Riporto, di seguito, il testo della mail che ho oggi inviato al Dott. De Nicola tramite la casella di posta della Adam Smith Society, che lo stesso presiede, e per conoscenza al Dott. Caldarola utilizzando, in questo caso, la casella di posta de l`Inkiesta, il giornale on line su cui conduce una rubrica.
Egregio Dott. De Nicola,
la informo, innanzi tutto, che questa mia mail verrà riportata anche sul
blog al quale affido i miei pensieri. E' un ambito del tutto ininfluente e
con pochi frequentatori, ma è pur sempre un ambito pubblico e ritengo giusto che
Lei ne sia a conoscenza.
Seguo abitualmente Omnibus, su La7, ed ho, di conseguenza, l'opportunità di
ascoltare le Sue enunciazioni riguardo ai temi economici e le Sue valutazioni in
merito ai fenomeni che ci investono.
Pur apprezzando la Sua urbanità, Le
confesso che, per storia personale e per personale convincimento, non riesco ad
apprezzare le posizioni di cui Lei si fa interprete.
Non sono un economista e la mia conoscenza in materia deriva da disordinate
letture e da una non troppo prolungata esperienza come gestore imprese in una
grande banca (dove ho svolto una molto più estesa attività in compiti operativi
prima e di supporto informatico poi).
Mi rendo conto, dunque, di abusare della
sua pazienza, ma confido nella Sua evidente urbanità per esternarLe un mio
pensiero.
Nella puntata odierna di Omnibus ho seguito lo scambio di considerazioni
tra di Lei ed il Dott. Caldarola in merito alla fluttuazione percentuale, per
così dire, dell'influenza dello stato rispetto a quella del mercato, nel corso
degli anni ed all'interno di vari stati.
Il Dott. Caldarola, mi sembra, sosteneva che si è andata maturando nel
tempo, e sempre più urgentemente, la considerazione che è più conveniente
inglobare, in una concezione organica della conduzione dell'economia e dello
sviluppo della società, il contributo sistematico dello stato.
La convenienza, ritengo, risulterebbe dalla maggiore vocazione ed interesse
di quest'ultimo ad amministrare prospetticamente lo sviluppo, le scelte
strategiche sociali ed il potenziamento delle infrastrutture.
A mio modesto
avviso questa, più che una nuova concezione, è una rivitalizzazione di una
visione socialdemocratica di stampo nord europeo che riscuote, per inciso, il
mio profondo gradimento.
Il Dott. Caldarola rinforzava le sue argomentazioni riportando gli esempi
del Brasile e della Cina Popolare, al che Lei obiettava, coerentemente e con
buona ragione, che in questi due paesi il processo, semmai, ha riguardato
l'arretramento dello stato a favore del mercato.
Se mi posso permettere, quest'ultima considerazione può anche corroborare
valutazioni differenti da quelle che Lei esprime.
Io ritengo che la dottrina e, soprattutto, la pratica liberista abbiano
teorizzato come adeguato ed ineluttabile un modello funzionale economico
sostanzialmente inefficiente, un vero e proprio fenomeno entropico.
Un ciclo
che, immutabilmente, si sviluppa per un certo lasso di tempo e si conclude,
all'esaurimento della sua propulsione, in un collasso funzionale la cui gravità
viene ritenuta ininfluente (e sminuita dai successi precedenti) ed a cui si
ritiene di poter porre rimedio ricominciando altrove.
Ci si comporta come
cavallette piuttosto che come contadini che perseguono la sostenibilità del
proprio ciclo vitale.
La pratica liberista ha sempre raccolto i frutti delle fasi iniziali e
lasciato allo stato la gestione delle conseguenze negative di questo ciclo che,
tra l'altro, diviene sempre più corto e meno performante, a testimonianza
dell'esaurimento della sua vitalità.
Credo che sia giunto il momento di ridiscutere e fissare le quote di
partecipazione ed i ruoli delle due entità nella conduzione dei fenomeni
economici.
Credo anche che questa necessità si sia resa indiscutibile alla luce
del fatto che, a differenza di quanto si verificava nel diciottesimo secolo, non
vi sono più frontiere da superare, perlomeno a costi sostenibili. Ciò fa si che
la tattica di spostare altrove l'azione, mancando nuovi territori e luoghi
fisici, si trasformi nella decadente pratica della postulazione di luoghi
virtuali.
Una pratica scellerata la quale, mi sembra, si sostanzi nella
prevalenza della finanza più astratta e cinica a discapito dell'economia
produttiva.
In una competizione tra la dottrina economica liberista e quella marxista,
unico competitore sotterrato nel frattempo dal verdetto della storia, credo che
il liberismo possa essere dichiarato vincitore solo in quanto unico
sopravvissuto.
Troppo poco.
Mi sembra, in altre parole, che mai come ora l'umanità necessiti di una
nuova teoria economica, che consenta il superamento di quelle fin qui attuate e
affronti con rinnovato spirito vitale le grandi incognite, sociali ed
ambientali, che già ci hanno investiti.
La ringrazio anticipatamente per l'attenzione che riterrà di poter
rivolgere a queste considerazioni e Le auguro un buon lavoro.
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