Siamo
60 milioni di persone, santiddio, spalmati su una terra lunga e
stretta diseguale in tutto, nel terreno, nell'economia, nelle
tradizioni, nei bisogni e nelle aspettative. Non esiste uno
"sciroppo miracoloso" in grado di curare tutto, e non si
può pretendere di gestire la cosa pubblica senza tener conto della
complessità che ne deriva. Bisognerebbe piuttosto operare una
sintesi, per quanto caratterizzata dalla propria visione, ma
evidentemente per gli attorucoli che affollano la ribalta politica è
cosa faticosa, che richiede costanza, applicazione, capacità
d'ascolto e grande rispetto, tutte doti che non posseggono.
In questo momento di reiterate "mobilità" parlamentari la tentazione di blindare al meglio il personale politico diviene uno stucchevole leit motiv, che però puzza leggermente di carogna. Pretendere, come fa quell'analfabeta costituzionale di Grillo, di abolire il vincolo di mandato significa, nella migliore delle ipotesi, essere immemore delle "pecurialità" della dittatura fascista, così "coesa" nella sua vestigiale dimensione parlamentare, meramente consultiva, anzi no, ornamentale.
E
non mi si obietti, in presenza degli effetti di una legge elettorale
che ha originato il fenomeno dei “nominati”, che nel nostro caso
si tratta di personale eletto.
Lo è, naturalmente, ma si tratta di un sistema che corre il rischio di avere nel suo patrimonio genetico un precedente come minimo “paternalistico”, a voler essere molto benevoli, adottato per le elezioni politiche del 1934 ove l'elettore era chiamato ad avallare la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio del Fascismo.
Peraltro lo doveva fare, o meno, decidendo quale delle due schede imbucare nell'urna, previo un attento controllo della sua “sigillatura” da parte degli scrutatori: quella recante un enfatico “SI” alla domanda “Approvate voi la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio Nazionale del Fascismo?", lasciando quella non corrispondente alla propria scelta in un'altra urna posta in cabina, oppure il contrario. Grottesco.
Lo è, naturalmente, ma si tratta di un sistema che corre il rischio di avere nel suo patrimonio genetico un precedente come minimo “paternalistico”, a voler essere molto benevoli, adottato per le elezioni politiche del 1934 ove l'elettore era chiamato ad avallare la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio del Fascismo.
Peraltro lo doveva fare, o meno, decidendo quale delle due schede imbucare nell'urna, previo un attento controllo della sua “sigillatura” da parte degli scrutatori: quella recante un enfatico “SI” alla domanda “Approvate voi la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio Nazionale del Fascismo?", lasciando quella non corrispondente alla propria scelta in un'altra urna posta in cabina, oppure il contrario. Grottesco.
E' del tutto evidente che fare
scouting comprandosi, letteralmente, il parlamentare è inaccettabile
sotto ogni punto di vista. Scilipoti, Razzi e quel bel tomo di De
Gregorio, con la sua tonda faccia “facciosa”, che ha pure
dichiarato che Berlusconi gli offerse tre milioni per "transitare" da IDV al PdL, non possono certo deporre a favore della libertà di
mandato.
Però per esempio nel caso della Binetti e di Ichino, assodato che non si fecero pagare, è del tutto evidente che
il PD per loro era il posto sbagliato. Quando fecero il
loro "salto", fecero anche chiarezza e sono sicuro che ne furono contenti sia chi condivideva le le loro convinzioni sia chi, come me, non vedeva l'ora che si
levassero di torno.
Tra l'altro Ichino, tornando in un PD nel
frattempo diventato un partito di centro con forti sbandate a destra,
ha dimostrato un certa perversa forma di coerenza. L'errore fu
della direzione del partito che li candidò e degli elettori i quali,
desiderosi di votare per quel partito, in regime di "nominati"
si trovò a votarli di conseguenza, volendo in realtà votare per la
formazione politica.
Poi c'è la questione della rilevanza del fenomeno. Io non credo che la fuoriuscita di "cittadini parlamentari" da M5S, con la sua significativa consistenza, si possa ascrivere sempre e comunque a malafede, e se è così allora è il sistema di selezione dei candidati che è stato carente. Varrebbe la pena di chiedersi se così tante defezioni si debbano imputare alle scarse qualità morali del dissenziente piuttosto che alla evoluzione della linea politica rispetto al contingente. Domandarsi se attribuirle agli innominabili appetiti dei “traditori” o a una pessima gestione del dissenso e della dialettica politica interni. Piuttosto che stigmatizzare i transfughi forse bisognerebbe porsi qualche domanda, e magari fare anche un po' di autocritica.
D'altra parte abbiamo anche il problema contrario. Il PD, in ogni evidenza, non è più quello che pretende di essere. Dunque mi chiedo: i vari Civati, Cuperlo, Fassina e compagnia cantante, che ci fanno ancora lì?
Rimanendo nel partito, pur criticamente, ma con inesistenti probabilità di incidere sulle scelte politiche, non finiscono forse con l'avallare un percorso che non condividono e che, per di più, è incompatibile con le ragioni e gli intenti di chi a suo tempo li votò?
Il vincolo di mandato, in definitiva, rischia di essere la classica toppa peggiore del buco. E quando hai riempito le camere di obbedienti pigiatori di bottoni, che non si discostano di un millimetro da quello che dice il capo, o dalle indicazioni di una base elettorale costantemente in ritardo rispetto alla dinamica parlamentare, e comunque consultata nella misura del 2,2% del totale, che hai ottenuto? Tanto varrebbe allora mandare tutti a casa e costituire una sorta di direttorio (ancora 'sta parola) costituito dai segretari di partito.
Mettere
su un sistema dove su 100 voti il Segretario "A" ne avrebbe
25, perché il suo partito ha preso un quarto dei voti, il segretario
"B" ne avrebbe 12, pari alla sua percentuale di voti, e via
di seguito, fino ad attribuirli tutti.
Risparmieremmo
certamente un sacco di soldi, ma non sarebbe più democrazia. La
ricchezza di valutazioni nei riguardi di un determinato problema e la
rappresentanza delle istanze dei vari territori verrebbero a mancare
completamente.
Non è certo facile fare la cosa giusta, e lo è ancor meno in presenza di corruzione morale e mancanza di valori. E' quello il nostro più grande problema e, per come la vedo io, solo se ogni cittadino si mobilitasse prendendosi la responsabilità e il disturbo di non delegare più allora potremmo sperare in una rinascita.
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