mercoledì 25 gennaio 2012

La misura è colma


Un vecchio proverbio, tedesco mi pare, dice grosso modo che “chi guarda gli alberi non vede la foresta”; profondo e contemporaneamente banale, come tutti i proverbi.
Sta di fatto che, distratti dai lanci giornalistici e coinvolti nelle aspre dispute che infiammano il dibattito politico, rischiamo di perdere la visione d'insieme e di non capire che sta svolgendosi il tipico teatrino mistificante dei soliti, e noti, “furbetti”.

A posteriori, non appena il tempo avrà aggiunto un po' di distanza, si vedrà più chiaramente di quanto non appaia ora chi, nel nostro sciagurato paese, è animato dal senso civico e del dovere.
Si prenderà atto di chi pur protestando accetta, ancora una volta, di rinunciare a sacrosanti diritti - pagati nel corso di una vita con rinunce, lotte e sudati guadagni - in nome dell'emergenza di cui, peraltro, non porta neanche la principale responsabilità.

Altrettanto nitidamente spiccherà chi, già tradizionalmente abbarbicato a privilegi irragionevoli e chiuso nel recinto della propria gilda corporativa, ritiene di poter continuare ad imporre monopoli di fatto, cartelli e protezionismi asfissianti.
Verranno, retrospettivamente, inchiodati alle loro responsabilità coloro che senza adempiere adeguatamente ai propri obblighi fiscali, reclamano servizi per i quali non hanno pagato e che anzi hanno sottratto a chi, più fragile, ne avrebbe avuto maggior diritto.

Tutto ciò sarà chiarissimo, ma è lampante già da ora, se riuscite a superare le ciniche manovre di “distrazione di massa” messe in atto dai renitenti alla cittadinanza responsabile.

Il governo tecnico si è insediato con il compito di trarre il paese dalle secche di una perniciosa decadenza economica e strutturale, un vero e proprio “bacio della morte”.
Non si trattava di elaborare aggiustamenti, pannicelli caldi o manovrine di facciata.
Si trattava di lacrime, sudore e sangue di churcilliana memoria.
I lavoratori dipendenti ed i pensionati (quantitativamente la parte più rilevante della nazione) sono stati precettati immediatamente e con le brusche, per di più.
Certo che hanno protestato, visto il rospo da ingoiare.
Naturale che abbiano fatto presente che avevano già dato, peraltro spesso a fondo perso e senza ricevere vantaggi commisurati.
Chiaro che hanno accettato di fare la propria parte senza ricatti, rivolte e minacce all'ordine pubblico, come sempre.

Adesso è venuto il turno dei petrolieri che, misteriosamente, non riescono a differenziare che di pochi millesimi il prezzo alla pompa tra le varie compagnie, che reagiscono come ghepardi all'aumento del greggio e come bradipi al suo ribasso, che ricattano i gestori e li incatenano alle proprie politiche commerciali.
E' la volta delle ferrovie che abbandonano il traffico pendolare e che disorganizzano subdolamente i collegamenti interregionali, per dichiararli improduttivi, e scodellano sostitutive Frecce Rosse costosissime e parcellizzate in classi esclusive.
Tocca ora alle banche che, come i petrolieri, sono singolarmente allineate nell'offerta commerciale, che pretendono depositi, li remunerano poco e male e non adempiono alla loro funzione principale, l'erogazione del credito.
E' il turno dei notai, imprescindibili, costosi e territorialmente contingentati; professione chiusa per antonomasia.
Tocca alla pletora di professioni e mestieri dediti alla mimesi fiscale ed alle prestazioni, più o meno approssimative, accompagnate dalla rituale formula  di “80 senza e 100 con”.

Tocca a tutti costoro o, meglio, toccherebbe.
I grossi (banche, petrolieri, ferrovie ecc. ecc.) hanno già azionato le loro liaison e da consumati volponi, senza eccessivo clamore, hanno già strappato differimenti e conferimenti ad authority, presenti o future, dove non disperano di poter edulcorare o depotenziare i decreti governativi.
I piccoli (professionisti, farmacisti, autotrasportatori e tassisti e via elencando), chi più chi meno, si sbragano e minacciano di paralizzare il paese. Ma come, non erano i flagellatori dell'eccessivo ricorso allo strumento dello sciopero?
Il problema è che in Italia il pensiero scientifico, con il conseguente rigore, è negletto. E' troppo impegnativo. C'è il rischio di dover essere coerenti.
Il nostro è un paese di avvocaticchi. La verità assoluta non esiste, esiste solo la propria tesi contingente. Così quello che tu fai costituisce una prevaricazione, mentre per me è un sacrosanto diritto, o viceversa. Dipende dall'immediato tornaconto.

Vorrei dire solo una cosa al governo ed ai politici.   Vedete bene di riservare anche a questi incivili mantenuti le stesse brusche maniere che ci avete riservato.    
Questa volta non potrà andare a finire come al solito. Chi ha sempre fatto la propria parte, con scarso vantaggio e nessun riconoscimento, questa volta è prossimo al tracollo e, come tutti quelli che hanno poco da perdere, diviene estremamente reattivo e portato ad incazzarsi parecchio.
Questa volta non abbiamo dato a fondo perso, abbiamo investito le nostre ultime sostanze e vogliamo vedere un adeguato ritorno. 
Avete capito PERDIO?

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