Il claim con il quale Internazionale.it accompagna il breve reportage del Guardian sui sex robots recita:
“Voglio diventare la ragazza che hai sempre sognato”, dice Harmony.
Matt McMullen, fondatore di un’azienda che produce bambole in silicone, ha ideato Harmony, un robot del sesso che sarà messo in commercio entro la fine dell’anno. Centinaia di persone sono già interessate.
I progressi tecnologici e l’intelligenza artificiale hanno trovato applicazione anche nell’industria del sesso. Ma questi robot somigliano più alle pornostar che alle donne vere, e potrebbero promuovere l’idea che le donne siano oggetti da possedere.
Ho
visionato il breve video sapendo già cosa aspettarmi, grosso
modo, e non sono certo rimasto deluso, per così dire.
E'
un argomento che sicuramente non si può esaurire in poco più di un quarto
d'ora, e altrettanto certamente ognuno dei fruitori del video avrà
opinioni alquanto definite in proposito, perlomeno apparentemente,
però io vorrei comunque sottolineare qualche aspetto.
I
due imprenditori - il primo titolare di una già
avviatissima azienda che fornisce un catalogo di prodotti abbastanza articolato, e il secondo una specie di Wozniack/Jobs con
orgogliosa mamma al seguito - sottolineano:
1) il pragmatismo non-morale dei loro intendimenti;
2) l'utilizzo possibile, e auspicabile, delle loro proposte quale trattamento preventivo delle pulsioni dei violentatori, seriali od occasionali; un trasparentissimo alibi, in tutta evidenza;
3) che i loro prodotti sono la risposta adeguata ai bisogni di una clientela con esigenze e caratteristiche precise, ovvero una pretesa di implicita inevitabilità che introduce il punto successivo;
4) l'ineluttabilità delle ragioni del mercato, grazie alla quale se c'è domanda allora l'offerta consegue come l'umido alla pioggia, da cui il classico “se non lo faccio io lo farà qualcun altro”.
Sul
punto 1 credo che possono anche farsi uscire un'ernia nello sforzo di
sterilizzare il contesto delle loro azioni, ma non mi pare proprio
che sia possibile aggirare la dimensione morale ed etica, a
prescindere dal punto di partenza delle possibili valutazioni che si
possono fare in proposito. E quando parlo di dimensione morale non
mi riferisco tanto al sesso, quanto agli aspetti sociali e
relazionali che sono implicati.
Anche
sul punto 2 credo che i due imprenditori stiano solo ingannando
qualcuno, che si tratti di loro stessi o di chi li ascolta.
Mi
risulta infatti che un violentatore non sia interessato alla
oppressione psicologica e all'abuso di potere su cose inanimate, per
quanto mirabilmente antropomorfe, dato che nel suo caso il sesso non
è il fine ma piuttosto il mezzo con il quale afferma il suo potere
su un altro individuo, da cui consegue che un simulacro, per quanto
realistico e conturbante, non può soddisfarlo in alcun modo.
La cosa però funziona abbastanza bene se lo scopo è quello di evitare di parlare del vero target, che è verosimilmente costituito da una platea di individui, non necessariamente tutti maschili, che desiderano escludere dall'equazione che governa i loro modelli sociali il fastidio costituito da personalità autonome e non controllabili.
Sul
punto 3 forse posso convenire con loro, ma mi sembra che sia come
passare una bottiglia magnum di scotch ad un alcolizzato. Lo farai
felice magari, ma certo non gli renderai un buon servizio.
Sul
punto 4, considerato che sono da sempre un fiero antagonista del
pensiero liberista, che in quel punto viene espresso nella sua forma
più basilare e rappresentativa, fatico a non dare in escandescenze.
Quella enunciazione, non corredata da alcuna considerazione morale,
presa così come viene espressa, giustificherebbe ogni commercio
possibile, dalla tratta degli organi a quella della persona umana,
passando per il traffico di droga.
Dunque
noi abbiamo individui con problemi relazionali, e non solo sessuali,
tanto gravi da portarli a sostituire alle persone dei manufatti, tra
l'altro con la palese soddisfazione dell'intervistato che vive ormai da tre anni con una bambola/moglie, ovviamente devota e
condiscendente, e questi individui, nella visione dei due
imprenditori, vedrebbero sostanzialmente sdoganate e normalizzate le
loro esigenze, sottratte al campo del disturbo emotivo e consegnate
ad una normalità che sarebbe tale solo in funzione della sua
rilevanza numerica, opportunamente enfatizzata e spacciata per naturale.
Mi
chiedo con quali modalità quell'individuo, rassicurato da un mercato
a lui dedicato, amministrerà le differenze tra le due tipologie di
rapporto, umano e simulato, e se sarà in grado di gestire, se forzato a farlo, la manifestazione di una
personalità reale, con un libero arbitrio non congruente, senza
ritrarsi in un solipsismo definitivo, o se il contrasto non farà
emergere pulsioni aggressive e distruttive.
Mi
fermo qui, ma ho solo grattato la superficie di un argomento molto
complesso.
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