mercoledì 12 settembre 2018

Occorrerà un giorno smettere di confondere ciò che si vende e ciò che è bene. (Bob Dylan)

Vedo con somma tristezza che nel popolo della sinistra ci si accapiglia sulle aperture domenicali con grande foga.

C'è chi, giustamente, ricorda che vi fu un tempo nel quale i sindacati fecero una battaglia per impedirle, venendo sconfitti evidentemente, e chi si rammarica per le pulsioni oscurantiste di chi le vorrebbe abolire, mettendo nello stesso paniere poliziotti, personale sanitario, camerieri, ristoratori, commessi di negozio, addetti della GDO, venditori di servizi telefonici al volo e baristi, come se pronto soccorso e pronta disponibilità di un paio di pedalini fossero la stessa identica cosa.

Molti si mettono di traverso solo perché la proposta è grillina, altri invece si preoccupano per i posti di lavoro che salterebbero, pochi si ricordano che il provvedimento di liberalizzazione di orari e aperture risale al governo Monti, cosa che in un animale di sinistra dovrebbe indurre massima diffidenza.

Io dico solo che queste aperture si reggono su due elementi precisi.   Il primo è il quadro desolante delle condizioni contrattuali di chi lavora le domeniche, la notte e le feste comandate.  

Parliamo di lavoro precario, retribuzione inadeguata, turni decisi con scarso o nullo preavviso e ricorsi a ore straordinarie, pagate una miseria, anche per personale teoricamente part time.
Parliamo anche del fatto che questo quadro normativo è reso possibile da una situazione  lucidamente indotta da condizioni ricattuali del tipo "se non ti sta bene qui fuori c'è la fila di gente che vorrebbe tanto sostituirti". 

Si perché la storia dei posti di lavoro che saltano è una solenne cazz..., pardon, corbelleria. 
La condizione normale del lavoro, oggi e non solo nella distribuzione, è quella della pianta organica sottodimensionata e asfittica.  Nessuno assume di più per tenere aperto la domenica, ma spreme per bene l'organico già insufficiente per massimizzare i ricavi, calpestandone diritti e aspettative.

Il secondo elemento è l'ottimizzazione dell'estrazione di valore dal cliente consumatore, con bisogni indotti da martellanti consigli per gli acquisti, offerte irripetibili costantemente reiterate, sconti stranamente permanenti e acquisti non strategici, lubrificati dalle più grottesche tecniche marketing.

Una clientela che peraltro ha la funzione principale di comprare, e non più solo di accudire le proprie esigenze, trasformata nella parte finale di un processo che tra le sue finalità vede la remunerazione del commercio e della produzione.   Che poi si comprino beni e servizi realmente utili non interessa più a nessuno, sempre più spesso neanche al consumatore.

Dice: ci si oppone al progresso e alla modernità, e giù commenti sul nostro provincialismo.  Già, provate a comprare qualcosa nel nord europa dopo le 17.00, e poi ne riparliamo.

Dice: tante storie e poi c'è l'e-commerce che fa le scarpe a tutti.
A parte che in quel settore vigono le stesse caratteristiche dei canali tradizionali, ma moltiplicate per cento, con lavoratori in condizioni paraschiavistiche e volatilità occupazionale elevatissima, a nessuno viene in mente che l'e-commerce vincerà la battaglia senza neanche alzare le chiappe dalla poltrona?


Non è favorendo le aspettative della GDO che questa riuscirà a difendersi da Amazon (di negozietti e piccoli empori ce ne stiamo tra l'altro fottendo tutti quanti, perché sono già storia), e in fondo a noi, nella nostra qualità di compratori coatti, dovrebbe importare poco chi l'avrà vinta. 
Di chiunque si tratti infatti, una volta strappata la posizione dominante i prezzi torneranno a salire, e i disoccupati, sottoccupati, sottopagati ed ipersfruttati continueranno ad essere la rotellina di un sistema iperliberista autoreferenziale e dissipativo.

Il popolo di sinistra si accapiglia sull'apertura dei negozi, mentre invece dovrebbe occuparsi delle condizioni di chi lavora e ancora prima dell'occupazione.

La triste realtà è che oltre alla lotta di classe, che stanno vincendo loro (Buffet dixit), è in corso quella che un tempo avremmo definito battaglia culturale, e stiamo perdendo anche quella.  Discutiamo di quello che decide il mazziere e non di quello che dovrebbe riguardarci da vicino.

lunedì 10 settembre 2018

There's these guys, PD's supporters...

Tenterò un incipit dal vago sapore americano, there's these guys, PD's supporters, ovvero ci sono questi tizi, sostenitori del PD, che si fanno uscire ernie inguinali nello sforzo titanico di far dimenticare che il loro amato partito è stato l'architetto ed il responsabile implicito e principale degli attuali assetti politici e di potere che vigono nel nostro paese.


