E' una settimana che ci menano il torrone, come si dice a Milano, con 'sta vaccata del Black Friday ed io, che ho una personalità oppositiva, mi sono guardato bene dall'approfittare dei fantastici sconti con i quali ci stanno martellando, anche perché è del tutto evidente che ci stanno pigliando per i fondelli.
Come avviene infatti con la nota azienda che propone divani e poltrone, con i suoi simpatici artigiani dalla divertente calata romagnola, quei fantastici sconti sono in realtà proposti, in un modo o nell'altro, tutto l'anno.
Si tratta in effetti di uno strumento marketing piuttosto banale, reso possibile da precisi prerequisiti che incidono sulla nostra qualità di vita, ma più come lavoratori che come consumatori.
Quelle fantastiche offerte, proposte tanto frequentemente da essere ormai diventate la normalità, sono infatti il controaltare di condizioni salariali marginali, in un contesto di normative lavoristiche integralmente sbilanciate a favore delle imprese, con lavoratori deboli, ricattati, precari e soggetti a condizioni operative e di vita vergognose e spesso sconfinanti nel paraschiavistico.
E quanto sopra vale se ci limitiamo al caso di produzioni in ambito occidentale, o alla distribuzione, ma se cominciamo a parlare delle snickers di uno dei famosi marchi mondiali, o di qualche pallone e di quasi tutti i capi d'abbigliamento griffati, oggetti cuciti e confezionati da eserciti di minori in antri fumosi e malsani in qualche slum del terzo mondo, allora ci trasferiamo in veri e propri gironi infernali.
Ma anche l'elettronica di consumo, col suo contenuto tecnologico che è fuori della portata esecutiva di bimbetti curvi su deschi sui quali consumano un'infanzia privata della sua innocenza, viene prodotta ed assemblata in fabbriche lager convenientemente dislocate in paesi che sgomitano per percorrere, in una frazione del tempo occorso all'Inghilterra sette/ottocentesca, la loro personale rivoluzione industriale.
Una fase economica che infatti si consumerà in una parabola drammaticamente più corta di quella originale, data la vicinanza del modello liberista alla sua consunzione per raggiunti limiti teorici ed operativi, per non parlare del consumo irresponsabile e suicida delle risorse naturali.
In quelle fabbriche la componente umana spesso vale meno delle attrezzature che maneggia, e risulta agevolmente sostituibile, ragione per la quale nessuno vede nelle malattie invalidanti, o nei suicidi da superprestazione, altro che un momentaneo intoppo.
Che si fa di un utensile di poco prezzo che si consuma? Semplice, lo si getta, e si pesca dal cassetto uno nuovo. Amen!
Quei fantastici sconti sono in realtà resi possibili dallo sfruttamento di forza lavoro sistematicamente privata di forza contrattuale, e configurano non un prezzo di favore, valido solo per occasioni irripetibili, in realtà continuamente reiterate, bensì il reale valore di mercato di oggetti e servizi la cui vendita, a dispetto della presunta convenienza, comporta margini di guadagno abnormi per i colossali players che gestiscono l'affare.
L'economia è un classico esempio di sistema chiuso, a somma zero. Al suo interno, in un dato momento, la quantità di ricchezza è un dato finito. Se la sua distribuzione è iniqua i vantaggi stanno solo da una parte, e la cosa configura una prevaricazione sostanzialmente delinquenziale, qualsiasi cosa la mistica liberista appositamente confezionata all'uopo pretenda di dire a riguardo.
Prodotti e servizi vengono proposti a prezzi relativamente bassi ad un'utenza il cui potere d'acquisto viene costantemente mortificato dalle logiche che rendono possibili quei prezzi, in una spirale funzionale assurda, che massimizza i guadagni di pochi a spese del sistema sociale intero, dell'equilibio ecologico del pianeta e con sommo disprezzo della dignità di chi subisce gli effetti peggiori del sistema.
Io non so proprio dire se qualcuno o qualcosa saprà contrastare questo stato di cose, ma se non sapremo darci un limite siamo tutti destinati ad un medioveo distopico ad alta tecnologia e bassa vivibilità, come quello descritto in alcuni racconti o film di fantascienza sgradevolmente verosimili, come il pregevole Elysium.
Per il momento mi accontento di non collaborare troppo. Opto dunque per gli acquisti che ritengo necessari, escludendo quindi le orge voluttuarie, quando l'oggetto, o il servizio, mi servono effettivamente, cosciente del fatto che l'urgenza di acquisto artificialmente indotta mediante sconti in realtà fasulli è al servizio di interessi assolutamente contrastanti con il mio.
Ma ci sono altre cose che mi rifiuto di fare, come per esempio approfittare degli assurdi orari di apertura della grande distribuzione. Non ho alcun bisogno di comprare un etto di formaggio, o una camicia iperscontata, alle 22.00 di un sabato notte, o la mattina di S.Stefano.
E se invece non posso fare altro è perché quella possibilità è all'origine delle mie limitazioni, spacciate per opportunità dilatate, un po' come accade con il vetraio che ti sfonda la finestra con un mattone avvolto nel volantino della sua pubblicità.
Il primo passo è sempre la consapevolezza. Poi, se si è intellettualmente onesti, e civicamente solidali, viene anche l'incazzatura, ovvero il mattone fondamentale di una riscossa veramente necessaria.
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