da quando, lasciato da solo in primis dalla sinistra europea, il premier greco ha dovuto scegliere tra varie alternative, tutte terrificanti, che lo avrebbero comunque condotto all'attuale sconfitta.

Ovviamente sui social non hanno mancato di apparire, in proposito, le più vendicative e malignamente soddisfatte considerazioni dei vari e numerosi detrattori di Tsipras, le più tossiche delle quali non inaspettatamente, perlomeno per me, provengono dal sempre prolifico settore della sinistra sovranista e populista, così cruda e implacabile nella sua visione nitidamente geometrica, impregnata di quell'ineluttabilità così consolante da contrapporre alla complessità insoddisfacente e contraddittoria di una realtà che si ostina a non collaborare.

Tra i vari commenti malignamente, e lunarmente, soddisfatti, ho colto quello di una compagna che a suo tempo aderì ad un movimento politico di cui in passato fui perfino dirigente - che dio mi perdoni - e dal quale sono fuggito non appena ho capito dove ero capitato.   Eccola la sentenza, notevole nella sua olimpica indifferenza per le implicazioni reali della situazione così esaminata (sic!):

Tsipras , traditore della patria, ha avuto una bella lezione . Sicuramente ora la Grecia non starà meglio ma , almeno, i greci, che hanno versato lacrime e sangue, hanno dato a lui e alla Troika la risposta che meritavano.


Che bella cosa sarebbe se tutto fosse così geometricamente nitido e meccanicistico come appare in certe lapidarie condanne. 

Tsipras venne lasciato solo a gestire un'arrembante Alba Dorata da una parte, una famelica Troika dall'altra e sul terzo lato di un triangolo maledetto... un bel cazzo di niente, perlomeno nulla che andasse oltre generiche invettive e sbrigative condanne.

Molti richiamano, per sottolineare la presunta infingardaggine dell'ora ex premier greco, la figura di 
Varoufakis, il quale non se la sentì di fare il lavoro sporco che si apprestava a svolgere Tsipras e che poté permettersi di sfilarsi dalla pesante responsabilità di decidere del futuro della Grecia e del suo popolo perché era solo un comprimario la cui presenza, pur importante, non era fondamentale, tanto è vero che se ne andò senza causare altro che una leggera increspatura, persa in mezzo ai marosi di una scena agitata.

L'elegante Yanis se ne andò per non collaborare ad un ricatto sostanzialmente, pragmaticamente e funzionalmente inaggirabile, date le condizioni di effettivo e blindatissimo isolamento della Grecia, abbandonata da tutti, a cominciare dalla sinistra europea in tutte le sue pittoresche gradazioni di
rossitudine.
Anni dopo, sfoderando un pragmatismo di cui prima non vi era stata alcuna traccia, invitava a votare Macron, nientemeno.



L'unica cosa, nelle condizioni date, che avrebbe potuto fare Tsipras per sottrarsi al ricatto teutonico, sarebbe stata di aderire alla proposta di Putin di trasferire la Grecia nell'orbita Russa, grazie all'assegno che Zar Vladimir era, forse, pronto a staccare. 

In pratica si trattava di passare da una sudditanza all'altra, ma mettendosi al centro di un conflitto politico e geostrategico del quale ne avrebbero fatte le spese, ancora una volta, i greci.

Alla fine Tsipras fece la sua scelta, il lavoro sporco di cui sopra, e lo fece sapendo benissimo ciò cui andava incontro, tra cui, ma molto in fondo al novero delle priorità, la sbrigativa condanna di compagni che hanno le idee chiare su tutto, tranne che sul campo delle effettive potenzialità e opzioni delle situazioni reali, ovvero della dimensione dialettica della realtà.

Oggi la Grecia, che nel frattempo non è divenuta una dittatura nazionalsocialista ed ha affrontato il disastro pagando un prezzo salatissimo, emergendone con alcuni risicati e insufficienti miglioramenti, riconsegna il governo agli stessi borsari neri che hanno creato il disastro e che hanno sulle mani, loro e non Tsipras, il sangue e le sofferenze di un popolo intero.

Varoufakis, il nobile non collaborante, ha il pedigree intonso.. e gira inutilmente nei consessi internazionali a proporre una creatura, DiEM25, viva per un pelo e solo grazie ad un accanimento terapeutico privo di reali conseguenze.

Tsipras ha gestito quello che poteva come poteva, ed ora paga, ed è giusto che sia così. Non esistevano reali alternative al suo governo, perlomeno che non sbandassero seccamente alla destra estrema

L'incendio è domato, ma il fuoco cova ancora sotto alla cenere e la casa è un disastro. Mi viene in mente quel capitolo de I Fantastici Viaggi di Gulliver nel quale il protagonista spegne l'incendio del palazzo dell'imperatrice lillipuziana pisciandoci sopra. Tutti sono soddisfatti dello scampato pericolo... ma Gulliver diventa immediatamente persona non grata.   


Il popolo è sovrano e si è espresso. Questa è la democrazia e noi dobbiamo solo prenderne atto, insieme al fatto che la persona umana è normalmente di corta memoria e poco avvezza al pensiero complesso.

Comunque la Grecia si avvia a peggiorare nuovamente e alla svelta e, checché ne dica la malignamente soddisfatta lapidatrice del tragico Tsipras, la Troika non ha avuto la risposta che meritava, ma esattamente quella che desiderava.