Il
ferimento dei due carabinieri in servizio davanti a Palazzo Chigi,
avvenuto mentre il neonato governo Letta prestava giuramento, sembra
tirato fuori di peso dalla cronaca USA. Proprio da quel paese
infatti, e fin da tempi remoti, provengono con sconcertante
regolarità notizie di ripetuti atti di solitaria follia, di persone
che, in preda a disperazione o persi in qualche delirante complesso
di persecuzione, si armano e urlano il proprio malessere uccidendo
innocenti ed inermi che hanno la sola colpa di trovarsi nel luogo e
nel momento sbagliati.
Il
primo evento di questo tipo di cui ho memoria risale al 1966, quando
un certo Charles Withman,
studente ed ex Marine, si chiuse nella torre dell'orologio del campus
di Austin nel Texas e sparò con un fucile, ammazzando 16 persone e
ferendone 30 prima di venire ucciso a sua volta dalla polizia. La
notte precedente il massacro Whitman aveva ucciso sua moglie e sua
madre. Da allora tragedie di questo tipo si sono
ripetute con sconsolante frequenza, Columbine, Virginia Tech, il
massacro di Aurora, la sparatoria di Tucson e potrei andare avanti
ancora per un bel pezzo.
Ho
spesso pensato che questa tipologia di azione trovasse il suo habitat
naturale negli USA perché quel paese, oltre ad avere una
legislazione assurdamente liberale in fatto di armi da fuoco, è
storicamente denotato da un individualismo estremo e fortemente
ideologico, un luogo ove la solidarietà tra individui e di classe ha
una fama cattiva e in odore, sulfureo per i timorati americani, di
socialismo, qualcosa da cui rifuggire e da aborrire.
La
società americana tiene in gran conto la volitiva volontà di
successo, l'eroica dimensione del self made man che affronta impavido
le difficoltà, senza “piagnistei” e parassitarie richieste di
aiuto. Un contesto dove, oltretutto, la non riuscita è vista come
una colpa esclusivamente personale dovuta, prioritariamente, alla
propria carente umanità, un fallimento del proprio modo di essere.
Il tutto in un ambiente fortemente competitivo, dove la pressione
raggiunge livelli estremi e che affronti in estrema solitudine.
Se ce la fai comunque ti indurisci, rinunci a gran parte dei tuoi
residui sentimenti di compassione e paghi un prezzo rilevante in
termini di stress e di qualità della vita. Se non reggi ti
ritrovi escluso da tutto e tutti, colpevolizzato per le carenze tue e
della società in cui operi.
Isolato,
percosso crudelmente dal discredito sociale, di cui sei il primo e
più convinto interprete, hai poche alternative, scivoli in qualche
dipendenza, ti suicidi o infine ti armi e, in preda al tuo cupo
delirio, ammazzi chi ti sta intorno, sconosciuti ed affetti, senza
alcuna distinzione.
La
nostra società è molto differente, perché dunque fatti
riconducibili alla cronaca statunitense diventano anche da noi sempre
più frequenti? Palazzo Chigi, l'omicidio/suicidio al palazzo della
Provincia di Perugia, la bomba all'istituto Morvillo e Falcone di
Brindisi, sono tutti fatti che testimoniano del crescente sentimento
di impotenza ed isolamento della gente di fronte alle difficoltà.
Per quale ragione assistiamo all'intensificazione di questi fatti
criminosi?
Da
noi le suggestioni liberiste che informano l'immaginario e l'etica
americani, ancorché sfacciatamente propagandate da un berlusconismo
in realtà ben lontano da quei canoni, non sono native. E' per questo che, da vent'anni a questa parte, è stato
messo in atto un “piano B” di una certa efficacia. Un piano di
lungo corso che, da una parte ha attaccato, ridicolizzandole o
attribuendovi presunti “insostenibili” costi sociali, le istanze
solidaristiche tradizionali, l'associazionismo laico o cattolico e
pressoché tutte le forme di welfare, dall'altra ha messo nell'angolo
i sindacati, con particolare riguardo alla CGIL, ed i partiti che
promuovevano la coesione sociale mediante messaggi e comportamenti
socialistizzanti.
Un
individuo isolato è più malleabile e permeabile ad una propaganda
che lo preferisce consumatore piuttosto che interlocutore, suddito
piuttosto che cittadino. Tutti abbiamo assistito impotenti al
costante processo di svuotamento del senso di comunità e
dell'attaccamento a determinati valori di solidarietà. La squassante
crisi che ci sta tormentando ha fatto il resto.
La
gente, ridotta all'angolo, senza più risorse, senza più
prospettive, vittima anche dei propri limiti, enfatizzati
dall'isolamento e dall'egoismo sociale così efficacemente
propagandato, è disperata e, sempre più frequentemente, perde
l'equilibrio e scivola nel delirio omicida ed autolesionista.
Ora
tutti si affannano ad individuare le colpe oggettive di questi fatti
che, ovviamente, risiedono sempre altrove; l'ululante Grillo, il dito
medio di Gasparri, l'opera corruttiva del berlusconismo, i partiti
che tradiscono le aspettative degli elettori, le pretese di un'Europa
teutonica e cinica. Ce n'è per tutti, accomodatevi, io la mia
scelta l'ho già fatta, come si intuisce da quello che ho scritto
poco sopra, ma a dispetto del sicario che riteniamo di poter
individuare un fatto solo non cambia: siamo sempre più soli ed
isolati di fronte alla fatica di vivere, una fatica che si è
appesantita enormemente negli ultimi anni.
Dobbiamo
tornare a sentirci parte di una comunità, comprendere che non
dobbiamo affrontare la protervia e lo sfruttamento isolati, ma
congiuntamente. Ci hanno indotti a ritenere che rivendicare i
nostri diritti fosse sbagliato e desueto, che i nostri diritti non
esistessero, ma non è così.
Una mano ci sta tenendo la testa
sott'acqua, dobbiamo allontanarla.
Nessun commento:
Posta un commento
Ti ringrazio per aver voluto esprimere un commento.