venerdì 15 gennaio 2021

Il puzzone fiorentino

Sono stato membro, fino a un paio di anni fa, di un gruppo FB che si richiama, nell'onomastica e nell'orientamento politico nominale, che per alcuni componenti nel frattempo è slittato molto sensibilmente verso un "centro ragionevole", all'esperienza del Movimento Studentesco milanese, formazione politica nella quale militai in gioventù, in quella che fu per me un'esperienza intensissima e molto formativa.

Fui invitato in quel gruppo da un compagno col quale avevo condiviso la militanza, e la mia partecipazione, come quella di molti altri membri, ma non di tutti, non fu una semplice adesione ad un "club di reduci", guardiani nostalgici di passati fasti, veri o presunti, bensì un'occasione per rimanere all'interno di un ambito nel quale la consapevolezza del momento, grazie al confronto, potesse beneficiarne.

Mi resi conto però abbastanza alla svelta che avevo peccato di ingenuità, ancora una volta e nonostante non fossi certo più un fantolino, dando per scontato che quel gruppo di discussione potesse essere un luogo d'incontro ove le posizioni, ancorché sostenute con la tigna abituale nella sinistra extraparlamentare, avessero uguale dignità e potessero essere discusse, sopravvivere o venire messe in minoranza, grazie ad un processo dialettico rigoroso, anche se frequentemente assertivo.

Non era certo quella la situazione che trovai, come verificai abbastanza alla svelta, dato che ogni discussione veniva sollecitamente "calmierata" da una presenza (perlomeno un amministratore, ma con molti volenterosi fiancheggiatori) che "richiamava all'ordine", con grande sollecitudine, l'autore di ogni intervento non riconducibile ad una sorta di "linea politica" mai esplicitamente dichiarata, e certamente non coralmente individuata.

La strategia adottata per smontare le posizioni meno gradite prevedeva interventi diversificati, in una sorta di crescendo rossiniano.

Il primo tipo d'intervento consisteva in richiami assai speciosi, e il più delle volte ingiustificati, circa la necessità di mantenere un bon ton funzionale alla "serenità del confronto".

Non era necessario essere ingiuriosi per essere ritenuti "sconvenienti", bastava in realtà essere chiaramente avversi ad una politica dialogante e possibilista verso la bonomia piddina nei confronti delle ragioni del centro politico, e diffidenti verso la pratica del cosiddetto voto utile.

Se il richiamato non capiva l'antifona, o decideva di non capirla, allora si passava alla delegittimazione, in stile "Unità che dichiara Tito nemico di classe", con una miserabile scivolata verso attacchi personali talora piuttosto ridicoli e non di rado del tutto incongrui.

Se neanche questo bastava, allora alcuni post o commenti sparivano dalla circolazione, o perlomeno questo è quello che alcuni hanno denunciato.

Nessuno veniva bannato, ma l'aria diventava alla svelta tanto irrespirabile che il "reprobo" alla fine se ne andava, come fece il sottoscritto, perché cosciente di non avere più alcuna agibilità.

Vorrei sottolineare che questa sorta di inquisizione era agita da chi aveva compiuto una bella e lunga traiettoria nella direzione opposta rispetto agli ideali giovanili.

In questi giorni, nei quali il Guappo di Rignano manifesta con la solita arroganza il suo umano narcisismo e la sua politica irresponsabilità, non posso fare a meno di ricordare con quanto disprezzo, in quel gruppo, venisse stigmatizzata la mia "impoliticità avventurista e settaria" per la mia avversione a Renzi e a tutto ciò che propugnava, per le mie previsioni, tutte poi inveratesi, e non ci voleva poi questo grande acume, fino all'epilogo che oggi occupa la cronaca.

Allora pareva che con Renzi si veleggiasse verso il sol dell'avvenire, mentre invece la barca di cui aveva preso il comando, sparando fumosità da marchettaro di quart'ordine, aveva già molte falle nello scafo, enormi buchi beanti dai quali, grazie a lui, uscivano milioni di voti per imbarcare l'acqua che l'avrebbe portata a spiaggiare per non affondare, salvata, momentaneamente, solo dall'emergenza pandemica, che ha consentito ad una dirigenza generalmente inadeguata di rivendicare una gestione corrente abbastanza, e inaspettatamente, efficace.

