Nella
mia pagina Facebook ho “depositato”, relativamente alla
provocazione iraniana del concorso di vignette sulla negazione
dell'olocausto, questo commento:
“A suo tempo, ho evitato di dichiarare "je suis Charlie" in
quanto, pur condannando i terroristi in quanto autori di una mattanza
e araldi dell'intolleranza fondamentalista, ho espresso più di una
critica su un certo modo di fare satira, che spesso viene confusa con
la mancanza di rispetto e considerazione delle altrui sensibilità.
Dunque ora sono a posto, posso esprimere la mia critica verso questa
provocazione iraniana senza contraddirmi.
Quanti
però ora si sentiranno di approvare, per coerenza, questo
"concorso"? Quanti si toglieranno il "je suis Charlie"
per sostituirlo con un "אני
שלמה"
(io sono Shlomo)?”
Per essere sicuro di mettermi nei guai,
l'ho postato anche nel sito dell'Huffington post, in calce
all'articolo che tratta la notizia e, come mi aspettavo, sono stato
subito rimbeccato. Un
concitato signore mi scrive:
“spero
che nemmeno uno si tolga il " je suis Charlie," perché
sicuramente non hai ancora capito che, un fatto è la libertà di
satira, ma un altro fatto, ben più grave, è negare l'olocausto, che
siano vignette oppure no. Non è libertà di fare vignette satiriche,
in quel caso avrebbero chiesto un concorso per la presa in giro degli
Ebrei, e motivi ne potevano trovare tanti, ma chiederlo per
l'olocausto è da infami oltre che nazisti, e tu sostenendo quella
tesi mi pare che ti contraddici anche molto !!!!!!”
Sono
ormai un signore d'età e può benissimo essere che io abbia fatto un
pochino di confusione, ma non mi pare proprio di aver stabilito
gerarchie del male, come mi sembra evidente abbia fatto il mio
impaziente critico, casomai il contrario.
Ho replicato cercando di
chiarire meglio e ho avanzato l'ipotesi che il succo del mio discorso
non fosse stato colto.
Il dibattito su cosa sia la satira e sulla
necessità di porvi dei limiti o di non prevederli del tutto è
antica e ben lontana dall'essere conclusa, dato che i livelli
discrezionali sono enormi e che sono coinvolti aspetti etici, morali,
politici e chi più ne ha più ne metta.
Io banalmente parto
dalla vecchia, ma sempre valida massima che dice che i limiti della
mia libertà sono definiti dalla libertà altrui, e dunque, nel caso
specifico, non posso prescindere dalla valutazione comparata dei
valori miei e degli eventuali bersagli della mia ironia e mettere a
fuoco le componenti del sistema di riferimento che desidero colpire.
Ecco
perché sono fermamente convinto che mettere in una vignetta la
Madonna a gambe aperte o definire il Corano una "merda" non
è satira, è provocazione ed esercizio di una superiorità morale
autoattribuita e non dimostrata.
Satira sarebbe, piuttosto,
denunciare le numerose contraddizioni di chi si arroga la capacità
esclusiva dell'interpretazione del sacro, smerdare
il prete e non il simbolo, ma forse non è abbastanza grossolano da
essere compreso al volo.
Anche la sottovalutazione, anzi il
“non pervenuto”, del mio disgusto per le tesi negazioniste mi
risulta incomprensibile se non vedendolo come strumentale alla
manichea confutazione della mia tesi. Ho esternato questa mia
valutazione e, ovviamente, sono stato subito rimbeccato ancora più
assertivamente con questa straordinaria obiezione:
“chi crede
che Charlie, con la sua satira, offende i mussulmani, oppure con
vignette sui cattolici, offende tutti i cattolici, di fatto crede che
i mussulmani , tutti, e che i cattolici, tutti, sono degli stupidi, e
dicendo questo crea un danno culturale immenso... chi vuole capire
capisca, Saluti”. Decisamente non mi sono fatto un amico,
anche se, considerato il disordine delle sue costruzioni mentali, non
posso certo dire di esserne dispiaciuto.
Mi pare del tutto
evidente come non sia necessario offendere tutti i cattolici, i
musulmani o buddisti o animisti, per mancar loro di rispetto, basta
farlo con alcuni di loro, così come per martoriare il popolo ebreo
non è stato necessario trucidarne tutti i rappresentanti, è bastato
farlo con una bella fetta di loro, e sarebbe stato troppo anche farlo
con uno solo. Quello che non mi sembra sia stato capito è che io ne
faccio una questione di principio e non di bersaglio. perché
altrimenti dovrei dire che la stessa azione è giusta o sbagliata a
seconda di chi la piglia in saccoccia.
Io sono
convintamente agnostico, dunque dovrei infischiarmene altamente di
come vengono trattati i simboli sacri di qualsivoglia religione,
invece ogni volta che vedo certi atteggiamenti noncuranti, o
lucidamente offensivi mi arrabbio perché mi metto automaticamente
nei panni di chi li subisce. Se qualcuno facesse vignette
volgari sui partigiani o su qualsiasi altra cosa cui io tengo in maniera particolare mi adirerei moltissimo. Certo se qualcuno piglia d'aceto per la
presa in giro delle sue contraddizioni allora il problema è suo.
Una bella vignetta sui preti pedofili non è colpire un valore, ma
chi quel valore l'ha tradito e calpestato. C'è una bella
differenza.
La presunzione di chi decide unilateralmente cosa
è inviolabile e cosa no è mancanza di rispetto e considerazione, e
anche arbitrio e prevaricazione. Quando la riscontro a me girano
gli zebedei perché è del tutto evidente che chi la opera si rivolge
a chi è devoto, e onesto nella sua devozione, e gli dice: "guarda io
con i tuoi simboli mi ci pulisco il culo e vedi bene di non
replicare, cazzone fondamentalista". Ne più ne meno.
Però se
qualcuno pensa che sminchionare i credenti sia commendevole, dovrebbe
non storcere il naso di fronte alla negazione della shoa. Non ci
sono principi etici e morali ad assetto variabile, e anche la
coerenza è cosa piuttosto esigente sotto il profilo logico. Però
bisogna decidersi.
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