sabato 26 gennaio 2019

Quando la speculazione avrà fatto del suo peggio, due più due farà ancora quattro. (Samuel Johnson)


In risposta ad un amico e collega che è intervenuto in una discussione, ho scritto un commento che ora vorrei depositare qui, in una forma autonoma.

Io, nella vita, avrei dovuto fare altro che lavorare per 36 anni in una banca. Il mio dequalificatissimo diploma è di maturità tecnica industriale, e avrei dovuto operare nel campo della meccanica.
Invece ho lavorato quale monachello di uno degli ordini minori della grande chiesa del denaro anche se, al suo interno, per circa la metà del tempo, e nella parte centrale della mia carriera, quella che più mi piacque e che mi diede più soddisfazioni (solo personali), mi sono occupato di vari aspetti dell'informatica, delle telecomunicazioni e anche di formazione.

Fui propriamente bancario all'inizio del percorso, da peone di un ufficio posizioni conti correnti, quando mi immersi negli aspetti più operativi e, apparentemente, di basso livello del lavoro bancario.

Dico apparentemente perché, ai tempi e grazie al quasi inesistente supporto di un centro elettronico ancora distante e basato su schede perforate, la tenuta contabile dei conti correnti, la gestione dei quadri valute e dei portafogli effetti, con tutta la complessa attività relativa a pagamenti, ritiri e proroghe, consentiva di avere una solida conoscenza dei meccanismi alla base del lavoro bancario e del funzionamento di fidi, esposizioni contabili, disponibilità e saldi.
Una cosa che poi colleghi più giovani, assunti quando certi processi vennero completamente automatizzati, non riuscirono mai a padroneggiare, perdendoci molto in consapevolezza e capacità di comprendere veramente la natura del lavoro che erano chiamati a svolgere.

Tornai ad essere un vero bancario nella parte finale del percorso, prima quale assistente alla clientela, con lo sgraditissimo compito di proporre investimenti e strumenti finanziari dei quali diffidavo profondamente (infatti ebbi valutazioni pessime), e poi divenendo analista fidi, assistente nel settore corporate e, infine, gestore imprese, con un certa soddisfazione, perlomeno fino a quando, comprati dalla grande banca, fui obbligato a lavorare in modo tale da richiedere io stesso di venir demansionato nuovamente ad assistente, dato che per me il cliente è da servire e non da usare.

Devo forse al fatto di non essere né ragioniere né laureato in economia l'ingenua convinzione iniziale, poi azzerata dall'esperienza, che la borsa valori fosse realmente il posto nel quale investitori e imprenditori si incontravano con reciproco vantaggio, per mettere in comunicazione la disponibilità finanziaria con la produzione di beni e servizi.
In realtà è il posto nel quale gente con molti soldi, o molto appetito e non necessariamente facoltosa, va a scommettere, come in un casinò qualsiasi, ma con la speranza/presunzione/convinzione di farlo con minore aleatorietà.

La sostanza oggettiva della finanza, intesa come disciplina economica che studia i processi e le scelte di investimento e finanziamento, è sempre stata slegata dalla realtà produttiva delle attività umane, traendo da queste, al massimo, i presupposti iniziali, ma divenendo immediatamente autonoma.

La finanza scommette tanto sul successo quanto sul fallimento delle imprese, anzi finisce che i guadagni più grossi ed immediati li consegue su ciò che deraglia più che su quello che costruisce positivamente valore aggiunto.

La fase crepuscolare del capitalismo, quella che stiamo vivendo, caratterizzata da mercati maturi (anzi scaduti), risorse in esaurimento e margini in contrazione non può che stimolare la metastasi finanziaria e incautamente speculativa, anche perché la visione prospettica del capitalista da manuale raramente si spinge oltre la prossima assemblea degli azionisti, e solo per i più lungimiranti quello è l'orizzonte, per tutti gli altri, la gran parte, si arriva alla semestrale, o anche meno.

Cosa gliene cala se tutte le sue ingegnose invenzioni, il suo costante sollevarsi per i lacci delle scarpe, costruiscono il disastro prossimo venturo, se l'effetto cumulativo dei suoi dissennati scherzetti è la più convincente dimostrazione del concetto canonico di entropia?

Nulla! Non gliene cala nulla. Conciona continuamente sull'inesistenza di pasti gratis e poi si infila in tasca fette di roastbeef dal vassoio del ristorante.

Il pensiero liberista ha impiegato molto tempo e risorse per darsi un supporto teorico, ma alla fine si tratta solo di scommettere, e se si riesce farlo in modo sporco tanto di guadagnato.



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