Ogni tanto mi capitano sotto gli occhi i post di quel gruppo, e non sono stupito del fatto che:

  1. alcuni membri, uno in particolare che fu alto dirigente dell'MS, non facciano più alcun mistero della loro consonanza con Italia dei Valori e il suo repellente capo politico;
  2. molti tra quelli che ai tempi mi rimproverarono più astiosamente per la mia condanna di Renzi e del suo agire, oggi facciano finta di nulla, oppure si affannino a rivendicare un antirenzismo tanto recente e "tattico" da avere ancora attaccato il cartellino del prezzo.

Io credo non sia più possibile dubitare che il "blairismo", che contagiò l'intera sinistra europea dal '97 in avanti, sia la causa prima della scomparsa dell'identità socialista dal campo della politica, sostituita da entità che, tradendo il favore elettorale ricevuto, abbandonarono la causa dei lavoratori e delle "masse popolari" per transitare nel campo avverso, quello dell'antagonista di classe, riciclandosi come interlocutore affidabile al solo scopo di perpetuare una presenza, e senza compiere lo sforzo di elaborare compiutamente il fallimento dell'esperienza politica e sociale conosciuta come "socialismo reale".

Chi effettua un salto della quaglia, e il PD fece una bella capriola, in genere è particolarmente determinato ed efferato nel tradire le proprie origini, perché ha un passato da far dimenticare e deve convincere il nuovo referente di meritare una fiducia che questi stenta molto a riconoscergli.

Il tradimento e l'opacità del PD sono la causa prima sia della progressione costante delle destre nel paese, non più contrastate da un avversario coerente ed efficace, sia della selezione di una classe dirigente particolarmente impudica nel distruggere 150 anni di lotte sindacali.    Quel partito ha portato a compimento tutto ciò che Berlusconi non riuscì mai a finalizzare, una considerazione, questa, che rende il costante incitamento al voto utile per "fermare le destre" una solenne presa per i fondelli. 

Renzi non è un incidente di percorso, una buccia di banana sulla quale si è rovinosamente scivolati, un "estraneo" salito a bordo mentre tutti guardavano da un'altra parte, per niente.   Renzi è esattamente la logica risultante di un corso politico imboccato per sudditanza intellettuale al nemico di classe.

Il Guappo di Rignano si fece largo tra le correnti partitiche con la consueta ferinità cui ci hanno abituati le sorde contese nel gruppo dirigente.
Accoltellò alle spalle, idealmente, chi doveva accoltellare, dispensò le sue semplificazioni ammiccanti e falsamente logiche ed ottenne il via libera dal mandarinato imbelle del partito, abbagliato dalla prospettiva di copiosi raccolti elettorali, vincendo primarie molto chiaccherate per le incursioni di improbabili comitive di votanti.

A Renzi ed al suo servo Poletti noi siamo "debitori" dell'ultraliberista  Job Act e della corsia preferenziale che conduce al lavoro precario e sottopagato, a discapito di quello a tempo indeterminato.     E' principalmente grazie a loro se oggi i nostri figli  non sono in grado di porre in essere un progetto di vita decente ed adeguato.

Oggi Renzi è vituperato da tutti, in primis da chi lo vide come l'asso da calare nel momento topico della partita, scoprendo poi che non era di briscola.

Io non so come andrà a finire, se vi sarà un Conte Ter, un Draghi 1 oppure l'alba di una stagione neofascista con la Meloni, che nei sondaggi ha quasi raggiunto il PD, che si allea con Salvini; quello che so è che il partito del 40,81% alle Europee del 2014 ha espresso una strategia scadente, incoerente e autolesionista, e che ora addita il "puzzone fiorentino" quale unico responsabile dei guai di cui ha posto le premesse.

martedì 12 gennaio 2021

Come può la freccia fare centro se non hai chiaro qual è il bersaglio? (Paulo Coelho)



Sempre più frequentemente si discute della crescita tumultuosa dell'e-commerce, e di Amazon che è la punta di lancia del fenomeno, e lo si fa con crescente disagio, soprattutto a sinistra.