Sono gli stessi che si ingegnano a ridare una verginità incongrua al naturale prodotto di quel partito, ovvero quel Matteo Renzi che ha gestito la mutazione genetica di una formazione politica di prima grandezza, erede di due grandi tradizioni politiche, quella socialista e quella del cristianesimo sociale, in un partito di seconda schiera da collocare, per effetto delle sue scelte strategiche e dell'azione governativa svolta, tra le fila di un centro-destra moderato di stretta osservanza liberista.

Quel partito ha condotto, negli anni, una costante e purtroppo fruttuosa opera di demolizione e neutralizzazione dei corpi intermedi, in primis il sindacato quale istituzione, ha distrutto lo Statuto dei Lavoratori, tentato lo stravolgimento della nostra Costituzione, promulgato un Job Act che a sua volta è stato reso pressoché inutile dalla promozione, invereconda e irresponsabile, del precariato in ogni forma possibile. 

Forse è possibile apprezzare, si fa per dire, la cifra reale dell'operato PD sottolineando che i dem sono riusciti laddove Berlusconi fallì, salvo che nello stupro della Costituzione, che fortunatamente non riusci a nessuno di loro, finora.


Ma non si è limitato a questo.      Facendo aderire alla propria identità la qualifica, sempre meno congrua, di partito di sinistra ha delegittimato quella parte politica, facilitando enormemente la propaganda di chi ne ha poi maggiormente beneficiato, ovvero M5S e, per il traino irresponsabile da questo propiziato, la Lega.

Con la parola sinistra ormai squalificata, la destra ha avuto gioco facile ad appropriarsi delle istanze di un vasto popolo messo in condizioni di vita difficili e faticose dalle scelte di governo del PD il quale, accanendosi senza poter vantare una statura morale adeguata (la magistratura si è occupata a ripetizione del personale politico dem) contro i sanculotti 2.0 del Movimento, ha spianato la strada all'avvento dell'attuale compagine governativa.

Ora, a disastro avvenuto, il PD cerca di intestarsi la titolarità della nuova Resistenza, nientemeno, 
o quanto meno di ritagliarsi un posto in prima fila, senza uno straccio di autocritica e senza rinnegare alcuna delle scelte operate, permettendosi inoltre di accusare di fiancheggiamento a favore dei grillolegaioli chiunque si permetta di ricordare che dell'avvento del fascismo in camicia verde dobbiamo ringraziare esattamente il PD e la sua opera di promozione delle istanze ordoliberiste che ci stanno massacrando.

Il PD, molto semplicemente, sta tentando di rimontare in sella, e se dovesse riuscirci non farebbe altro che riprendere da dove si è interrotto, mentre noi dobbiamo ricostruire un settore politico, la sinistra, la cui assenza rende il quadro istituzionale asimmetrico e pericoloso.

Non passa giorno che non accada di scontrarsi con qualche inossidabile sostenitore del PD, dalla monumentale faccia di bronzo, che non si periti di dare lezioni di vita, e di sagacia e convenienza politica, oltre a patenti di tradimento, a chiunque mostri di non gradire la loro compagnia nel percorso che ci attende.

Nel farlo inoltre non mancano mai di ricordarci che nel '43 la Resistenza accolse perfino i monarchici (aspetto che dovrebbe farci capire quanto siano in malafede), dimenticandosi peraltro che ai tempi eravamo una monarchia, cosa che dava a quella parte politica un peso che il PD non può ora vantare, e che dopo la Liberazione quei monarchici si allearono coi neofascisti.

Con dimostrazione di imperiale faccia tosta, inoltre, il front man di questa spregevole manipolazione è proprio il guappo di Rignano, il tristo figuro che ci ha massacrato lo scroto, ai tempi del suo fugace apogeo, con la sua capacità di vincere, prendendoci tutti per il culo per la nostra (dei tristi compagni all'antica, per dirla come lui) coazione a perdere, anche se alla fine il tonfo l'ha fatto lui, lasciandoci il conto da pagare. 


La domanda è:


Hanno distrutto il partito e la sinistra in generale e adesso dovremmo avvalerci della loro fine sensibilità strategica?

A sinistra abbiamo molti e insopprimibili vizi: la tendenza a frazionarci, la mancata elaborazione del lutto conseguente al fallimento del socialismo reale e l'inefficace individuazione di una posizione intermedia tra idealismo e pragmatismo, con una tenace tendenza a rivoltolarci in un brago maleolente di realismo politico in stile patto Ribbentrop-Molotov.

Impareremo mai?