domenica 22 novembre 2020

L'alternativa del diavolo




Non molti mesi fa l'Associazione Genitori Tarantini ETS poneva ai sindacati e ai lavoratori dell'impianto siderurgico di Taranto, che stavano manifestando per la difesa del posto di lavoro, la seguente domanda:

«Secondo voi, Costituzione italiana e Convenzione europea dei diritti dell’uomo alla mano, quello svolto nell’acciaieria tarantina è lavoro o schiavitù?  Da cittadini, da padri e madri, da nonni, da fratelli e sorelle, da amici, vi chiediamo: vista la più che comprovata nocività per l'ambiente e la salute derivante dalle emissioni dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico [...] siete ancora disposti, in così poche migliaia, a condizionare la salute e il futuro di 575.000 cittadini della provincia o dedicherete il vostro impegno per la chiusura delle fonti inquinanti, la bonifica e la riconversione e il rilancio del territorio?»

La domanda, insidiosissima, sottolineava la sostanziale non conciliabilità delle istanze di chi difende un posto di lavoro, un reddito per "campare la famiglia", e chi privilegia la salute di tutti, in primis i propri figli, così sensibili ai veleni che un impianto siderurgico, tra l'altro vetusto e tecnologicamente arretrato, produce in quantità più che cospicue.

Non vorrei davvero essere nei panni di un operaio tarantino in cassa integrazione e in predicato di licenziamento, unico percettore in famiglia di reddito in una terra avara di occupazione, che è anche padre di uno o più bambini in età scolare o prescolare, perché avrebbe problemi giganteschi a rispondere a quella domanda senza mancare nell'assolvimento delle sue responsabilità.   E anche senza essere padre, per chiunque dotato di un minimo di empatia e senso di responsabilità, si tratta in ogni caso di un quesito che non prevede una risposta "immancabilmente giusta".

Esistono situazioni che non consentono alcuna confortante nettezza nel prendere posizione, circostanze nelle quali il bivio decisionale che ti si presenta è una "alternativa del diavolo", con un un prezzo salato da pagare qualunque strada si decida di imboccare.

Qualcosa di simile sta avvenendo ora, durante la pandemia, quando collidono le esigenze sanitarie che esigono una forte compressione delle attività, in primis quelle commerciali, e le esigenze di una parte di popolazione che, a seguito di quella strategia, si ritrova con ampie voragini reddituali e costanza di esborsi, una combinazione veramente pessima.

Come si risponde ad un problema del genere?  Chi ascolti? Quali aspetti della crisi privilegi?   La salute pubblica, che si preserva a spese del portafoglio o il reddito, che si assicura a spese di un contagio che diventa rapidamente incontrollabile?
A cosa ti servirà essere sano se creperai di fame o verrai sfrattato?
A cosa ti servirà avere un reddito se poi finirai sul tavolo dell'imbalsamatore o sarai reso invalido dalle conseguenze a lungo termine del coronavirus? 

Un'alternativa del diavolo da manuale, con una "terza via" miseranda, prodotta dal compromesso tra governo centrale e presidenti regionali, questi ultimi il più delle volte espressi da un'opposizione politica quanto mai inferiore alla bisogna.

Si tratta di un pastrocchio che riesce a mettere insieme tutti i difetti delle due risposte con ben pochi dei vantaggi relativi, in un un caleidoscopio di colori e livelli differenziati di provvedimenti che sono spesso la certificazione di chi riesce a "pisciare più lontano", il ministro di turno o il cosiddetto governatore della regione, gialla, arancione o rossa, a seconda dei casi, l'un contro l'altro armati.

Il fatto è che quando piove ci si bagna, e non serve a molto inveire contro la nuvola.      La pandemia, al contrario della situazione tarantina che è un problema creato integralmente dall'uomo e dall'avidità del capitale, è un evento naturale, statisticamente inevitabile, e infatti atteso, perlomeno dalla comunità scientifica, ma non messo a bilancio preventivo dalla sfera politica.

Gli aspetti antropici dell'epidemia in corso sono tutti nel mancato approntamento dei mezzi per affrontarla decentemente, e non solo nella prima ondata, che ci ha colti di sorpresa, anche se non avrebbe dovuto essere così, ma pure nella seconda, peggiore della prima e per la quale ci sono ancora meno scuse per la delittuosa impreparazione.

Dunque piove, anzi diluvia, e i pochi ombrelli non bastano, e spesso sono anche fetenti e sbrindellati.     Quando sarà finita sarebbe bello poter inchiodare certi personaggi alle loro responsabilità, ma credo che anche stavolta molti di loro cascheranno in piedi, lanciandoci in pasto qualche collaboratore da sbranare, colpevole solo di aver soddisfatto i loro desideri.

Comunque ci penseremo quando sarà il momento.  Ora bisogna tener duro finché non torna il sereno e smetterla di inveire contro il destino cinico e baro, anche perché molti dei disgraziati che ci hanno messi in questa situazione li abbiamo ripetutamente votati e, anzi, gli teniamo bordone anche ora, bevendoci tutte le panzane che ci rifilano.