La sensazione è che si debba reagire in qualche modo, ma io credo che la situazione sia già troppo avanzata, e che dunque non sia agevole comprendere il processo in atto, tanto che il rimedio più comunemente consigliato risulta essere "l'astensione" dall'acquisto elettronico, in una specie di "sciopero" autoconvocato e volontaristico, che però a mio parere colpirebbe prima chi nell'universo Amazon ci lavora, seppure in condizioni paraschiavistiche, che l'azionariato del colosso multinazionale.

Jeff Bezos dorme tranquillo.  Sa di fornire un servizio di successo e, per varie ragioni, sa di avere il coltello dalla parte del manico, come sa che questo "sciopero" rimarrà un fenomeno ristretto che, al massimo, gli offrirà l'opportunità di trattare un pochino peggio lavoratori che già sono in condizioni marginali.

La mia "scandalosa" valutazione sopra esposta mi frutta, il più delle volte e inevitabilmente, cocenti accuse di revisionismo e tradimento dalla parte politica, la sinistra, cui appartengo fin dalla mia lontana adolescenza.  

Quando ciò non avviene la rabbiosa condanna viene sostituita da dolenti considerazioni, come quella di una mia amica che mi scrive, in un commento:

"qualcosa si deve fare, non so cosa.  Io su Amazon non ho comprato mai nulla sino ad ora"

Qualcosa si deve fare certamente, ma si tratta di iniziative che non possono concretarsi e funzionare fuori da un ambito politico organizzato, che però non esiste, perlomeno con caratteristiche che vadano oltre la dimensione di stretta, e inefficace, testimonianza, quale è quello della sinistra odierna.

La semplice astensione dagli acquisti non può funzionare, ma anche funzionasse in realtà colpirebbe, come ho già detto, prima gli ipersfruttati lavoratori di Amazon et similia che Bezos, o chi per lui.

Una difficoltà aggiuntiva sta nel fatto che si tratta di multinazionali che operano su scala mondiale, hanno dimensioni mostruose e godono di posizioni commerciali dominanti, che si stanno avviando in molti casi verso assetti monopolistici.

Il loro potere contrattuale è fortissimo, e possono aggirare con relativa facilità le normative nazionali dei vari mercati, dunque la risposta deve essere altrettanto sovrannazionale, e nella situazione in cui siamo è più facile che quella risposta sia di tipo liberista - libero mercato e potere "calmierante" della concorrenza - che non puntare sul recupero dei diritti dei lavoratori e tutela del salario, e si tratterebbe dunque di una risposta che contiene in sé il germe del male che si vorrebbe curare.

L'accento posto dagli ambienti della sinistra sembra più attestato sul contrasto a priori e su basi ideologiche del soggetto multinazionale in quanto personificazione del "demoniaco antagonista", e non primariamente sulle implicazioni di quel tipo di commercio per la clientela e i dipendenti.

E' un approccio che chiama a raccolta una platea identitaria che non ha alcun bisogno di essere convinta e che va alla carica a prescindere, senza ulteriori analisi e rimanendo su parametri operativi ampiamente sorpassati dalla mutazione genetica degli assetti del lavoro nel XXI secolo, e a giudicare dai risultati elettorali, qui da noi e altrove, si tratta di una sparuta pattuglia che non sposta nulla.

Intanto l'e-commerce diventa un fenomeno sempre più rilevante. Il Covid ne ha pompato la crescita, ma non ha fatto una reale differenza, sul medio termine.  L'e-commerce ha semplicemente ricevuto una spinta aggiuntiva dalla paralisi delle rete di vendita tradizionale che stava già soppiantando.

Con la stessa identica dinamica e per le stesse identiche ragioni il commercio elettronico si sta fumando la GDO, esattamente come la GDO si è fumata i negozi e le catene, che non potevano competere a livello di costi operativi ed economie di scala. 

La GDO cercò di reagire dilatando orari e giorni di apertura, nonché imponendo al personale precariato, stipendi bassi e azzeramento di diritti e tutele, ma è una battaglia persa, imperando la deregulation di fatto che vige.

