lunedì 22 marzo 2021

Colpire il giusto bersaglio

Ho aderito all'iniziativa in supporto ai lavoratori di Amazon e mi sono astenuto dall'effettuare acquisti dal suo sito per durata dello sciopero.
L'ho fatto perché quei lavoratori sono sottoposti ad un regime indegno, reso possibile a livello globale dalle logiche ultraliberiste che regnano ovunque senza più alcun contrasto, e in particolare facilitate nel nostro paese dall'opera renziana di smantellamento dello Statuto dei Lavoratori, con relativa corsia preferenziale polettiana per il lavoro precario.

La crisi pandemica ha enormemente allargato il giro d'affari dell'e-commerce, gonfiando utili già corposi in partenza, e non vi sono ragioni, che non siano la massimizzazione cinicamente perseguita dei margini a spese delle maestranze, che giustifichino i ritmi imposti e i salari inadeguati erogati.

Vorrei però chiarire che non sono uno "schifatore di Amazon" militante; non mi rifiuto a prescindere di comprare prodotti da quel sito e ciò per diverse ragioni.

In primo luogo non mi basta "schifare" Amazon perché Bezos è l'uomo più ricco del mondo. Cercando infatti di essere realmente coerenti con questa chiusura primariamente ideologica, espressa in una forma quasi "confessionale", dovrei astenermi dall'acquistare quasi qualsiasi cosa di cui necessito, dato che beni e servizi ci vengono resi disponibili per la grande maggioranza dei casi da società, il più delle volte multinazionali, ai cui vertici siedono riccastri altrettanto indecenti.

Vi è poi da dire che astenersi dal fare acquisti presso Amazon significa il più delle volte rivolgersi alla GDO che di Bezos e della sua Amazon è stata l'antesignana quando, prendendo piede, ha imposto compensi asfittici ai fornitori, condizioni di lavoro difficili ai dipendenti ed ha praticamente desertificato la rete di piccoli e medi esercizi commerciali che nelle nostre città hanno chiuso per essere sostituiti, nei locali lasciati sfitti, da una pletora di agenzie bancarie e immobiliari. Concettualmente non cambia poi molto, mi pare.

Quanto è coerente con la virtuosa battaglia di minimizzazione dei guadagni di Bezos un acquisto di frutta sudafricana in un supermarket di proprietà di una multinazionale francese? O di un capo di vestiario cucito da minorenni marocchini o pachistani venduto a soli € 9,99 in qualche punto vendita di una catena presente in ogni centro commerciale della penisola? 

E' questo un aspetto che dovremmo analizzare un po' meno sbrigativamente di quanto normalmente avviene.     L'ostracismo che ci viene istintivo promuovere è produttivo?  Fa realmente qualcosa?  Incide sulla realtà e sui processi che hanno portato quei colossi ed i loro ricchi proprietari a sistemarsi in cima alla piramide, o sono destinati solo a darci la spuria serenità di un principio ossequiato nella forma, ma senza in realtà nemmeno scalfire il privilegio e lo sfruttamento che vorremmo colpire?
Cosa vogliamo fare in definitiva: punire primariamente l'oligarca o promuovere gli interessi dei peones che lo rendono ricco?

Gli acquisti sui canali e-commerce, come la spesa nei supermercati e la frequentazione dei centri commerciali sono il segno di un cambio di costumi e abitudini che è in funzione di un processo molto complesso che difficilmente potrà essere combattuto con iniziative che non siano altrettanto complesse.

Non sono un "schifatore di Amazon", come dicevo, ma per quanto possibile mi rivolgo a quel canale solo per l'acquisto di prodotti che, in realtà, è diventato difficile reperire agevolmente in altro modo, ed il numero e la tipologia di questi prodotti è in costante aumento, un aspetto da tenere nel debito conto e che dovrebbe farci capire che la strategia di "colpire Bezos" è inefficace e di retroguardia.

Ciò che dovremmo colpire è il quadro normativo che rende possibile al grande capitale di prosperare a spese dei lavoratori, contando su una politica che privilegia precarietà e disoccupazione funzionale per tenere le maestranze sotto ricatto ed i livelli salariali al livello più basso possibile.

Quello per cui dovremmo lottare è la rinascita di una forma organizzata della sinistra, ora del tutto latitante, che ripristini la tutela dei diritti dei lavoratori, a cominciare proprio dal "diritto al lavoro" costituzionalmente previsto ed oggi totalmente disatteso.
Un assetto che difenda realmente salari, diritti ed occupazione sarebbe, per Bezos, un impiccio assai più consistente delle lievi increspature nel flusso dei ricavi generate da una renitenza all'acquisto quasi impraticabile nella pratica, soprattutto in prospettiva.

Non comprare Amazon è come tagliare una delle teste dell'Idra capitalista, non fa nulla alle altre, ma in compenso ne genera di nuove.     Pensare che punire Bezos basti sottolinea solo l'impotenza di un movimento, peraltro sostanzialmente esistente solo a livello ideale, che non ha la possibilità e la capacità di intervenire nel cuore del problema.

Dunque sì, ho aderito allo sciopero degli acquisti, ma la mia è stata più che altro una manifestazione di impotente identità.  So che nella migliore delle ipotesi per qualche tempo, forse, ai dipendenti di Amazon verrà riconosciuto qualcosa, il meno possibile, ma che il processo retrostante che li marginalizza non conoscerà altro che una breve sosta, quasi impercettibile.

Altrove dovremmo rivolgerci, altro dovremmo fare.

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