Le
potenze vincitrici della Grande Guerra, la Francia in particolare, dopo l'armistizio protrassero criminalmente il blocco delle derrate
alimentari ad una Germania già sconfitta, affamata ed inerme, con
ciò causando inutili morti tra i civili e moltiplicando gli effetti
della concomitante e letale epidemia di spagnola. Imposero anche
riparazioni economiche così ingenti da stroncare preventivamente e
programmaticamente, nel breve e medio termine, qualsiasi ipotesi di
ripresa di una nazione che solo cinque anni prima era all'avanguardia
tecnologica ed industriale mondiale.
Le
potenze dell'Intesa perseguirono l'obiettivo strategico di
rimuovere dalla scena un ingombrante competitore. Agirono
con protervia e in preda ad un fatale desiderio di rivalsa che, ancora
oggi produce effetti.
L'atteggiamento così meschino e miope dei vincitori rese precario e alla fine
perdente l'esperimento di una democrazia, quella di Weimar, già
costitutivamente gracile, innestata com'era su di un terreno fino
a poco prima monarchico e semi assolutistico.
La democrazia,
vissuta senza alcuna padronanza di strumenti adeguati, circondata da
suggestioni autoritarie e impazienti sentimenti revanscistici, finì
ben presto schiacciata dal confronto tra il miraggio bolscevico e la
risposta populista e reazionaria nazista. Sappiamo chi ebbe la meglio
e, retrospettivamente, possiamo dire che si trattava della classica
“alternativa del diavolo”.
Chi
se la sente di rimproverare ai tedeschi reazioni pressoché
pavloviane di fronte a scenari economici recessivi?
Immaginatevi
di aver avuto un nonno che vi raccontava di prezzi decuplicati
nell'arco di una giornata lavorativa e borsellini grandi come zaini
alpini per riuscire a contenere le banconote necessarie all'acquisto
di un filone di pane e un po' di cipolle. Figuratevi di essere
cresciuti con un padre reduce da un conflitto che ha
guadagnato alla vostra patria una inossidabile diffidenza mondiale.
Pensate a voi stessi come ad un soggetto che, comunque, deve
aprioristicamente chiarire di non avere suggestioni antisemite,
autoritarie ed egemoniche prima di intraprendere qualsiasi confronto.
Piazzate tutto questo nel quadro di un paese condannato ad
essere, per virtù propria, forte e leader e vedrete come sia
fatalmente facile produrre comportamenti sbagliati se non si
esprimono, nel contempo, leaders politici veramente cospicui.
La
signora Merkel è persona seria ed onesta, ma non è un gigante
politico. Anzi, l'intero personale politico tedesco (e non solo) è
inadeguato alla bisogna. Pur per ragioni distanti anni luce
da quelle delle potenze dell'Intesa, l'atteggiamento tedesco nei
confronti della crisi in generale e della Grecia in particolare è
strategicamente e rovinosamente errato. E' paradossale come proprio
i tedeschi non comprendano quanto è storicamente pericoloso ridurre
una nazione ed un popolo all'angolo, senza prospettive e con certezza
di un futuro di fame e sofferenze e, d'altra parte e ancor più
paradossalmente, è proprio il loro vissuto che li condiziona a
farlo.
I
processi storici non sono lineari e pretendere di affrontarli e
risolverli come se si trattasse del montaggio di uno scaffale è
velleitario e rovinoso.
I
greci sono stati cicale? Pare di si. Hanno fatto tutto da soli?
Pare proprio di no. I due maggiori fustigatori, Francia e
Germania, hanno le loro responsabilità tanto nell'insorgenza quanto
nell'incancrenirsi del problema e ora appaiono come quegli animali
selvatici che, sorpresi nella notte su di una strada di campagna,
fissano immobili i fari dell'auto che li travolgerà o, peggio
ancora, vi corrono incontro spaventati e palpitanti.
Adenauer,
De Gasperi e Schumann, contemplando le macerie materiali e morali di
un'Europa distrutta e sofferente per numerose piaghe ancora aperte,
consapevoli che gli odi, i tornaconti nazionali e nazionalistici
erano ancora lì a covare sotto la cenere, si sono detti che l'unica
strategia risolutiva doveva essere il superamento dei particolarismi
e la fusione delle varie identità in un tutto coerente e vitale. Un
compito immane e di lungo corso che avrebbe meritato costante
applicazione e grande concentrazione. Non è stato così. Man
mano che le generazioni di politici si succedevano le une alle altre,
e sulla ribalta si affacciavano persone sempre più appagate per una
sicurezza ereditata e non costruita, il processo di costruzione
dell'Europa unita perdeva di chiarezza e focalizzazione. Ora
l'Europa è qualcosa di incompiuto e contraddittorio, con componenti
di serie A e di serie B e con tutte le tipiche compartimentazioni
che la visione frammentata ed egoisticamente localistica di
governanti piccoli e di corto respiro, fatalmente, comporta.
Noi
dobbiamo trovare il coraggio e la forza di riprendere a costruire il
sogno dei nostri padri. Dobbiamo sforzarci di assumere, ciascuno
per la propria parte, assetti adeguati per poi fonderci gli uni con
gli altri. Dobbiamo fare ciò per riuscire a competere sullo stesso
piano dei giganti mondiali che ci circondano. Dobbiamo fare in
modo di essere loro partner, diversamente diventeremo loro satelliti
e noi sappiamo cosa accade, di norma, ai satelliti, vero?
Veramente ispirato e profondo. Bravo Roberto!
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