Io
a questo giro non sono chiamato a votare, ma se lo fossi, o quando
dovrò farlo, selezionerei la lista di sinistra che più si avvicina
al mio sentire. Astenermi o votare scheda bianca sarebbe per me
una sconfitta morale insopportabile.
Lo
farei per non "convalidare" un partito stravolto da una
deriva autoritaria e peronista e per non reggere il sacco ai
diligenti sicari di un potere finanziario e sovranazionale, non
sottoposto al vaglio di consultazioni democratiche, ma non coltiverei
certo il sogno di aver trovato la giusta risposta ad un popolo di
sinistra orfano di rappresentanza.
Tutte
le formazioni di "sinistra-sinistra", al momento votabili,
non sono ancora uscite dal ghetto autoreferenziale e identitario
delle innumerevoli schegge che hanno frammentato la sinistra, aprendo
la strada al Partito della Nazione di Renzi.
Tutti
si fregiano di una gloria spuria per il buon risultato elettorale di
Podemos, ma nessuno dei precipitosi estimatori ha mostrato di capire
la natura profondamente innovativa di quella formazione tranne,
forse, Landini con la sua proposta in laboriosa e indefinita
gestazione.
Nessuno
ha capito che si tratta di un movimento che parte dalla
volontà/capacità di semplici cittadini a farsi coinvolgere in un
processo fondativo e con la prospettiva, credibile, di poter poi
partecipare al governo delle iniziative individuate.
Pochissimi
si sono accorti che i promotori del fenomeno Podemos sono certamente
esperti di scienze sociali e con pregresse esperienze di impegno
politico, di base in genere, che però non si sono proposti,
assiomaticamente, quale gruppo dirigente.
Si
sono messi al servizio della elaborazione di una linea e di un percorso,
dopo aver fornito le premesse organizzative e facilitato
l'acquisizione degli strumenti di base, lasciando poi alla gente il
compito, e l'onere, di sviluppare, gestire, verificare e manutenere
un progetto politico.
Sto
parlando di qualcosa che qui da noi non esiste. Qualcosa che ha
cercato più volte di svilupparsi (girotondi e popolo viola per
esempio), ma che è sempre stata strangolata nella culla,
invariabilmente e immediatamente bastonata sulle orecchie da chi non
gradiva certo l'intromissione di sprovveduti e inopportuni
“cosacchi”.
Non
gradivano certamente i partiti storici e tradizionali, centralisti
per antica abitudine e dediti alla blindatura del personale politico
che li esprime, e ancor meno gradiscono oggi, in tempi di candidato
“impresentabile”, quando la commistione tra affari e politica, o
tra malavita e politica, non ha più neanche il pudore di rimanere in
una prudente ombra.
Renzi,
come sempre, mette il cappello su tutto ciò che appare vincente,
senza troppo preoccuparsi della verosimiglianza delle sue pretese, e
dunque si fa un selfie ideale con Podemos, senza chiedere il permesso
e pronto a dimenticarsene non appena ciò gli farà gioco.
Ma non gradirebbe molto neanche la grande novità del panorama italiano, quel 5 Stelle che si è proposto, con grande successo, quale interprete del malessere generale e forza moralizzatrice, a contrasto del malaffare che impera nei vari livelli di governo del nostro paese.
M5S
rivendica più di un'affinità con Podemos, però Pablo Iglesias ha
rigettato questa consanguineità, senza acrimonia, ma fermamente, ed
io credo che vi sia più di una ragione per rifiutare questo
apparentamento.
Podemos
promuove istanze di base che elaborano proposte e che vengono
consultate in ogni fase, soprattutto quando si tratta di verificare e
rimodulare, se del caso, l'azione politica. Nel farlo non ha la
pretesa di esercitare una tecnologica, e illusoria, democrazia
diretta. Accetta il rischio di uno scollamento dalla base e lo
combatte rinforzandone il coinvolgimento.
M5S, invece, appronta una piattaforma informatica, asfittica, insufficiente e dalla incerta funzionalità, che copre un risicato 2,2% della base elettorale. Vi sono “cittadini” parlamentari o consiglieri selezionati da “primarie” elettroniche che individuavano candidati “forti”, talvolta, anche di solo una decina di sostenitori.
Quando
poi accade, come col quesito sulla partecipazione ai colloqui con
Renzi Presidente incaricato, che la base esprima un orientamento non
gradito, allora partono immediatamente scomuniche e greve ironia da
parte del “portavoce” Grillo, il quale si contorce e protesta per
“l'errore” degli elettori e dunque vi partecipa, non potendo
smentirsi così platealmente, ma solo per far fallire il colloquio e
dire: “visto? Ve l'avevo detto!”.
Anche
la sinistra-sinistra ama apparentarsi con l'esperimento vincente
spagnolo, ma non sembra ancora disposta ad abbandonare la vocazione
verticistica che l'ha sempre caratterizzata e, piuttosto che porsi
come un'avanguardia che sollecita una presa di coscienza,
propiziandone il concretarsi in un progetto vitale ed operativo,
continua a sembrare il solito Stato Maggiore alla ricerca di un
esercito che ne giustifichi esistenza e velleità.
Nessuno
infine sembra capire, o forse lo capiscono fin troppo bene, che
quando solleciti realmente, e non per modo di dire,
l'autodeterminazione di un popolo finisci col cavalcare un inquieto
dragone, insofferente ad ogni mordacchia, che potrebbe anche
elaborare risposte non previste e, qualche volta, assai sgradite.
E'
dunque una cosa che va fatta con cognizione di causa e serietà
d'intenti, senza la presunzione di poter suonare ad orecchio o di
potersela cavare con i contorsionismi dialettici cui ci ha abituato
Renzi.
Io,
insomma, non voterei PD e invito tutti a non farlo, ma anche a capire
che non basta, che dovremmo decidere di rimboccarci le maniche,
smetterla di delegare ed avere il coraggio anche di un certo
anticonformismo, per evitare di ricalcare orme che ci hanno già
portati nel posto sbagliato.
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