Fantastico.
Ho scritto a Napolitano e a Monti, il mio Presidente ed il mio
Premier, e non mi hanno risposto. Ho
scritto al Presidente USA (vedi “who rocked the boat” postato il
29/11/11) e mi ha risposto. Sembra più una circolare che una lettera, però mi ha
risposto.
Ovviamente
Mr. Obama non ha mai letto la mia mail, la quale è stata gestita da
incaricati e funzionari presumibilmente oberati dal disbrigo di
quantità rilevantissime di posta quotidiana.
Si
potrebbe obiettare che il funzionario che mi ha inoltrato la risposta in nome di Barak Obama, ha
dedicato un'attenzione frettolosa e piuttosto superficiale al mio
scritto e che, di conseguenza, la risposta non sembra essere proprio
centrata. Anzi risulta leggermente comica visto che sembra
cercare di rassicurare me – italiano – del fatto che
l'amministrazione Obama avrà sempre a cuore gli interessi americani
e, con e per questi, gli interessi di altri paesi (bontà loro). Io
credevo, appunto, che “certi” interessi americani fossero
devastanti per loro e per il resto del mondo. Va anche detto che i
disastri che stiamo vivendo si sono originati durante altre e
precedenti amministrazioni (parlo della “dinastia” Bush). Alla
fine sono solo uno sconosciuto rompiballe europeo; meritavo tempi e
risorse limitati.
Il
fatto è che, nonostante la mia assoluta irrilevanza, il capo della
grande superpotenza superstite - il suo staff in realtà, ma dietro
indicazioni del boss - ha ritenuto che la mia mail, molto critica e
leggermente sgarbata, meritasse comunque una risposta. Trovo che
questo evento sia assolutamente rimarchevole.
Siamo
di fronte ad una cultura politica differente. I miei governanti mi
hanno considerato molto più irrilevante di quanto non abbia fatto un
capo di stato straniero.
Ho,
negli ultimi tempi, scritto a molte persone. Ho sottoposto i miei
pareri, le mie domande e le mie ambasce a giornalisti, redazioni,
sindacati, segretari di partito e alte cariche dello stato.
Tutti
questi interlocutori sono sottoposti ad un flusso continuo e corposo
di sollecitazioni e domande. Alcuni di loro sono anche gravati da
pesanti responsabilità.
Per un giornalista, in fondo, la
risposta è solo un'opzione, magari desiderabile, ma comunque una
scelta discrezionale.
Per i politici, invece, dovrebbe essere una
preziosa opportunità.
Per le figure istituzionali, poi, dovrebbe
essere un obbligo morale.
E invece niente, ma si
tratta, come dicevo, di una cultura differente. Qui da noi impera, nelle
migliore delle ipotesi, l'atteggiamento alla “spostati ragazzino,
fammi lavorare”.
Alla
fine, tra tutti questi interlocutori, solo due hanno trovato il tempo
e la voglia di rispondermi. Uno
è Michele Serra, che mi ha risposto con la sua consueta sensibilità
e proverbiale garbo, l'altro è Obama, per l'appunto.
Vi
giro, dunque, questa risposta preceduta da una mia traduzione forse non perfetta, ma comunque adeguata, credo.
Caro
amico
la
ringrazio per aver scritto. Sostenere
il
progresso e
la
stabilità
in
tutto il
mondo
è un imperativo strategico, economico e
morale
per
la
nostra nazione,
ed
io apprezzo
il
suo punto di vista.
Nel
mondo
globalizzato
odierno,
una
crisi finanziaria
o
un un
focolaio
di malattia
in
un altro continente
possono avere conseguenze anche in casa nostra.
Per trattare le sfide che abbiamo di fronte,che trascendono i
confini, sono fondamentali gli investimenti all'estero e le
partnership. La mia Amministrazione continua a lavorare con le
nazioni di tutto il mondo per favorire la crescita economica,
promuovere i diritti umani e la governance democratica, rispondere
alle crisi e soddisfare i bisogni umani fondamentali. Le iniziative
di sviluppo all'estero della nostra nazione sono combinate con il
nostro impegno a rilanciare le istituzioni multilaterali e a
massimizzare l'impatto degli aiuti all'estero per creare le
condizioni per arrivare a diminuirne la necessità o eliminarli.
Con
il progresso, anche nei paesi più poveri, può aumentare non solo la
sicurezza, ma anche la prosperità delle persone, ben al di là dei
loro confini, fino agli Stati Uniti compresi. Con l'apertura
dei mercati ai nostri beni e la riduzione dei rischi per gli
investimenti delle nostre aziende all'estero, i nostri sforzi per lo
sviluppo internazionale vanno a beneficio del settore privato
americano e creano posti di lavoro. In definitiva, renderemo
migliore il futuro dell'America e la vita di innumerevoli donne e
uomini accrescendo sempre più il benessere di paesi prosperi, validi
e democratici con i quali potremo lavorare nei decenni a venire.
La
mia amministrazione continuerà ad utilizzare tutte le nostre
capacità, compresa l'assistenza all'estero, per proteggere gli
americani e creare un futuro più sicuro e prospero. Per saperne di
più sulla mia visione per il ruolo dell'America nel mondo, visiti i
siti www.WhiteHouse.gov/issues/foreign-policy,www.State.gov,
e www.USAID.gov.
Grazie
ancora per avermi scritto.
Cordiali
saluti.
Barak
Obama
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