Non
vorrei unirmi al coro di risentite critiche verso i nostri cugini
d'oltralpe, perlomeno non nei termini che emergono dalla cronaca
e dai commenti dei vari opinionisti da tiggì serale,
perché facendolo aderirei ad una forma di nazionalismo competitivo
interno ad una logica, quella liberista, che mi è estranea, ma non
posso certo astenermi da qualche valutazione critica nei confronti di
un comportamento che fa dello sciovinismo la propria cifra
distintiva.
La
Francia è una grande nazione dal grande passato che non ha mai
smesso di pensarsi più uguale degli altri, nei suoi
momenti migliori, e di nutrire presunzione di supremazia morale nei
peggiori.
Quella
nazione vanta il primato di essere la più antica entità statuale
europea tuttora vitale, formatasi nell'alto medioevo e giunta fino a
noi pressoché immutata, nelle dimensioni se non nella forma di
governo, e costantemente al centro dei processi storici, politici e
culturali che hanno contribuito a formare non solo l'Europa, ma anche
l'essenza di ciò che definiamo civiltà
occidentale.
Nel
corso della sua più che millenaria storia la Francia è stata un
riferimento costante, in positivo quanto in negativo, e non possiamo
certo stupirci se, a dispetto della presunta e ampiamente teorica
coscienza europea, l'inquilino di turno dell'Eliseo, al pari di un
novello Borbone, trami con arroganza, e con assoluto disprezzo delle
regole, relativizzate a seconda del proprio interesse, per perseguire
una politica da grande potenza a spese di chiunque abbia la sventura
di porsi sul suo cammino.
Non
possiamo stupirci, ma questo non significa che non dobbiamo
condannare, solo che sarebbe più credibile farlo da una logica che
non sia omologa a quella che si intende stigmatizzare.
Benjamin
Disraeli fu un politico inglese che rivestì la carica di
Primo Ministro in due occasioni nel corso del XIX secolo, e come tale
conosceva molto bene le pratiche di conduzione di una grande potenza
le cui fortune poggiavano prioritariamente sulle ragioni di un
liberismo eletto a forma di governo.
Fu
anche un facondo produttore di aforismi e, tra i tanti, quello che
meglio definisce la logica che muove una nazione con interessi
globali di natura mercantile è quello che recita:
Le nazioni non hanno mai amici stabili e nemmeno nemici stabili. Solo interessi permanenti.
Una
dichiarazione estremamente chiara, che elegge a valore
imprescindibile un atteggiamento tipico dei banditi da strada,
nobilitandolo in nome del sacro egoismo di salandriana
memoria.
Dunque
la Francia si compra a prezzi di saldo la nostra grande distribuzione
e mette ben più di un piedino nella nostra telefonia, ma esercita
diritti, veri o presunti, di prelazione quando cerchiamo di acquisire
quote importanti nel loro comparto industriale.
Considera
l'intera sponda africana che affaccia sul Mediterraneo come roba
sua, fin dai tempi dell'acquisizione italiana della Libia,
strappata ad un impero ottomano agonizzante, segnata ai tempi con
dispetto come faccenda da sistemare, e in effetti in corso di
sistemazione, a poco più di un secolo di distanza, prima
destabilizzando il regime di Gheddafi, e poi inserendosi nelle
dinamiche del conseguente disastro quale potenza conciliatrice.
Non
è estranea alle ragioni che generano le masse di profughi che
arrivano sulle nostre spiagge, grazie al bieco sfruttamento delle
risorse naturali del suo ex impero, tuttora sotto il suo controllo,
mantenuto in permanente stato di sudditanza economica e gestito da
protogoverni embrionali, ma chiude le proprie frontiere, con grande
disprezzo delle normative europee, e accusa l'Italia di insipienza
gestionale.
Tutte
le manifestazioni di politica estera dell'entità statuale francese
sono un distillato di arroganza e relativismo valoriale, ammantato
per di più della presunzione di un primato etico, non disgiunto da
implicazioni razziali, perfino ridicolo, date le condizioni.
Il
fatto è però che quasi tutti i patrioti italici che fumano
di rabbia per l'indecoroso atteggiamento gallico, approverebbero
quegli atteggiamenti se provenissero dal nostro governo, dato che il
discrimine non risiede nella sostanza dell'azione, ma nella propria
condizione di beneficiari o vittime di quegli atteggiamenti.
Sentire
Brunetta che si scaglia contro l'imbelle compagine governativa
di Gentiloni può anche risultare gradito, ma poi ci si rende conto
che il battagliero soldo di cacio - immagine riferita alla
caratura politica del soggetto, e non alla sua non cospicua altezza -
esprime il dispetto per il prevalere del concorrente
transalpino e l'incapacità italiana a competere sul piano della
ragion di stato, insomma per un nanismo politico che ci vede
subalterni.
Le
ragioni del malumore brunettiano, ma anche di molti sedicenti
patrioti, non risiedono nella valutazione della qualità dell'operato
francese, ma nell'incapacità italiana di battere i propri vicini sul
piano del cinismo geostrategico, ed è una cosa che a me non
interessa, perché sono convinto che i problemi che ci affliggono si
possono risolvere veramente solo comprendendo che viviamo in un
contesto strettamente interconnesso e altamente complesso, nel quale
qualsiasi fregatura che rifiliamo ad altri ci ritorna
indietro, amplificata e ingestibile, in una specie di effetto
Larsen sociale.
Il
fatto è che il modello relazionale tra nazioni in generale, e
l'impianto funzionale liberista in particolare, non contemplano
amicizie o fratellanza, ma solo clienti e concorrenti. La Francia è
una vecchia signora, scaltra ed esperta, dotata di una classe
dirigente capace e priva di scrupoli, che si muove in un club
esclusivo di vecchie megere ancora più spudoratamente ciniche e
spietate. Per neutralizzarne l'azione bisognerebbe essere molto più
vitali e determinati di quanto la nostra deludente classe dirigente
saprà mai essere, perché i nostri governanti non solo non sono in
grado di fornire un'alternativa etica alla concupiscenza bottegaia
dei nostri cugini, ma neanche di batterla al suo stesso gioco.
Il
nostro potrebbe essere un grande paese, con una grande tradizione cui
attingere, e doti nazionali di grande valore e versatilità, con una
vocazione potenziale a porsi quale guida di un contesto mediterraneo
alternativo all'Europa rapace a trazione franco-tedesca, se solo
avesse nelle posizioni apicali persone dotate di visione e capacità
strategica. Ma abbiamo solo mezze calzette che camminano con l'occhio
fisso alla punta delle proprie scarpe. Grandi arraffatori di uova,
totalmente noncuranti delle galline che razzolano nell'aia.
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