Napolitano
rieletto e nomi stancamente conosciuti per la prossima poltrona di
Primo Ministro. Non so come si evolveranno le cose da ora in poi, ma
non credo vi sia di che gioire. Se anche si riuscirà a varare un
governo, a mio avviso questo rappresenterà la vittoria tattica, e
costosissima, di un disegno scellerato che ha sistematicamente
anteposto le larghe intese rispetto al desiderio, conclamatissimo, di
cambiamento espresso dal corpo elettorale. Una vittoria di uno
status quo in avanzato stato di decomposizione e pericoloso, come ogni
carogna che si rispetti. E allora, non trovando alcuno stimolo
positivo in questa macabra danza di morti viventi, preferisco
guardare un po' più avanti, verso un cammino incerto, ma
imprescindibile che spero ardentemente si saprà imboccare.
Frequentando
i social forum mi sono imbattuto in grande costernazione, smarrimento
e sconcerto da parte degli elettori del PD. Quasi tutti stanno
provando avversione verso la dirigenza di quel partito, declinata
secondo la propria peculiare visione naturalmente, ma abbastanza
concordi nel valutare come fallimentare l'azione (?!) fin qui
espressa dal Partito Democratico.
Occasionalmente però mi capita di
incontrare anche qualcuno che, incredibilmente, si ostina ad
individuare punti di positività nello psicodramma a cui, increduli,
abbiamo assistito.
A
mia volta sono (sono stato?) un "ostinato" elettore del PD
e, fino a qualche settimana fa, pur cogliendo i sinistri presagi che
si stavano addensando, avrei tenuto il punto con la stessa
ostinazione che ho individuato in questi inguaribili ottimisti (od organici all'establishment magari), ma qui siamo andati ben
oltre.
Non è più questione di tattica o di contenimento di questo o
di quello. Quella logica, a partire dal contenimento delle
contraddizioni interne, mai affrontate e quindi mai risolte, ci ha
portati a non avere iniziativa ed autonomia, a subire ogni tipo di
influenza e di proposta altrui, a non poter esprimere alcuna visione
in maniera coerente e, quindi, a perdere tutto, le elezioni, la
capacità di incidere sulla scena, la decenza e, infine, il rispetto
di noi stessi.
Ben
venga la scissione, tanto siamo già divenuti marginali, meglio
rifare tutto da capo, ma espellendo i "padroni di labrador" ed i vecchi mandarini.
Nei partiti,
soprattutto nel PD, vi è già una larga rappresentanza di gente
giovane e dotata, molto spesso, di retroterra culturali rilevanti,
esperienze di respiro internazionale e che, soprattutto, sono il
prodotto di un tempo dove la cifra non sono i grandi partiti di massa
o le vaste schiere della classe operaia, la confidenza in un futuro
inevitabilmente progressista e progressivo.
Per loro la cifra è
recessione, precarietà e dibattito sul futuro modello di sviluppo, saranno
loro ad avere la capacità di interpretare al meglio il loro ruolo o
gente come me (ho quasi 59 anni), cresciuta in un mondo ora perduto?
Io, ed i miei coetanei, dobbiamo prenderci la responsabilità di
metterci di lato, fornire appoggio e testimonianza, ma sono loro a
dover decidere del loro futuro. Per fare ciò però bisogna saper
individuare il fetore della putrefazione, seppellire la cara salma e
ricominciare da capo declinando antichi valori su nuove situazioni.
A
noi il compito di trasmettere i valori, a loro il compito di
costruire il futuro.
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