venerdì 1 ottobre 2021

Quando diritto e giustizia hanno percorsi separati.


Mimmo Lucano è stato condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere.

Il dispositivo (per la sentenza dovremo aspettare mesi) certifica che Lucano non ha favorito l’immigrazione clandestina, mentre l’accusa di aver organizzato “matrimoni di comodo tra cittadini riacesi e donne straniere al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano” è stata ritirata dai PM.

La condanna è dunque stata comminata per punire i reati contro la pubblica amministrazione, la pubblica fede e il patrimonio, ovvero: associazione per delinquere finalizzata a “commettere un numero indeterminato di delitti”, falso in atto pubblico e in certificato, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, abuso d’ufficio e peculato.

Messa giù così suona malissimo, e non incidentalmente, come sospetto.

Parrebbe quindi che non sia stato condannato per aver violato una legge voluta da Lega e Alleanza Nazionale per creare un reato, prima inesistente, al solo scopo di respingere i profughi che arrivano alle nostre frontiere, in un impianto di diritto xenofobo intrinsecamente anticostituzionale.
È stato condannato, con suprema ipocrisia, per i mezzi e gli escamotage da lui impiegati per offrire a quei poveri disgraziati qualche prospettiva, aggirando gli ostacoli pretestuosi inventati dalla parte destra dell'emiciclo parlamentare.

In pratica è stato comunque condannato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ma in modo ellittico e presentandolo come "truffatore", come si è subito premurato di sottolineare quel rodomonte privo di umana dignità di Capitan Mojito, che adombra certezze di vantaggi personali, per Lucano, del tutto smentite dai fatti.   

La strada percorsa dal collegio giudicante, peraltro, ha consentito di moltiplicare le pene minime previste dai reati contestati fino a triplicarne la consistenza, cosa che ha suscitato ben più di una perplessità tra gli addetti ai lavori.

In un certo senso il paradigma è speculare a quello che ha assolto Dell'Utri per la vicenda della trattativa Stato-mafia.  In quel caso l'esponente forzista è stato coinvolto in un fatto accertato, che è stato dichiarato "reato" solo in riferimento ai capi mafiosi coinvolti.  Nella vicenda di Mimmo Lucano il reato principale non è contestabile, dunque lo si condanna per altro.

Io sento un forte odore di bruciato, non so voi.  

La questione è sempre la stessa, dalle leggi razziali a scendere: una cosa può essere illegale, ma anche e contemporaneamente giusta e degna, perché diritto e giustizia non camminano sempre insieme.

Apartheid, schiavitù e colonialismo sono aberrazioni che hanno goduto dei crismi della legalità, ma le leggi che le autorizzavano erano una forzatura, la formalizzazione di un sentire che autorizzava comportamenti inumani e puniva chi ne confutava la legittimità.

Se domani dovesse essere dichiarato illegale prestare opera di volontariato, settore nel quale sono impegnato, e dovessi scegliere tra la mia coscienza e la legge, dovrei diventare un "fuorilegge" per sopportare la faccia nello specchio che vedo ogni mattina.

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