Contemplo
con invincibile disincanto le prodezze della nostra classe dirigente,
in particolare quella politica, e mi dico che è inadatta alla
bisogna e irrecuperabile.
Ascolto
i discorsi a braccio del guappo di Rignano, subisco i balletti delle
cifre sull'occupazione e la fiducia dei consumatori, assisto alle
contorsioni di chi è contro la riforma costituzionale - ma fino a un
certo punto - ed è alla ricerca del dito dietro cui nascondersi
(rettifica dell'Italicum per esempio), esamino la guardinga
trattazione del dopo terremoto, e mi chiedo quanto potrà essere
differente dalla gelida indifferenza istituzionale sperimentata in
occasione di quello dell'Emilia, e ascolto orripilato le corbellerie
simil-fasciste della titolare della Sanità sul fertility
day.
Questa
ultima prodezza dell'ineffabile Lorenzin, in particolare, mi richiama
alla mente la peggiore e più inossidabile abitudine dei timonieri
italici,
e della loro corte di miracolati, ovvero il vezzo insopprimibile che
porta questi amministratori in sedicesimo a predisporre
immancabilmente i peggiori ostacoli possibili al conseguimento di
qualsiasi obiettivo, salvo poi addossarne la responsabilità non alla
loro incompetenza o a inconfessabili maneggi e narrazioni ideologiche
al servizio di precisi interessi, bensì alle vittime della loro
protervia: i semplici cittadini.
Sarebbe
pleonastico ricordare alla ministra che più delle considerazioni sul
tempo che fugge, con depauperamento inesorabile degli ovociti, e
richiami ad antiche, squalificate e fascistoidi suggestioni sulla
donna fattrice e relativa ragion d'essere esistenziale,
sarebbero enormemente più efficaci retribuzioni adeguate, rapporti
di lavoro stabili e persistenti, ma soprattutto servizi adeguati,
capillari e accessibili, sul tipo degli asili e nidi d'infanzia
sventolati dal suo, e nostro ahimè, primo ministro quando doveva
sbaragliare la concorrenza alle primarie, sventolati e poi
prontamente dimenticati, una volta agguantata la segreteria del
partito.
Sarebbe
pleonastico, e anche inutile, perché a questa gente non importa
nulla, dato che non possono ignorare che chi mette al mondo figli lo
fa solo se è in grado di esprimere un progetto di vita, mentre la
gran parte della gente è ridotta a vivere alla giornata ed aspettare
un'improbabile alba che metta fine a questa notte tormentosa e buia.
E
infatti non lo ignorano, ma la pratica del cornuto e mazziato,
del rimbalzare su altri le proprie responsabilità è sempre
gettonatissima e funziona, fino a quando la gente non capisce che il
proprio deretano ha oramai toccato il fondo, e più in basso di così
non può più andare.
Nell'imminenza
del ferale anniversario dell'8 settembre, mi torna alla mente la
biografia, redatta da Silvio Bertoldi, di uno dei peggiori di questi
grandi
uomini
all'italiana, quel Badoglio che assieme al re fellone Vittorio
Emanuele III, consentì a Mussolini di gettarci nel più profondo
baratro della nostra storia, e che al momento giusto seppe sbagliare
tutto, principalmente per ignavia, portandoci a un passo dalla
dissoluzione, mentre la nostra nazione era ancora meno che
centenaria.
..
.
In
particolare mi torna in mente questo passo, riferito al Maresciallo
d'Italia, ma applicabile alla gran parte dei nostri statisti e
ai loro comprimari:
.
«Ma
non proprio questa ambiguità
[la
mancata denuncia dello stato di impreparazione delle Forze Armate
nell'imminenza della guerra NdR] gli
rimproverarono in tanti, la faciloneria nell'assumere incarichi e la
precipitazione nello sconfessarli, vedendoli fallire? Non sarà la
riprova della misura in cui quest'uomo riuniva talvolta in sé certi
gravi difetti dell'italiano: la supponenza, il gerarchismo,
l'adulazione, il carrierismo, la mancanza di disciplina interiore. di
cultura, di senso dei propri limiti, di rispetto dei valori ideali,
perfino di immaginazione?»
Nessun commento:
Posta un commento
Ti ringrazio per aver voluto esprimere un commento.