Personalmente ricorro all'e-commerce solo quando il prodotto che cerco è indisponibile presso i canali tradizionali, ciò significa che acquisto presso negozi, ma il più delle volte, come fanno tutti, e ragioniamo su questo per favore, il canale cui ricorro più frequentemente è quello di supermercati e centri commerciali, il che, come ho già detto altrove, concettualmente non è diverso dall'acquistare ciò che ti serve seduto davanti a una tastiera.

Dato poi che ho una certa dimestichezza, seppure appannata, con la componentistica informatica, se devo acquistare una scheda o un device qualsiasi, considerato che i negozi al dettaglio sono spariti e i pochi superstiti si sono riposizionati su servizi "chiavi in mano" (il PC su misura, l'assistenza tecnica, la manutenzione) vado direttamente su Amazon, perché non ho alternative, e questo si sta verificando anche per prodotti meno "tecnici" ed esotici, come può testimoniare chiunque abbia cercato recentemente di acquistare semplicissime spolette di cotone da cucito presso scomparse mercerie.

C'è un effetto paradossale nel capitalismo, che spesso non teniamo nel dovuto conto.      Il liberista "da manuale" è un operatore che teorizza il libero mercato, un'astrazione irrealistica secondo la quale:

"i prezzi di beni e servizi sono raggiunti esclusivamente dalla mutua interazione di venditori e acquirenti i quali, per definizione,  non si forzano o ingannano a vicenda, né sono forzati da una terza parte."

Il libero mercato sarebbe dunque un contesto nel quale gli effetti aggregati delle decisioni dei singoli sono descritti dalle leggi della domanda e dell'offerta.  Ottimo!

Ciò potrebbe anche essere vero, in via teorica e nel proverbiale, e inesistente, "mondo perfetto" di cui ciarlano gli economisti quando si impancano a maestri di vita, ma  sta di fatto che questo schema è quello rivendicato dai piccoli operatori che si affacciano sul mercato... puntando a divenire abbastanza grossi da imporre un regime monopolistico di fatto, ma non di rado anche de iure, direttamente o implicitamente, in grado di distruggere l'edificante definizione di libero mercato sopra riportata, minimizzare l'influenza dell'acquirente e amplificare al massimo quella del venditore, cioè la loro.

Per fare in modo che ciò avvenga bisogna che la famigerata "terza parte" non possa intervenire in alcun modo.  Chi impersona questa "terza parte"?  Ebbene vi sono perlomeno due attori possibili: uno, di natura privata e associazionista, è il sindacato, il quale interviene nei rapporti tra parte datoriale e maestranze, in ordine alle problematiche economiche e normative del rapporto di lavoro, l'altro è lo Stato, che emana leggi che disciplinano lo scenario operativo nel quale l'impresa opera, stabilendo obblighi, limiti e criteri operativi.

La marcia trionfale del plutocratico Jeff Bezos, e dei suoi consimili, verso un potere assoluto e soffocante, che si realizzerà non appena quel "libero mercato" verrà definitivamente sterilizzato, può essere contrastata solo dal risveglio di un sentimento di classe che riunisca i lavoratori, monadi disperse dalla sterilizzazione di 150 anni di lotte operaie, in un'istanza organizzata che rivendichi i propri calpestatissimi diritti ed obblighi l'entità statale, che al momento favorisce la parte imprenditoriale in molti e spudorati modi, a imporre un quadro legislativo che contenga efficacemente l'arroganza dei padroni del vapore.

In assenza di questo risveglio, e non è cosa da poco inverarlo, fare lo "sciopero dell'acquisto" ci potrà dare la sensazione di fare qualcosa, ma senza che questo, in realtà, serva a qualcosa.

Come dico spesso, nella tassonomia delle categorie politiche la nicchia con la dicitura "sinistra" rimane ostinatamente vuota, oppure occupata da minuscole simulazioni, notevoli per inanità ed autoreferenzialità.   Se non torniamo a riempirla con qualcosa di efficace, vitale e consapevole dei processi storici nel frattempo compiuti, Bezos e i suoi simili faranno ori, carte, primiera, settebello e un bel pezzo di napola.