Ho
recentemente dato spazio sulla mia pagina Facebook al giudizio che,
della recente trattazione dei dieci comandamenti da parte di Benigni,
hanno dato coloro, io non sono tra quelli, che hanno visto le due
puntate sulla RAI.
Mi si dirà: ma se non le hai viste, che ne
parli a fare? Ed infatti a me interessa vedere le reazioni del
pubblico che, stavolta, è stato meno unanime del solito nel
tributare lodi al comico (ma è solo questo?) toscano.
La prima cosa
che ho notato, frequentando i social, sono stati l'endorsement
dell'Avvenire e il plauso molto diffuso tra i credenti, contrapposti
al fastidio e alla critica di agnostici e atei, questi ultimi in modo
particolare.
Ho condiviso un post, quello di Dario Liotta, il
quale così argomenta:
“Ieri
ho visto Benigni in TV, non tutto, non ce l'ho fatta... Ho l'allergia
per i predicatori, soprattutto quando cercano di spiegarmi che cos'è
l'amore o la vita... Io ne ho una di vita, e l'amore è complesso
quanto difficile...
Quindi sono cazzi miei e non capisco perché
un tizio debba volermi spiegare il senso "vero" delle
due.
Non che Benigni non abbia detto cose che condivido, ma
quando, in più passaggi ha cercato di giustificare quanto diceva in
base "all'essenza vera del dettato di Dio con quei dieci
comandamenti" mi sono girate le palle... anche perché penso non
ci sia stato nessun dio a dettarle.
Ecco un altro che parla in
nome del Creatore pensando di esserne l'interprete più sincero!
Come se altri prima di lui non avessero già fatto abbastanza danni
partendo da questo presupposto...
E poi, permettetemi, perché
mai si sente autorizzato prima a spiegarmi Dante, a partire dalla sua
"universalità", e adesso a fare l'esegesi dei 10
comandamenti, a partire dalla loro "verità rivelata"
?
Piuttosto
netto vero? Ne ho concluso che questa volta Benigni è stato
digerito molto malamente da chi ha reazioni di rigetto quando si
sente proporre “l'ipotesi Dio” come dato assoluto, scontato ed
autoevidente una reazione che mi sento di sottoscrivere, ecco il
perché della mia condivisione. Tra l'altro questa conclusione si
"incastra" molto bene con le ragioni per le quali il “quotidiano dei
vescovi” si è espresso così favorevolmente. Stessa impressione,
ma diametralmente opposte conclusioni, e mi sono sentito, diciamo,
confortato dalla congruità delle due opposte reazioni nella mia
valutazione.
Una
mia amica, Maresa di Tanna, che come me non ha seguito l'evento mi ha
proposto una considerazione marcatamente più laica della mia e di
quella di Dario e ritiene che: “Benigni faccia un' operazione di
avvicinamento di una certa platea televisiva a qualcosa di [diverso]
dai reality e in questo senso l'operazione è stupenda...parlare di
filologia esegesi ecc. significa non aver capito, questo è il mio
pensiero”.
Capisco
l'argomentazione
e
pure io sono propenso a pensare che il tentativo di Benigni, e della
RAI, che gliene ha data l'occasione, sia stato quello di offrire
un'alternativa "alta" alla banalità e alla volgarità
della comune programmazione, ma il buon Roberto stavolta è andato a
toccare un tema sensibile e che riguarda tutti: il comportamento
morale, così ben definito, dalla cristianità e dall'ebraismo coi
dieci comandamenti, ma anche da ogni altra religione e, data la
natura fondamentale dell'argomento connesso con il tipo di convivenza
e di rapporto con gli altri, anche da chi non si rapporta con alcuna
religione. Presumo che nel corso dell'evento abbia dato rilievo ad
un'interpretazione marcatamente cattolica. Da qui il plauso di
Avvenire e, credo fatalmente, il fastidio degli atei.
Posso
dire che, in quanto agnostico e non potendo comunque prescindere da
un corpus di precetti morali ed etici per condurmi nella vita, la sostanza della morale
cristiana mi sta benissimo e che di conseguenza mi ci attengo al meglio delle mie, non
cospicue, capacità.
La Chiesa però non è solo autorità
spirituale, ma anche e fin troppo temporale e, in questa sua seconda veste, è
cinica e pragmatica quanto qualsiasi altro costrutto politico. Chi la
avversa non le fa sconti.
Ecco credo che Benigni sia rimasto
preso in mezzo a questo meccanismo e tutti l'hanno arruolato in una
schiera precisa, i vescovi compiacendosene e gli atei
stigmatizzandolo.
Alla
fine di tutto però ritengo che se vi è stato l'intento di suscitare
un dibattito o indurre qualche riflessione sui precetti morali,
ebbene lo scopo è stato brillantemente raggiunto visto che
dell'iniziativa se ne parla diffusamente, anche se – come me –
non se ne è stati fruitori.
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