Tutta
la manovra dell'Eurogruppo nei confronti della repubblica ellenica si
è svolta sotto la soffocante presenza di due elementi:
- il totale disprezzo per l'espressione della volontà di un popolo, mediata da percorsi rappresentativi democratici che, evidentemente, per il Direttorio in gran parte privato, non eletto e privo di controlli non hanno alcuna importanza
- il costante, gelido e determinato, atteggiamento ricattuale nei confronti dei greci.
Quei dati, una volta presentati, non venivano
esaminati e davano luogo semplicemente ad altre richieste ugualmente
inutili e ininfluenti.
Ogni qualvolta Tsipras o Varoufakis ponevano
sul tavolo qualche piano alternativo alla strategia di stretta
austerity conculcata dall'Eurogruppo, quel piano non veniva
esaminato, ma semplicemente rifiutato senza commenti che non fossero
un generico rifiuto di una materia troppo politica a fronte di
problematiche economiche, come se l'economia non fosse uno strumento
di implementazione politica.
La
Grecia è stata rintuzzata con le brutte e giocando sulla disparità
dei rapporti di forza, totalmente favorevoli all'Eurogruppo.
In
realtà così come la Germania ha bisogno di un'area Euro, altrimenti
il suo export diverrebbe troppo sconveniente, anche la Grecia
necessita di restare alla larga da un ritorno alla valuta nazionale, data la situazione fuori controllo del debito pubblico, che è in gran parte in mano a creditori esteri, e che la porterebbe in brevissimo tempo ad una dracma che
varrebbe meno della carta su cui sarebbe stampata.
Tsipras ha
valutato correttamente i rapporti di forza, le effettive possibilità
tecniche del suo paese ed ha preso in considerazione la volontà del
suo popolo che, in base ai sondaggi, ha dichiarato di non volere un
ritorno alla dracma. Un traditore? Direi di no, piuttosto un
dolente realista che ha riconosciuto la completa chiusura dei suoi
interlocutori alle sue tesi e la volontà di questi ad ottenere
quanto desiderato.
Io
non sono un fan dell'abbandono dell'Euro, non fosse altro perché chi
lo propugna, di norma,non dà segno di aver tenuto in conto tutti gli
annessi e connessi della manovra, ragionando come quei tali che,
quando sono nelle peste, sperano che cambiando quartiere cambi anche
la sfiga, dimenticandosi che i problemi ti stanno sempre attaccati
ai calcagni.
Uscire
dall'Euro, se non sei in grado di sottrarti alle pressioni di chi già
ti tiene in scacco, non serve a nulla, anzi non farebbe altro che
facilitare a costoro il compito. Anche noi, come la Grecia,
abbiamo il problema della consistenza del debito pubblico e
l'identico problema del suo costante rinnovo. Molti mi obiettano
che, passando ad una lira immediatamente svalutata, il nostro debito,
ridenominato in lire, verrebbe automaticamente abbattuto in termini
assoluti, il che è vero, ma dato che non possiamo prescindere dal
rinnovo delle tranche in scadenza, le nuove emissioni avverrebbero a
rendimenti percentuali proibitivi, a due cifre, vanificando in breve
tempo l'efficacia della manovra. O ci siamo già dimenticati come, agendo sullo spread, a suo tempo venimmo "messi al nostro posto"? Euro, Lira o dollari di Monopoli noi non abbiamo, semplicemente, l'autonomia di cui necessiteremmo.
Rimanere
nell'Euro, o andarsene, non incide direttamente sul vero problema
europeo che è una governance ademocratica, quando non decisamente
antidemocratica.
Esiste un parlamento europeo, unica istanza elettiva, che è però meramente consultivo, un orpello costoso ed inutile a schermo dell'effettiva residenza del potere.
Poi c'è la realtà fattuale di un direttorio la cui guida è la risultante di guerre per bande e che vede la presenza paritetica, ma ci sarebbe da discutere anche su di questo, di organismi privati, non controllabili ed autoreferenziali.
Esiste un parlamento europeo, unica istanza elettiva, che è però meramente consultivo, un orpello costoso ed inutile a schermo dell'effettiva residenza del potere.
Poi c'è la realtà fattuale di un direttorio la cui guida è la risultante di guerre per bande e che vede la presenza paritetica, ma ci sarebbe da discutere anche su di questo, di organismi privati, non controllabili ed autoreferenziali.
Dunque rimanere nella moneta comune
avrebbe senso solo se tale stato di cose venisse corretto, ma anche
uscirne risulterebbe conveniente solo concertando la cosa con gli
altri “terroni” europei, concordando politiche, provvedimenti,
una governance elettiva e che risponde all'elettorato e, magari, una
divisa comune dalle caratteristiche completamente differenti da
quelle dell'Euro (e con questo concorrente), con la facoltà di battere moneta a seguito di
coerenti iniziative di politica economica.
In tutti e due i
casi, evidentemente, non si può prescindere da un concerto tra le
nazioni efficace e trasparente e che faccia tramontare quella
“democrazia rituale” che vede alcuni “più uguali di altri”,
con nazioni che cascano sempre in piedi ed altre che sono
costantemente marginalizzate (una delle cause, tra l'altro, del
sostanziale fallimento degli scopi dichiarati e dell'operatività
dell'ONU).
Esiste
questo concerto? Al momento no. I paesi si dividono tra capibranco,
mosche cocchiere, mercenari interessati, speranzosi servi e sfigati
in servizio permanente effettivo.
Mancano solidarietà e visione prospettica. Manca soprattutto, da parte degli speranzosi servi, la consapevolezza che anche se al momento non sei nella bufera, comunque il tuo nome è su di una “to do list” e che dunque prima o poi toccherà anche a te.
Mi viene in mente il brano di Brecht “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano” ecc. ecc.
Mancano solidarietà e visione prospettica. Manca soprattutto, da parte degli speranzosi servi, la consapevolezza che anche se al momento non sei nella bufera, comunque il tuo nome è su di una “to do list” e che dunque prima o poi toccherà anche a te.
Mi viene in mente il brano di Brecht “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano” ecc. ecc.
C'è un'alternativa, non so quanto auspicabile, che
vede la Germania implodere sotto il peso della sua fragilità,
costruita, non meno della sua prosperità, con solerzia ed applicazione e configurando un continente in tutto dipendente dalle sue
necessità, ma che perciò stesso, è votato alla deflagrazione delle
tensioni che ciò comporta.
A tal scopo mi sento di proporre
un intervento al Bundestag dell'onorevole Gregor Gysi, del partito
Die Linke, che inchioda Schäuble ed il suo partito alle
responsabilità storiche del loro agire e che dopo aver detto che il
Cancelliere effettivo non è la signora Merkel, bensì il ministro
delle finanze, rincara la dose asserendo:
“voi della CDU vi
vedete come i vincitori e voi della SPD volete vincere insieme a
loro. Ma chi non riesce a smettere di vincere, prima o poi sarà
chiaramente sconfitto”.
Un
discorso devastante, che ci fa capire i reali rapporti di forza della
politica tedesca, il golpe virtuale compiuto da Schäuble nei
confronti della democrazia, greca quanto tedesca o degli stati
sottoposti ai diktat della cricca neoliberista.
Il vasto favore
popolare di cui il governo tedesco può vantarsi, in questo lucido
intervento viene denunciato quale risultato di menzogne accuratamente
coltivate.
Una valanga di accuse inaggirabile, proprio perché
denunciata da un tedesco.
E dunque, qual'è il vero problema,
l'Euro o la configurazione dell'abortita entità europea?
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