11 settembre. Ricorrenza infausta nella quale gli effetti della "politica estera" statunitense si coagulano con esiti di morte.
Ero meno che ventenne l'11 settembre 1973 (l'altro, e dimenticato, 11/9), quando
nel lontano Cile un golpe foraggiato dagli USA e dagli interessi delle grosse corporations di quel paese depose il Presidente Allende e il suo esperimento socialista.
Tra il Cile e il nostro paese c'erano allora alcuni paralleli, e noi vivemmo per anni sotto la minaccia ed il ricatto costanti di una "soluzione" cinicamente definita "spaghetti in salsa cilena", che compromise ed orientò la dinamica della dialettica politica italiana.
Essere la provincia di un impero di fatto comporta anche questo.
L'11 settembre 2001 ero un padre di famiglia di 47 anni. Quel giorno ero in ferie. Non vacanza vera, ma solo una serie di incombenze da sbrigare in orario lavorativo.
Nel pomeriggio, quando gli schianti si erano già verificati da alcune ore, entrai in un bar per un caffè. La televisione era accesa, i pochi avventori stranamente silenziosi e con lo sguardo incollato allo schermo, basiti e increduli, mentre la barista sembrava non riuscire a prestarmi sufficiente attenzione.
Guardai lo schermo e ricordo che pensai, sulle prime, che si trattasse di un film catastrofico, ma era invece la cronaca, trasmessa a ciclo continuo, del successo di un attentato costruito con grande dispendio di danaro e di energie.
Il numero dei morti raggiunse quel giorno quota 2.752 persone!
Il paese dove abito conta 2.596 abitanti!
Quel giorno un paese leggermente più grande di Bornasco sarebbe stato ingoiato in un inferno di fiamme e macerie, per non parlare delle migliaia di decessi dovuti a neoplasie contratte da moltissimi superstiti, venuti a contatto con i materiali cancerogeni dispersi nel crollo delle torri.
Ma non sono solo americani i morti di quell'attentato. Nel numero andrebbero conteggiate anche le vittime di guerre scatenate nominalmente per comminare la "giusta punizione" per quei fatti, in realtà al servizio di ciniche, e miopi, motivazioni geostrategiche che strumentalizzarono i caduti delle torri.
Guerre che sono tuttora in corso, anche se degenerate in scontri endemici tra creature politiche spietate e sanguinarie, nate quale logica conseguenza della miopia statunitense, e le moribonde entità statuali rimaste stritolate dalla perversa logica neoimperiale della grande potenza.
Guerre, infine, che si stanno avvicinando a grandi passi ai nostri territori. Ma questi territori, nella visione strategica americana, sono la marca esterna, e spendibile, di un impero di fatto, costruito anche per attutire lo scontro. Mai più un altro 9/11, mai più un convolgimento diretto della popolazione civile americana.
Che le cose accadano altrove e lontano. A casa nostra!
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